Disco Boy è l’esordio cinematografico di Giacomo Abbruzzese , presentato in concorso alla 73ma edizione della berlinale dove si è aggiudicato l’Orso d’Argento come miglior contributo artistico.
Un’opera complessa e ricca di tematiche, in uscita nelle sale italiane dal 9 marzo 2023
Prodotto da ben quattro paesi differenti (Italia, Belgio, Francia e Polonia) e realizzato dopo dieci anni di lavorazione, Disco Boy rappresenta un racconto di riflessione sui lati oscuri dell’occidente e sullo sfruttamento dell’individuo, vittima di un sistema che lo rende inevitabilmente complice del proprio operato.
Disco Boy, un viaggio in una selva oscura
Il film ci racconta la storia di Aleksei (Franz Rogowski),un giovane ragazzo bielorusso che fugge dal proprio paese insieme all’amico Mikhail con la speranza di trovare , una volta arrivati in francia, una vita migliore.
Nel tentativo di attraversare un fiume di confine, Mikhail perde la vita, lasciando Aleksei solo nel proprio viaggio. Una volta arrivato a Parigi, quest’ultimo deciderà così di allearsi nella legione militare straniera, con l’intento di guadagnarsi il passaporto francese e la possibilità di costruirsi un nuovo futuro.
Parallelamente, conosciamo il personaggio di Jobo (Morr N’Diaye), un combattente del movimento MEND (The Movement for the Emancipation of the Niger Delta), intento a difendere il suo paese dallo sfruttamento delle aziende petrolifere che avvelenano e distruggono le risorse naturali per il proprio profitto.
Le storie dei due si intrecceranno quando il battaglione di Aleksei verrà incaricato di svolgere una missione in Nigeria per salvare alcuni lavoratori francesi, presi in ostaggio dagli uomini del MEND, guidati dallo stesso Jobo. Una missione che porterà Aleksei a fare i conti con la propria umanità e che lo vedrà costretto a compiere un atto che lo cambierà per sempre.
Disco Boy, un’opera citazionista
Attenzione: il seguente paragrafo contiene spoiler!
Sono molti i riferimenti che Abbruzzese cita nella sua opera e che inevitabilmente emergono durante la visione del film, primo su tutti Apocalypse Now: il regista pesca infatti dal capolavoro di Francis Ford Coppola non soltanto le intuizioni della messa in scena bellica (grazie anche all’uso di elicotteri e riprese aeree), ma anche la tematica del fiume come elemento che mette in discussione la personalità dell’individuo (tema che lo stesso Coppola riprende dall’opera di Conrad , Cuore di Tenebra). Un elemento dunque che causa un cambiamento interiore e che porta a una nuova evoluzione di sé.
Nell’attraversare il fiume di confine nel primo atto del film, Aleksei perde il proprio compagno di viaggio con il quale condivideva il sogno di un futuro migliore, riuscendo così a intravedere la prima incrinatura in quella promessa di speranza di benessere proposta dall’occidente.
Un’incrinatura che diverrà una vera e propria crepa quando, una volta immerso nel fiume nigeriano, Aleksei si ritroverà costretto a uccidere Jobo, lasciando il suo villaggio in preda alle fiamme, perdendo così parte dellla propria umanità.
Nel film sono presenti però anche altri riferimenti stilistici che variano a seconda dell’ambientazione in cui la storia si sviluppa. Ed è così che per restiutire lo spirito selvaggio della giungla e della sua primordiale ferocia, il regista sceglie inaspettatamente di citare un cult commerciale come Predator, affidandosi all’uso di telecamere a infrarossi termiche che sembrano quasi assumere tratti psichedelici e surrealisti. Differentemente, quando la narrazione si sposta nuovamente in occidente all’interno di un club parigino (ricavato da una chiesa sconsacrata), Abbruzzese adotta uno stile più accostabile al post modernismo e che sembra strizzare l’occhio, grazie all’uso delle luci al neon, al regista danese Nicolas Winding Refn.
Disco Boy, la speranza è una trappola
Una componente importante della narrazione di Disco Boy, sembra essere quella della speranza.
È infatti questa che spinge Aleksei a partire per il proprio viaggio, e che lo porta ad arruolarsi nella legione straniera, per cercare di costruirsi una nuova vita. Una speranza che però si rivela in più occasioni essere nient’altro che una vera e propria trappola messa in atto dal potere nei suoi stessi confronti.
Per cercare un futuro diverso, Aleksei perde prima un amico e poi sé stesso, divenendo una pedina nelle mani di un occidente colonizzatore e assassino, che sfrutta la sua disperazione per usarlo come arma per difendere i propri interessi economici e per reprimere i movimenti di protesta di Jobo e del MEND, a loro volta sfruttati dalle azioni criminali delle varie aziende petrolifere.
Un meccanismo sadico e doloroso, che non sfugge però allo sguardo di Jobo e della sorella Udoka (Laetitia Ky), entrambi caratterizzati da una strana malformazione presente in uno dei due occhi, che sembra, come una particolare maledizione, simboleggiare metaforicamente la consapevolezza di una verità più grande. Una maledizione che convoilgerà anche il protagonista stesso, una volta compreso il meccanismo di cui fa parte, e che lo porterà ad acquisire una visione nuova rendendolo simile ai due fratelli nigeriani e partecipe del loro dolore.
Un’opera elegante, tra ritmi tribali e atmosfere dance
Disco boy si rivela essere dunque un’opera prima interessante che si distanzia nettamente dalla maggior parte dei prodotti italiani degli ultimi anni, affrontando tematiche importanti senza mai cedere alla retorica e mettendo al centro della narrazione la natura umana e la disperazione del singolo individuo, sottolineata perfettamente dalla impeccabile performance di Franz Rogowski.
Una pellicola elegante che si muove tra notevoli spunti di regia e un’ottima fotografia, sempre coerente alla messa in scena, al ritmo di una splendida colonna sonora dance firmata dall’artista francese Vitalic.
Una piccola perla che trae la sua forza dalla volontà di raccontare i lati oscuri e le ipocrisie di un mondo che, purtroppo, ci è sempre più attorno.
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