Nel cielo azzurro, in una cava peruviana, svettano enormi blocchi di pietra bianca lavica che cadono, sollevando nubi di povere su Johnny, operaio vedovo e depresso per la perdita della moglie. Il figlio di Johhny alza un drone nella cupola di una basilica barocca, fotografa gli altari e le pale per ricostruirli in 3D. Padre e figlio, in seguito alla morte della donna, non parlano molto tra loro ma condividono il mestiere della scultura, che sia su marmo o sul computer.
Cielo Abierto, presentato al festival di Rotterdam e in concorso al Torino Film Festival, è un documentario di Felipe Esparza Perez in cui si scontrano tradizione e modernità in una famiglia di scultori. Nel lungometraggio si ripetono le tematiche care al regista come la natura, la spiritualità e il rapporto tra immagine, tempo e storia.
Cielo Abierto, lavori e metodi fotografati alla luce del sole
La camera di Cielo Abierto riprende i particolari e i volti con una fotografia caravaggesca, fissata sempre sul contrasto tra chiaro e scuro, che cattura i tormenti dei personaggi, risultato del lutto e dell’incomunicabilità famigliare. L’elemento materico e artigianale è sempre presente nell’inquadratura e sotto varie forme, attraverso un bianco lattiginoso, polveroso o piatto.
Il contrasto avviene fra diversi elementi e proprio lo scontro tra di essi è la chiave di lettura di questo lungometraggio concettuale: il padre è affezionato e devoto al suo lavoro tanto da vivere vicino alle cave e riposarsi in prossimità del cantiere mentre il figlio si circonda di luci e schermi nel suo appartamento durante le fasi di modellazione e rendering dell’edificio.
Cielo Abierto, i temi fondamentali e i concetti cardine
Cielo Abierto è proprio uno scontro tra i metodi di una volta, fatti di fatica e contatto vivo con la materia, e le nuove tecnologie virtuali come la fotogrammetria, che permettono con attenzione e cura certosina di riportare o ricreare la realtà. Ma è anche interessante come viene elaborato il lutto da due prospettive differenti: Johnny rispetto al figlio ci mette più tempo a scrollarsi di dosso la sua cupezza e seriosità, e ritrova nella fede la chiave per aprirsi a nuovi orizzonti.
Cielo Abierto è un documentario pieno di simbolismi e anche manierismi, fedele alla poetica dello slow cinema, quello di Esparza che può dividere il pubblico ma rischia con la quantità di temi di confonderlo, sebbene registicamente abbiano un loro senso e stile. Il passare del tempo e l’elaborazione di sentimenti e di questioni famigliari passa attraverso il lavoro sulla pietra e sul mondo virtuale, destinato a lasciare una traccia di un uomo sempre in conflitto e diviso tra credi, idee e tradizioni.
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