Prima che l’uragano Squid Game travolgesse Netflix nel 2021, un altro survival distopico occupava già un posto sulla piattaforma da un anno. Parliamo di Alice in Borderland, Serie TV giapponese tratta dall’omonima serie di manga di Haro Aso, la cui seconda stagione, dopo il debutto della prima nel 2020, è disponibile su Netflix dal 22 dicembre. Come enuncia il titolo, il surreale viaggio in un mondo sottosopra non promette una destinazione idilliaca, ma un’immersione letale nel Borderland, una terra di confine, un limbo sospeso nello spazio e nel tempo in cui vige una sola legge: la lotta per la sopravvivenza.
A vestire i panni del protagonista troviamo Ryōhei Arisu (Kento Yamazaki), il cui nome in giapponese traduce proprio quello della celebre eroina di Lewis Carroll, Alice. Anche nella seconda stagione, Arisu torna come punto di riferimento per lo spettatore in una giostra di giochi mortali che non smettono di sorprendere. La restante cornice di personaggi mantiene tasselli costanti ed evolve, in una dimensione in cui, come insegna il genere survival, non ci si può affezionare troppo a lungo ai giocatori.
Tuttavia, oltre alla rete di relazioni umane, che ancor più nella seconda stagione sedimentano un’importante riflessione etica e morale, il piatto più appetitoso di Alice in Borderland restano i game. La loro caratterizzazione è definita dal seme e dal numero della carta da gioco che li accompagna, ma la seconda stagione introduce nuove pedine. Quale sarà lo schema finale del gioco?
Alice in Borderland, dove eravamo rimasti: il riassunto della prima stagione
Nella prima stagione di Alice in Borderland, Arisu e i suoi due migliori amici, Karube e Chōta, dopo essersi nascosti nei bagni della metropolitana per fuggire dalla polizia, si trovano all’uscita in una Tokyo dall’aspetto post apocalittico. A dominare la città fantasma, in cui non funziona più la tecnologia, sono le arene, spazi in cui i superstiti sono obbligati a partecipare ai game. I giochi sono distinti in base al seme della carta che li accompagna: picche connota i giochi di abilità e forza fisica; quadri quelli di logica e strategia; fiori definisce i giochi di squadra; cuori quelli in cui si gioca con i sentimenti e la fiducia dei partecipanti.
È invece il numero della carta a sancire la difficoltà del game, con una regola indiscutibile per il Borderland: giocare per sopravvivere. Ben presto, infatti, Arisu e i suoi amici scoprono di non poter passare più di qualche giorno senza giocare, pena la scadenza del loro visto da game player a Borderland. Se un giocatore lascia scadere il suo visto senza giocare o perde in un game, muore, colpito in maniera fulminea da un raggio laser che irrompe dall’altro. Ecco la breve vita di un giocatore in una Tokyo distopica che non ha nulla a vedere con Il Paese delle Meraviglie.
Tra arene distruttive e personaggi caleidoscopici, la tappa finale di Arisu è La Spiaggia, un’oasi in cui una comunità folleggia giorno e notte quando non partecipa ai game, celebrando una vita senza leggi e senza regole. Qui il leader, Il Cappellaio Matto, svela ad Arisu l’obiettivo dei villeggianti: raccogliere tutte le carte da gioco per sconfiggere il sistema. Tuttavia, dopo una carneficina durante l’ultimo dei game alla Spiaggia, i protagonisti, tra cui i nuovi amici di Arisu, Unagi (Tao Tsuchiya), Chishiya (Nijirô Murakami) e Kuina (Aya Asahina) scoprono che non è finita: un nuovo livello di sfide li aspetta.
Spazio ai game master: Fanti, Re e Regine
Alert Spoiler!
Se il primo capitolo di Alice in Borderland ci permette di conoscere le regole del gioco, il secondo ci conduce direttamente agli ideatori dei game. Loro sono Fanti, Re e Regine, la cui arena è annunciata dalla gigantografia della loro carta trasportata da un dirigibile per i cieli di Tokyo. Partecipano direttamente ai game, confondendosi tra i giocatori o palesandosi sin dall’inizio come avversari. All’interno delle loro arene, una vittoria non comporta più solo la sopravvivenza del giocatore, ma permette la distruzione di uno dei game master.
Quest’ultimo aspetto consente ad Arisu di cogliere l’umanità dietro apparenti leader, che in realtà sono loro stessi giocatori, confinati in eterno nel game che loro stessi hanno creato e a cui sono costretti a giocare per sempre. Si crea così una rete di personaggi ancor più ricca e complessa della precedente stagione, in cui flashback fulminei negli otto episodi da un’ora aprono piccoli sipari sulle vite precedenti dei protagonisti. Ognuno sembra avere un desiderio contraddetto di tornare alla vita passata. C’è chi ha collezionato diversi debiti, chi è un assassino, chi ha perso i suoi cari e non ha nessuno da chi tornare.
L’introduzione di Fanti, Re e Regine come mentori dei personaggi, permette quindi loro, durante tutta la seconda stagione, di ragionare se voler rimanere nel Borderland o tornare a casa, sempre che questa esista ancora. I leader, quindi, tra cui il Re di Fiori, ex rockstar ora nudista, instillano dubbi e riflessioni nei protagonisti, rimanendo sempre allusivi su cosa rappresenti il Borderland, fino al finale incontro rivelatorio con La Regina di Cuori (Riisa Naka) e alla verità che pone fine alla seconda stagione.
La comprensione di un mondo
Alert Spoiler!
Nel secondo capitolo di Alice in Borderland, i game non sono l’obiettivo, ma il mezzo per scoprire una verità superiore. Così i personaggi iniziano a chiedersi cosa ci sia oltre le montagne che circondano la Tokyo distopica, perché il tempo scorra così velocemente e se esista ancora il mondo reale ma, soprattutto, se ci sia una ragione per tornare. Si dilungano quindi i tempi dialogici e riflessivi, non rinunciando all’azione tensiva che si catalizza nei giochi all’ultimo sangue. La rivelazione si concentra nell’ultimo episodio, in un gioco di manipolazione mentale e psicologica verso Arisu da parte della Regina di Cuori.
Davanti a una costellazione di possibili strade, come quella per cui il Borderland sarebbe una realtà virtuale in cui i giocatori hanno scelto di giocare per tornare a sentirsi vivi, primeggia la scelta più classica. Come l’Alice di Carroll scopre che il suo Paese Delle Meraviglie è frutto di un sonnellino pomeridiano, lo spettatore assiste allo svisceramento dell’enigmatico Borderland. La scoperta non è così affidata a un personaggio, ma è una chiusura a fine ultimo episodio che mostra cos’è realmente successo quando un meteorite ha colpito il moderno quartiere di Shibuya.
Tutti i personaggi erano lì al momento della caduta e, ad accomunarli, c’è l’esperienza di aver vissuto un minuto di arresto cardiaco. Quel minuto ha rappresentato il limbo psicologico in cui ognuno di loro ha lottato nel Borderland per la propria sopravvivenza, per risvegliarsi in ospedale ancora vivo. Chi non ha superato i game nel mondo di passaggio, non è sopravvissuto neanche all’esplosione nella vita reale. Ed è nell’ospedale dove si risvegliano molti personaggi che si rincontrano Arisu e Usagi come se non si fossero mai visti. Tutto sembra chiudersi in un minuto di sospensione tra vita e morte, ma la carta di un jolly appare su un tavolo a fine stagione. Che il gioco non sia ancora finito?
Il significato di Alice in Borderlands 2: cos’è il Borderland?
Alice in Borderland 2 racconta i demoni umani in una realtà parallela apparentemente nonsense, ma in realtà costellata di indizi cifrati che ne svelano la natura. Il micromondo di Borderland è uno spazio di riflessione senza schemi di giudizio, in cui ognuno può soppesare la propria vita fino a quel momento, per capire se abbia senso lottare per riaverla o se si voglia ricominciare da capo. Nel secondo caso, Borderland offre l’opportunità ai giocatori sopravvissuti fino all’ultimo game di restare nel mondo parallelo, adagiandosi in una realtà in cui conta solo il presente.
Il mondo di Alice in Borderland si sposa quindi perfettamente all’indagine riflessiva ed esistenziale che accompagna i prodotti letterari e audiovisivi giapponesi, con una filosofia che affonda con intensità nell’immaginario recondito umano. Il senso di colpa è il sentimento che padroneggia le vite dei protagonisti, soprattutto quella di Arisu, e ci racconta una cornice umana che quotidianamente deve lottare per non lasciarsi sopraffare dai propri rimorsi. Borderland è quindi lo specchio deformante in cui ogni personaggio ritrova la sua versione scarnificata, senza armature costruite sulle convenzioni sociali.
La distopia è il genere che veste come un guanto questo tipo di narrazione e in cui l’immaginario orientale fa da padrone, laddove in Italia è ancora di lontano avvicinamento. Borderland, però, non potrebbe essere così lontano da noi, dato che J-Pop Manga si sta occupando della traduzione del manga in 9 volumi, più un decimo, ancora inedito in Italia e intitolato Alice in Borderland: Retry, con un Arisu adulto che forse può svelarci il suo destino. Nel frattempo, restiamo in attesa di un’eventuale terza stagione, o forse è meglio chiuderla qui.
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