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The Substance

The Substance, l’orrore sulla nostra pelle

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10 minuti di lettura

Dopo essere stato presentato in anteprima alla 77esima edizione del Festival di Cannes aggiudicandosi il premio Prix Du Scenario per la miglior sceneggiatura, arriva nelle sale italiane The Substance, prima opera in lingua inglese della regista francese Coralie Fargeat.

Ricco di citazioni e riferimenti ad altre famose pellicole dell’orrore, The Substance è un film che mescola il dramma con una messa in scena grottesca e disturbante, costruito su atmosfere cariche di inquietudine e manifestazioni di puro Body Horror.

The Substance, la sostanza degli incubi

The Substance - Elisabeth in rosso

Dopo una carriera all’insegna del successo, l’ex attrice Elisabeth Sparkle (Demi Moore), ormai lontana dai riflettori di Hollywood, conduce un programma mattutino di aerobica. Il giorno del suo 50esimo compleanno, Elisabeth riceve dal suo datore di lavoro la notizia del proprio licenziamento: la rete ha deciso di cambiare lo stile della trasmissione, scegliendo di cercare una figura più giovane e attraente per il grande pubblico.

Sconvolta dalla notizia, la donna lascia lo studio e, durante il tragitto verso la sua dimora, rimane vittima di un incidente stradale. Giunta in ospedale, viene poi approcciata da un medico che le fornisce una misteriosa chiave USB, contenente un video promozionale di un’azienda chiamata The Substance, produttrice di un particolare siero sperimentale in grado di provocare un formidabile processo di ringiovanimento.

Dopo alcuni attimi di incertezza, Elisabeth decide infine di contattare l’azienda che, prontamente , le fornisce il prodotto accompagnato da tre semplici ma fondamentali regole: rispettare l’equilibrio tra la nuova versione di sé stessa e quella originale, alternandosi di settimana in settimana, stabilizzarsi ogni giorno e ,soprattutto, ricordarsi di essere un’unica entità.

Una volta apprese le enigmatiche indicazioni, Elisabeth si inietta il siero che , istantaneamente, provoca in lei una violenta reazione. Dal suo corpo, ne nasce così uno nuovo, più giovane e bello. La nuova versione di lei , chiamata Sue (Margaret Qualley), inizierà da questo momento ad alternarsi all’originale di settimana in settimana, sino a quando, un giorno, sceglierà di rompere l’equilibrio stabilito, causando inquietanti e irreversibili conseguenze.

Se la bellezza è un valore di mercato

The Substance - Elisabeth e l'azienda

Tra spietati eccessi e innesti di musica kitsch, The Substance basa la sua matrice narrativa sul concetto dell’ossessione dell’apparenza estetica del proprio corpo, mania tipica dei nostri tempi e strettamente legata al mondo dello spettacolo. Vittima di un mondo maschilista che vede la bellezza femminile come un puro valore materiale, la protagonista risulta infatti essere preda di un costante rigetto per la propria forma che, marcata dallo scorrere del tempo, non rispetta più i canoni richiesti dall’ambiente in cui è ormai intrappolata.

Un rigetto che si traduce presto in una sorta di bipolarismo corporeo che divide le due personalità in maniera puramente eterogenea: se la giovane Sue esprime dunque tutta la sua vitalità attraverso sprazzi di vita pulsante e frenetica, la versione originale di Elisabeth si lascia invece sempre più sprofondare in atteggiamenti passivi e di carattere depressivo, provocando in questo modo un netto contrasto nella sua interiorità pronto a deteriorarsi in una forma tossica e conflittuale.

Questo stato viene sottolineato dalla regista tramite l’uso metaforico dell’ambiente domestico, che assume un aspetto differente a seconda della personalità che lo abita. Solare e giovanile, quando abitato da Sue ma cupo e sporco quando lasciato ad Elisabeth, che lo addobba con cartacce e avanzi di cibo abbandonati. Fa eccezione, in questo senso, un’unica stanza: il bagno. Volutamente allestito in maniera asettica (quasi come fosse una cucina industriale o un laboratorio), il bagno diviene così un punto di incontro tra le due anime differenti, nonché il luogo dove avviene il vero e proprio scambio di personalità.

Personalità frammentate ma che rappresentano un’entità unica , come spesso ci ricorda lo slogan dell’azienda all’interno di The Substance. Ma allora cosa ha causato la vera crepa che ha diviso le due anime?

La regista sceglie di liberarci da ogni ragionevole dubbio e punta così il dito contro il mondo patriarcale e maschilista, inquadrando gli uomini che lo abitano come esseri viscidi e spietati, capaci di intossicare l’ambiente che li circonda. Esempio perfetto il manager Harvey (Dennis Quaid) , ripreso intento a divorare voracemente gamberetti come un predatore famelico, o a sussurrare di fronte alla giovane Sue che “Le belle ragazze devono sorridere“.

Una critica precisa e accuratamente violenta, che si fa forza dell’eccesso per lanciare il messaggio in faccia allo spettatore, come avviene nel caso della protagonista con il proprio pubblico nello splendido finale.

The Substance è una fine opera tecnica

The Substance - Sue

Ciò che colpisce immediatamente, durante la visione di The Substance, è l’ottima capacità della regista nello sfruttare i vari linguaggi cinematografici a servizio della narrazione. Salta subito all’occhio infatti come Fargeat riesca, tramite l’uso dei dettagli e di svariati Plongée (come ad esempio quello che caratterizza la meravigliosa scena d’apertura), a posizionare lo spettatore in una dimensione semi onirica ed estraniante per alimentare la tensione che cresce esponenzialmente durante la visione.

Questa particolare atmosfera, simile a un incubo, aiuta a coprire alcune piccole falde all’interno della sceneggiatura, spesso forse troppo prevedibile e macchiata da qualche piccola sbavatura logica.

Nonostante alcuni piccoli difetti di scrittura, è innegabile che l’apparato tecnico di The Substance sia impeccabile.
La fotografia di Benjamin Kračun è memorabile e perfettamente allineata con il ritmo narrativo, così come le musiche curate da Raffertie. Un plauso particolare al reparto trucco e a quello degli effetti speciali, che conferiscono all’opera una particolare credibilità.

Un corpo che prende vita da altri corpi

The Substance - Sue e il sangue

Le ispirazioni di Fargeat per The Substance non sono affatto nascoste, anzi. Il film è costellato da molte, moltissime citazioni.
Non sfugge , in questo senso, l’amore della regista verso il sommo Stanley Kubrick: ambienti come corridoi e bagni, ricordano istintivamente quelli dipinti dal regista inglese in capolavori come Shining e Arancia Meccanica, così come i fasci di luce psichedelici che appaiono durante la trasformazione di Elisabeth sono facilmente riconducibili agli effetti visivi del mastodontico 2001: Odissea nello spazio (citato musicalmente, inoltre, in un altro importante momento della pellicola).

Oltre a quella di Kubrick, in The Substance si può facilmente notare la fortissima influenza del cinema di David Cronenberg e di John Carpenter (primi su tutti La Mosca e La Cosa), riferimenti chiave per l’uso massiccio del body horror, sapientemente costruito tramite effetti prevalentemente analogici. Allo stesso modo, le tinte gore e splatter, possono riportarci alla memoria Carrie di Brian De Palma (spudoratamente citato in una delle ultime scene) mentre il trucco finale per la forma mostruosa di ElisaSue (che ha richiesto ben 7 ore di lavoro) sembra ricalcare quello proposto da David Lynch per il suo The Elephant Man.


Oltre al cinema , però, sono evidenti i richiami al mondo della letteratura. Come non pensare infatti, osservando la giovane Sue di fronte al ritratto della sua doppleganger più anziana, al capolavoro di Oscar Wilde Il Ritratto di Dorian Grey, di cui The Substance sembra ricalcare l’espediente narrativo. Analogamente è possibile trovare un ulteriore collegamento con l’opera di R.L. Stevenson Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde, per quanto riguarda il dualismo delle personalità della protagonista.

Stelle morenti, corpi decadenti

The Substance - Sue in pelle di serpente

In conclusione, si può affermare che The Substance sia un’ottimo film di genere, capace di raccontare il disagio del nostro tempo tra eccessi e colte citazioni cinematografiche, in grado di cucire intorno allo spettatore un costante abito di tensione, grazie al suo forte climax narrativo. Un’opera coraggiosa e dall’animo punk che si fa spazio nel mondo dello spettacolo cinematografico oggi giorno sempre più abitato da fenomeni passeggeri e mere forme, fin troppo spesso, prive di sostanza.


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Nato nel 1993 , giusto in tempo per vedere Pulp Fiction l’anno dopo. 
Sono un musicista che ha una passione patologica per il cinema. Adoro la sala e sono fermamente convinto che debba esistere un girone infernale per quelli che parlano a voce alta durante il film. Scrivo, vivo, faccio cose, vedo gente.

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