“Avremo sempre Parigi”, dice Rick Blaine (Humphrey Bogart) nel celebre epilogo di Casablanca. Woody Allen, tra i nomi più attesi di questa edizione, presenta fuori concorso Coup de chance, il suo cinquantesimo film. C’è chi giura sia l’ultimo, altri vociferano che il regista sia già al lavoro sul prossimo titolo: per ora siamo a Parigi con Coup de chance, interamente girato in Francia (e in francese!). Gli applausi, in sala, sono d’obbligo. È il Woody Allen di Match Point (2005) e Irrational Man (2015) che torna sul tema del caso e della fortuna, e per farlo sceglie la satira come strumento di analisi dell’élite con una strizzatina d’occhio al suo Scoop (2006).
Distribuito da Lucky Red, Coup de chance arriva nelle sale italiane il 6 dicembre.
Tipicamente ricchi: con Lou de Laâge e Melvil Poupaud, Allen prende in giro l’élite
Jean (Lou de Laâge) e Fanny (Melvil Poupaud) sembrano una perfetta coppia di sposi: lui, affascinante uomo d’affari, “rende i ricchi più ricchi”, lei è una gallerista appassionata del proprio lavoro. L’incompatibilità tra i due, però, si fa chiara fin da subito: Jean è un esibizionista, ostenta la propria ricchezza senza il minimo scrupolo e il suo unico obiettivo è quello di conservare ciò che ha conquistato, Fanny non appartiene a quel mondo di ricchi da ventiquattro carati sull’anulare. È una donna annoiata, una moglie trofeo in una vita ben distante dalle sue origini.
Quando Fanny, per caso, incontra dopo tanti anni Alain (Niels Schneider), un ex compagno di scuola, i suoi sentimenti vacillano e i due iniziano una relazione extraconiugale. Improvvisamente, però, Alain svanisce nel nulla. Tutto lascia pensare che l’uomo, spaventato dalla piega che ha preso il rapporto con Fanny, se la sia data a gambe. Non è come sembra.
Coup de chance, quanto conta la fortuna nella vita?
Coup de chance non incanta, diverte. E diverte perché è vero, autentico, ordinario anche se tutto è deciso dal caso. La sceneggiatura, contrariamente alla tradizione di genere, non è sulla coppia di adulteri, ma tutta sul comprimario, Lou de Laâge, un business man sfuggente, inaridito dall’élite, che è disposto a tutto pur di non perdere la sua bellissima moglie. In Coup de chance, Allen ride sul cadavere della borghesia, sui loro discorsi spiccioli sempre uguali: le battute di caccia, le aste, il trekking, l’incompetenza del personale, e usa Alain come antidoto all’ipocrisia e alla superficialità di quel mondo.
Alain è uno scrittore, vive in un appartamento modesto dallo spirito bohémien con una finestrella verticale con vista sui tetti di Parigi e il suo è un romanzo sulle coincidenze. Il tema del film è tutto qui: cosa sarebbe accaduto se invece di svoltare a destra avessimo deciso di girare a sinistra? Jean, di contro, incarna la visione super eroistica tramandata dagli uomini ricchi: la fortuna si crea, non è una questione di opportunità volute dal caso. “Le persone amano credere che lavorando sodo saranno in grado di tenere sotto controllo la propria vita. La mia sensazione è che caso e fortuna giochino un ruolo più importante di quanto la gente sia disposta a credere”, dice Allen.
La fotografia, anche questa volta, porta il nome di Vittorio Storaro, sodale artistico del regista per la quinta volta. Per sottolineare i diversi stadi emotivi dei protagonisti, Storaro passa dai colori caldi e pastosi a glaciali toni freddi con l’obiettivo di enfatizzare visivamente il contrasto tra Jean e Fanny. Sembra però che Coup de chance, almeno in questi termini, manchi di anima. Siamo lontani dai chiaroscuri suggestivi di La ruota delle meraviglie e dall’atmosfera onirica di Cafè Society, più concreti forse nell’assecondare, anche nell’estetica, il tono schietto e lineare della commedia.
Seguici su Instagram, Facebook, Telegram e Twitter per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!