Finalmente è terminata la prima parte di Alchemy of Souls, uno dei K-drama più amati della stagione televisiva, anche in madrepatria. Ancora Netflix e ancora Studio Dragon, che dopo il bellissimo Our Blues, ritratto di vita vera, dimostra di poter sostenere voli pindarici di genere senza perdere punti in termini di qualità.
Di cosa parla Alchemy of Souls
In un regno fittizio chiamato Daeho, i giovani maghi vengono addestrati a gestire l’energia da cui deriva il loro potere in modo da riuscire, col tempo, a padroneggiare incantesimi di difficoltà crescente. Solo a Jang Uk (Lee Jae-wook), erede di un’importante casata, non è permesso addestrarsi a causa di una promessa fatta al padre scomparso, cosicché ogni tentativo di trovare un maestro finisce sempre per rivelarsi fallimentare.
Nel frattempo l’assassina nonché maga Naksu (interpretata dalle attrici Go Yoon-jun e Jung So-min) si trova costretta a fare ricorso ad una pratica proibita chiamata hwanhonsool per trasferire il suo spirito in un altro corpo e sfuggire alla morte, ma così facendo finisce per perdere i suoi poteri.
Un K-drama magico, con qualche pecca qua e là
La magia, si sa, al pubblico piace da matti, soprattutto se trasposta su schermo con tanta grazia. E proprio forte di questa consapevolezza Hong Jung-eun scrive il suo Alchemy of Souls, una serie appetibile a primo sguardo, ma anche capace di far rimanere il pubblico con gli occhi ben incollati allo schermo.
Assumendosi il rischio di sembrare ripetitiva, Alchemy of Souls presenta per l’ennesima volta la figura del mago in piena formazione e armato di spada, le cui doti sono il risultato di studio e talento insieme; eppure, una trama arricchita da arti magiche e pratiche inedite rende Alchemy of Souls in qualche modo originale, pur appartenendo a un genere non sprovvisto di rappresentanza.
Valore aggiunto, il contesto in cui la trama si sviluppo. Molto simile a quello dei K-drama storici, talmente gremito di sospetti e segreti che ci si aspetta una rivelazione da un momento all’altro e in cui destini, seppur non troppo chiari, si intrecciano continuamente. Il tutto calato in un’atmosfera che, più che introdurre lo spettatore in un mondo fantastico, lo riporta con la mente all’era Joseon già sfondo di numerosi film e K-drama, nota per essere carica di fascino e di bellezza.
Ulteriore arma vincente un cast composto da nomi già noti come Lee Jae-wook (Do Do Sol Sol La La Sol) e Jung So-min (The Smile has Left Your Eyes) arricchito da volti ancora da scoprire: da Hwang Min-hyun (Seo Yul), membro del gruppo idol NU’EST, fino a Yoo In-soo in veste di mago santarellino, ben lontano dal personaggio interpretato in Non Siamo più Vivi.
E tuttavia, in questo tripudio di bellezza, non si può fare a meno di notare delle falle, in genere tanto più evidenti quando il prodotto è ben realizzato. Prima fra tutte lo stile a volte prolisso di narrazione che a volte relega l’elemento magico in secondo piano, preferendo storyline ben poco rilevanti ai colpi di spada e agli incantesimi attorno a cui la storia dovrebbe ruotare.
Il timore, per quanto detto, è che i venti episodi di Alchemy of Souls fin ora trasmessi possano far sembrare insufficienti i dieci restanti in arrivo a dicembre; e seppur sia chiaro come ad attenderci non sia una seconda stagione vera e propria, il distacco temporale tra la storia e il suo prosieguo potrebbe non mancare di farsi sentire.
Perché aspettiamo Alchemy of Souls – Parte 2
Alchemy of Souls è un K-drama visivamente incantevole il cui merito più grande sta nel servirsi di elementi già di per sé attraenti, confermandone il valore episodio dopo episodio. Una serie che può ben vantarsi della sua regalità, destreggiandosi abilmente tra storie d’amore, giochi di potere e duelli combattuti a suon di incantesimi e sciabolate.
Nel complesso, Alchemy of Souls è in equilibrio tra ironia, puro intrattenimento e toni drammatici, da ammirare in ogni momento grazie anche a effetti speciali mirabolanti, che ancora più bello appare se guardato prestando l’orecchio e ascoltando Scars leave beautiful trace ad alto volume.
Un K-drama non privo di difetti, che tende a perdersi in inutili discorsi, ma pronto a tornare a gamba tesa sulla retta via dopo ogni svista; si spera quindi che sulla retta via ci rimanga, proponendo più sequenze di azione continuative, meno chiacchiere e più incantesimi, ed evitando nel contempo delle frettolose risoluzioni… in caso contrario le dieci puntate previste saranno davvero, davvero poche.
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