Dopo anni di chiacchiericcio, anticipazioni e attesa, arriva finalmente nelle nostre sale Nosferatu, remake del capolavoro di Murnau del 1922, diretto dal regista statunitense Robert Eggers.
Gotico, oscuro e inquietante, Nosferatu è un’opera cinematografica decisamente interessante, che si avvale di un’estetica sopraffina ed estremamente curata.
Nosferatu, un viaggio nelle tenebre
La trama di Nosferatu è oramai ben più che nota: seguendo il racconto originale, Eggers riporta sullo schermo la storia di Thomas Huttler (Nicholas Hoult), giovane agente immobiliare di Wisborg, che, incaricato dal suo datore di lavoro Herr Knock (Simon McBurney), si prepara a partire per la Transilvania col fine di vendere una proprietà a un misterioso e anziano conte.
Nonostante la preoccupazione crescente della moglie Ellen (Lily-Rose Depp), afflitta da sogni premonitori e oscuri presagi, l’uomo decide comunque di intraprendere il viaggio, ammaliato dalla possibilità di una promozione e di una vita migliore.
Le sue illusioni, però, svaniranno seduta stante una volta giunto alla propria destinazione: conosce infatti il terribile Conte Orlok (Bill Skarsgård), un demone avvolto da un manto inquietante di oscurità e di mistero e che, di nascosto, trama di impossessarsi presto di Ellen, per la quale nutre da anni un’ossessione morbosa. Dopo aver tormentato e abusato di Thomas, il vampiro si imbarca così su una nave diretta a Wisborg, pronto a distendere sulla cittadina un’ombra di morte e disperazione.
Nosferatu, una messa in scena mostruosa
Iniziamo col dire che Nosferatu è, prima di tutto, un atto di amore. Come Gus Van Sant con Psycho, Eggers decide di omaggiare un film che ha segnato in maniera indelebile la sua crescita estetica e artistica, ricostruendo sul grande schermo atmosfere gotiche dalla matrice espressionista.
Nosferatu è un film che vive infatti di luci e (molte) ombre, una continua lotta tra il giorno e la notte, che si mescolano in ambientazioni strabilianti e interni curatissimi, fotografati alla perfezione dalla maestria di Jarin Blaschke, collaboratore del regista sin dal suo film d’esordio The Witch.
Ed è forse proprio la fotografia di Blaschke, mescolata all’impeccabile mano di Eggers, a rendere il film un’opera estremamente riuscita sul fronte estetico: ogni fotogramma diviene un dipinto che si anima tramite i suoi contrasti e la sua costruzione di forma, in grado di coinvolgere totalmente lo sguardo dello spettatore.
La messa in scena del regista è magistrale: tramite le scenografie e i meravigliosi costumi curati dall’italiana Milena Canonero (Arancia Meccanica, Barry Lyndon e Grand Budapest Hotel vi dicono qualcosa?), Eggers ricostruisce degli ambienti assolutamente credibili e affascinanti, capaci di trasportarci altrove, in un altro tempo.
Anche la prova attoriale del cast è ottima e senza sbavature, fatta eccezione per alcune scene della Depp, di tanto in tanto sopra le righe. Infallibile invece Willem Dafoe, che, arrivato alla terza collaborazione con il regista americano, veste i panni del dottor Albin Eberhart Von Franz.
I remake sono (quasi) sempre un terreno scivoloso
Nonostante la sua bellezza formale, Nosferatu non è esente da alcune problematiche evidenti, tra cui, in primis, il rapporto con i suoi predecessori. I remake, si sa, sono un terreno scivoloso. Ancor più se alle loro spalle hanno film riusciti o, come in questo caso, dei veri e propri capolavori.
L’opera di Eggers, infatti, sebbene visivamente coinvolgente, non ha raggiunto un’incisività scenica come quella messa in atto da Murnau 102 anni fa, che, con il suo stile espressionista e l’uso di giochi di ombre, risulta ancora oggi iconica e sorprendente (un chiaro esempio ne è la famosissima scena della scala).
Anche sul lato della scrittura, il film non riesce ad assumere un tono emotivo e esistenzialista come quello raccontato da Herzog in Nosferatu-Il Principe Della Notte, in cui la mostruosità del vampiro veniva esposta come una maledizione per sé stesso, sofferente e malinconico a causa della propria vita eterna divenuta un giogo insopportabile. Un malessere divorante, che troverà pace solo nella ricerca della morte e sublimato nell’espressione romantica e decadente dell’amore fatale verso la giovane ragazza.
In questo senso, l’antagonista di Eggers soffre invece di una mancanza di profondità, divenendo niente più che un’incarnazione di un male ossessivo carico di distruzione. Un mostro gotico che esprime la sua oscurità tramite il suo aspetto, volutamente modificato dal regista rispetto alla versione più nota e conosciuta. Il Conte Orlok di Eggers inganna lo spettatore, apparendo a un primo sguardo più umano in volto, con baffi e capelli (richiamando i tratti somatici di Vlad III, personaggio storico che ispirò Bram Stoker), ma rivelando in seguito la sua deformità corporea, putrefatta e cadaverica.
Una scelta, anche in questo caso, decisamente estetica, ma che si limita a delineare un personaggio nella sua cornice, senza conferirgli un identità particolarmente significativa.
A causa di questo, il film assume un tono più semplicistico divenendo così una riflessione più superficiale sulla lotta contro un male oscuro ma allo stesso tempo attraente, che occorre conoscere per poterlo domare e sconfiggere.
Si aggiunga a questo l’aspetto ripetitivo scaturito sia dalla sceneggiatura (che non presenta grandi variazioni rispetto ai suoi predecessori), sia dalla figura archetipica del vampiro stesso, sovrasfruttata a livello narrativo nell’ultimo secolo e che, probabilmente, ha ormai ben poco da offrire.
Nosferatu, un grande atto d’amore
In conclusione, si può affermare tranquillamente che Nosferatu sia un film che merita di essere visto o, per meglio dire, merita di essere ammirato rigorosamente al cinema, per la sua bellezza estetica e il suo ottimo apparato tecnico-visivo.
Un film che presenta una struttura formale talmente funzionante da arrivare quasi a rimpiangere che sia stata usata per un rifacimento e non per un’opera originale, che sarebbe, forse, potuta risultare più efficace e suggestiva.
Pazienza: ci consola la consapevolezza della maestria di un regista che sicuramente nei prossimi anni saprà regalarci molte soddisfazioni e grandissime gioie per i nostri occhi, ricordandoci che il cinema è, prima di tutto, un grande atto di amore.
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