Il debutto alla regia di Anna Kendrick, Woman of the Hour, si configura come un thriller psicologico che intreccia il racconto di un episodio storico con una riflessione sociale densa di implicazioni contemporanee. Il film si concentra sulla partecipazione del serial killer Rodney Alcala (interpretato da un inquietante Daniel Zovatto) al popolare programma televisivo The Dating Game negli anni ’70. Questo spunto è utilizzato per costruire una riflessione che guarda al passato attraverso la lente del presente, esplorando temi di violenza di genere, problemi sistemici e altre narrazioni del contemporaneo.
Woman of the Hour, la minaccia nascosta nelle piccole cose
Anna Kendrick, in Woman of the Hour, dimostra di avere una notevole capacità di sfruttare il mezzo cinematografico per evocare tensione e disagio. La regia impiega primi piani claustrofobici e inquadrature che simulano uno sguardo predatorio (o male gaze), creando un effetto di intrusione che vorrebbe suggerire e riflettere sullo status di oggettificazione delle donne. Un altro elemento di rilievo del film è la scelta di evitare la rappresentazione esplicita della violenza, preferendo invece un approccio più allusivo.
Il caso del serial killer Rodney Alcala avrebbe potuto imboccare la via di una più facile spettacolarizzazione della violenza, nel segno della matrice true crime cui il caso si presterebbe. Invece, lo sguardo di Kendrick lascia quasi da parte l’efferatezza, al fine di costruire un mondo sotterraneo intorno ai singoli, fulminei omicidi, che sono manifestati attraverso i piccoli dettagli, gli sguardi, i gesti. Si va a creare così un minaccioso microcosmo di segnali, che fa da controcampo alla violenza omicida, di fatto costruendo un sostrato culturale colpevole: è senz’altro questo l’aspetto meglio sviluppato di Woman of the Hour.
Le problematicità di Woman of the Hour: didascalismo e rappresentazioni ridondanti
Il rischio di un film come Woman of the Hour, arroccato nel suo intento specifico di promuovere un certo messaggio, è evidentemente quello di cadere nella ridondanza e nel didascalismo, azzerando le sfumature in virtù di un’intenzionalità precisa, che finisce così per divorare ogni complessità.
Per esempio, le interazioni di Sheryl Bradshaw con altri personaggi, in particolare all’interno dello studio di The Dating Game, spesso si risolvono in momenti esplicativi, piuttosto che in esplorazioni più sottili del personaggio, così come la rappresentazione degli uomini nel film appare eccessivamente mono-dimensionale.
Tutti i personaggi maschili della pellicola – eccezion fatta per Alcala, il cui ritratto complesso è giustificato dalla sua centralità narrativa – sono raffigurati come complici della cultura sessista, spesso in modo semplicistico. Pur rispondendo a una narrazione contemporanea che evidenzia l’omertà e la complicità maschile, questa scelta risulta riduttiva, privando il racconto di possibili contrasti che avrebbero arricchito la riflessione riportandone la complessità.
La costruzione spezzettata di Woman of the Hour
La sceneggiatura di Woman of the Hour adotta una struttura non lineare, alternando la narrazione principale di Sheryl Bradshaw e le storie delle vittime di Rodney Alcala. La scelta dell’intreccio permette a Kendrick di suggerire le implicazioni sistemiche della violenza di genere, spezzando la narrazione tra la descrizione di un universo disfunzionale e corrotto, che mostra come le vittime vengano ignorate o ridicolizzate dalle istituzioni, e gli omicidi che scaturiscono quasi come conseguenza discorsiva.
La problematicità che presenta quest’intreccio con evidenti intenzioni morali è un montaggio che risente di alcune ridondanze narrative, con sequenze che risultano superflue, spezzando il ritmo del film e riducendo l’impatto di momenti chiave. La decisione di concentrarsi su troppe sottotrame, inoltre, ha l’effetto di frammentare la tensione, rendendo meno efficace l’ossatura principale del racconto, il quale sembra ben presto esaurire la propria vitalità.
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