A distanza di due anni dal precedente Pearl, Ti West ritorna sul grande schermo con MaXXXine, ultimo capitolo della trilogia di X in uscita nelle nostre sale dal 28 agosto 2024.
Ricalcando la filosofia dei suoi predecessori Maxxxine è un’opera ricca di riferimenti cinematografici, un’ode al cinema di genere mirata a raccontare l’ossessione per il successo e l’ipocrisia di un’America benpensante e conservatrice.
Maxxxine, un sogno a stelle e sangue
Hollywood, 1985. La città delle stelle è sotto scacco, minacciata dalla presenza di un nuovo serial killer chiamato “The Night Stalker”, un femminicida spietato che compie brutali violenze, additate dalla stampa come atti di matrice satanista.
Mentre la metropoli è in preda al panico, Maxine Minx (Mia Goth) a sei anni dagli eventi narrati in X – A Sexy Horror Story, cerca di costruirsi una carriera come attrice nel mondo del cinema, passando da un provino all’altro. Per sopravvivere e potersi mantenere, la ragazza recita frequentemente in film pornografici, esibendosi poi quasi tutte le sere come spogliarellista in un locale per adulti.
La monotonia della sua vita viene però presto interrotta quando, grazie a un’occasione trovata dal proprio manager Teddy Knight (Giancarlo Esposito), le viene offerto il ruolo di protagonista nel sequel di un fortunato film horror.
Le cose sembrano andare per il meglio fin quando, un giorno, viene contatta dall’investigatore privato John Labat (Kevin Bacon) che, minacciosamente, le comunica di essere divenuta oggetto d’interesse del proprio cliente, un misterioso e potente individuo dalla grande influenza mediatica.
Per convincere la ragazza a collaborare, Labat inizierà cosi a intimidirla facendo luce sul suo passato, ricattandola psicologicamente con video registrazioni e articoli di giornale.
Messa alle strette, Maxine deciderà così di reagire per scoprire l’identità del misterioso uomo che la sta cercando, per poter continuare il proprio cammino nonostante le difficoltà e la sempre più ingombrante e pericolosa ombra del “Night Stalker”.
Maxxxine, un’opera ricca di riferimenti
Dopo le ambientazioni bucoliche dei precedenti film (e i vari immancabili riferimenti cinematografici da Non aprite quella porta a Il Mago di Oz), Ti West in Maxxxine sposta lo sguardo della propria macchina da presa in un paesaggio diverso, portandoci in una Los Angeles viva, sporca e carica di luci.
La messa in scena del regista nel ricostruire le atmosfere tipiche degli anni ottanta è perfetta e valorizzata dai suoi sapienti e calibrati movimenti di macchina.
Come un buon vino, anche Ti West sembra migliorare col tempo, dimostrando la propria capacità senza però cedere a superflui tecnicismi (riconducibili a ben altri registi) e costruzioni forzate. Alternando piani sequenza a inquadrature fisse, il regista riesce a definire uno stile riconoscibile e curato, avvalendosi dell’ottima fotografia di Eliot Rockett e di spunti riconducibili al cinema di Dario Argento e Mario Bava (basti pensare al look del killer, fotocopia esatta di Profondo Rosso e Sei donne per l’assassino)
Anche in quest’opera, Ti West non rinuncia dunque a omaggiare il cinema in tutte le sue forme, specialmente quello di genere. Oltre al già citato omaggio alle atmosfere thriller italiane, sono infatti evidenti i riferimenti diretti ad altre pellicole come Psycho (di cui è presente l’intero set) e Scream 3.
Sebbene lo sguardo del regista sia forse il vero punto di forza di Maxxxine, non è da sottovalutare la performance dell’intero cast, a partire dall’impeccabile interpretazione di Mia Goth.
Come nei precedenti ruoli, la Goth dipinge un personaggio decisamente credibile e ricco di sfaccettature, grazie a un’interpretazione decisa senza mai però risultare sopra le righe, regalando al pubblico un personaggio memorabile e dalla forte personalità.
Un meritato plauso va inoltre anche alla colonna sonora firmata da Tyler Bates che, grazie all’uso di sintetizzatori e sassofoni, riesce a conferire al film la giusta atmosfera.
Luci, ombre e ipocrisie
Nonostante l’ottimo apparato tecnico, Maxxxine non è un film privo di difetti. La sceneggiatura di tanto in tanto è cedevole (soprattutto nell’atto finale) e il carattere della protagonista, seppur interessante, non riesce a colpire a tal punto da far scattare quella stessa empatia provata dallo spettatore nei confronti di Pearl, personaggio meravigliosamente controverso e affascinante.
Ma, sebbene non sia incisivo quanto il suo predecessore, Maxxxine riesce comunque a risultare convincente grazie alla sua potente messa in scena e a uno stile di narrazione fluido che alterna il noir e l’horror ad alcuni momenti più introspettivi e altri più riconducibili a un certo cinema d’azione.
Sfruttando il racconto della protagonista, Ti West decide di dipingere il volto di un’America bipolare divisa tra la ricerca sfrenata del successo e il bigottismo più becero che, alla fine della storia, si rivelerà essere il vero antagonista della vicenda. Un perbenismo carico di giudizio e di rabbia che, ancora oggi, si riscontra nella mentalità di chi teme la diversità e ciò che questa comporta.
Un orrore vero e puro che, nonostante le migliaia di luci, si nasconde tuttora nell’oscurità di ciò che ci circonda.
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