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Dark Matter, l’oscurità dentro e intorno a noi

6 minuti di lettura

Dark Matter è il nuovo film di Stefano Odoardi, regista di Mancanza-Inferno del 2014, uscito il 4 Maggio nelle sale italiane. Un thriller psicologico in equilibrio tra luce e mistero, tra “detto” e “non detto”, tra padre e figlio, tra una resa stilistica impeccabile e una recitazione non sempre azzeccata.

Uno sguardo più da vicino a Dark Matter

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Stefano Odoardi in una scena del film

Antonio (Alessandro Demcenko) è un importante fisico, studioso della Dark Matter, la materia oscura che dà il titolo a questo particolare film. Ha un rapporto teso con il figlio Thomas (Giulio Cecchettini), un bambino undicenne che vede nel nonno paterno (Orso Maria Guerrini) una figura di riferimento, un rifugio dall’indifferenza e dagli sguardi vuoti degli adulti che lo circondano. Alla morte del nonno, il mondo di Thomas viene stravolto e il suo unico desiderio è poterlo vedere un’ultima volta prima del funerale. Di fronte al rifiuto categorico di Antonio e alla passività di sua moglie (Eleonora Giovanardi), Thomas reagisce nel modo che gli risulta più naturale: la fuga.

Un grande centro commerciale fa da sfondo e da testimone del suo rapimento; Thomas si aggira da solo nei parcheggi sotterrani ed è proprio qui che viene soggiogato da una bella donna (Angélique Cavallari), che gli promette di portarlo il più lontano possibile, dove potrà essere finalmente compreso.

Antonio e il fallimento delle relazioni umane

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Eleonora Giovanardi in una scena del film

Antonio è alla continua ricerca di spiegazioni su ciò che non può vedere; sostiene che siamo a conoscenza solamente del 5% della materia ed è quel restante 95% a interessarlo e a dargli un motivo per svegliarsi la mattina. Un uomo consumato dalla carriera, dalle onoreficenze, dai suoi seminari, dalla sua quotidianità sbiadita. È lui ad aprire il film con la sua voce che ci introduce in questo viaggio verso l’ignoto, ma forse Antonio ha soltanto bisogno di conoscersi un po’ meglio, chi è lui in fin dei conti?

Questo uomo rappresenta tutti quegli uomini che si sono lasciati divorare da un qualcosa che non possono stringere fra le mani, è quasi come se avesse una moglie e un figlio perché qualcuno gliel’ha imposto dall’alto; non si percepisce amore né capacità di coltivare rapporti. C’è un senso di resa che permea il suo sguardo in ogni inquadratura e questo crea angoscia, viene quasi da chiedere a sé stessi: “ma sono anche io come lui?”.

La sparizione di Thomas crea disordine nella vita ordinaria della coppia, sono entrambi alla ricerca dell’ignoto che ha inghiottito il loro figlio e di fronte a questo ignoto possono poco e niente. Si affidano ad aiuti esterni, provano a sbrigarsela da soli, piangono, gridano, tacciono, fanno crollare i ponteggi di una famiglia che era già pericolante. Nel mentre, Thomas si trova lontano, in una nebbia di inconsapevolezza e incertezza sul futuro. Cosa ci fa lì? Cosa vuole quell’uomo che lo fotografa nudo, a sua insaputa, durante un innocente bagno al fiume? E chi è quella donna che sembra essere sua amica, che dice di volergli bene ma si nasconde da lui parlando una lingua straniera?

Molti di questi nodi non vengono mai sciolti: Dark Matter è fatalista, Dark Matter adotta la filosofia del Panta Rei, tutto scorre, e i nodi vengono al pettine da soli. È possibile conoscere solo quello che vuol essere conosciuto, il resto è, e rimarrà, materia oscura. Saranno elementi terzi a dirci se al piccolo Thomas verrà permesso di tornare a casa sua, noi possiamo soltanto osservare da lontano lo scorrere degli eventi, inermi.

Dark Matter tratta temi delicati e importanti, ma basta?

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Dark Matter è un film che parte da buonissime premesse, tratta infatti di temi molto delicati quali il rapimento di minori, la pedopornografia, l’incesto e la violenza all’interno delle mura domestiche, ma lo fa in maniera poco incisiva. Non sempre le interpretazioni sono all’altezza di temi di tale portata; in alcune scene, infatti, i dialoghi sembrano recitati da attori alle prime armi, c’è poco pathos e suona tutto un po’ svogliato, quasi come se gli attori stessi non credessero fino in fondo in quello che stavano facendo.

Probabilmente, con qualche piccolo aggiustamento di cast, questo film avrebbe potuto mostrarsi al meglio, avrebbe potuto raccontare meglio una storia già di per sé piuttosto interessante e intrigante. Menzione d’onore alla fotografia, splendidi paesaggi fanno da sfondo a questa storia: il meraviglioso Ponte degli Alidosi di Castel del Rio, un paese in provincia di Bologna, sembra quasi essere uno dei protagonisti del film, forse lì per ricordarci che un passaggio, e quindi un cambiamento, è sempre possibile.


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Classe 2000, nato nel primo pomeriggio di una pigra domenica romana. Sogno una vita con lo zaino in spalla diretto verso orizzonti lontani e se “andare” è l’anagramma del mio nome, mi basta andare, ci penserò poi alla destinazione.

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