Alla veneranda età di 94 anni, Clint Eastwood torna in sala con Giurato numero 2, quello che potrebbe essere l’ultimo tassello di una carriera da regista che conta 42 film all’attivo. Il condizionale è d’obbligo perché Cry Macho era sembrato un film comprensibilmente stanco e, per questo, aveva generato un dibattito sull’incapacità, a volte, di farsi da parte al momento giusto – nonostante, ed è bene ricordarlo, appena due anni prima, il regista avesse girato un film straordinario come Richard Jewell. Giurato numero 2, invece, è un’opera sorprendentemente vitale nella sua essenzialità.
Protagonisti di questo dramma giudiziario sono, su tutti, Nicholas Hoult, Toni Collette, J. K. Simmons, Chris Messina e Gabriel Basso, immersi in un’atmosfera di tensione che Eastwood riesce a protrarre magistralmente fino all’ultima inquadratura. Giurato numero 2 è forse la sintesi di quella sfiducia nei confronti delle istituzioni che l’uomo, prima del regista, ha sempre dimostrato, ma è anche un monito per lo spettatore, a rivalutare il concetto di giustizia all’interno di una società in cui il confine tra eticità e interessi personali è sempre più labile.
Giurato numero 2, un processo al processo

La narrazione di Giurato numero 2 ruota intorno a un processo per omicidio. James Sythe (Gabriel Basso) è accusato di aver ucciso la fidanzata dopo un litigio in un bar. Il corpo della donna, infatti, è stato rinvenuto nei pressi di un ruscello e l’uomo, che secondo i testimoni aveva seguito la ragazza in preda alla rabbia, sembrerebbe averla colpita a morte, gettando poi il corpo sotto il ponte.
Justin Kemp (Nicholas Hoult), quello che sembrerebbe essere un bravo ragazzo, viene chiamato a presenziare al processo come giurato, e ascoltando la ricostruzione dei fatti, non soltanto comprende di essere già a conoscenza di quegli eventi, ma viene anche colto da un atroce dubbio. Quella sera lui era presente e, nel tragitto per tornare a casa, distratto dal cellulare, aveva urtato qualcosa con l’auto, credendo fosse un cervo. È in quel momento, nell’aula del tribunale, che Justin realizza veramente come sono andate le cose.
Da questo momento in poi, Giurato numero 2 ricorda in parte La parola ai giurati, perché le dinamiche che si creano all’interno della giuria sono pressoché identiche, così come le riflessioni sul concetto di giustizia e sull’evidente imperfezione del sistema giudiziario statunitense coincidono con quelle di Sidney Lumet. Ma è in questo contesto, già particolarmente delicato, che Clint Eastwood ha l’intuizione di inserire ciò che scaturisce dall’inevitabile e lancinante senso di colpa del protagonista, mettendo lo spettatore di fronte a un dilemma etico, apparentemente semplice e tuttavia complicatissimo: lo stesso che costringe Justin in una dicotomia interna tra il timore di essere scoperto e la volontà di salvare una persona innocente.
Giurato numero 2, giustizia e verità
“A volte la verità non è giustizia”: il fulcro del film è in questa frase, perché è la tesi intorno a cui si sviluppa la narrazione di Giurato numero 2. Ma se è così, se è vero che a volte la verità non coincide con la giustizia, cosa significa allora realmente fare giustizia? Quella di Clint Eastwood è una riflessione che coinvolge lo spettatore, in un film che, nonostante riveli una posizione piuttosto esplicita, lascia proprio a chi guarda la responsabilità di costruirsi un giudizio critico che possa rispondere moralmente a questa domanda.
Il fil rouge di buona parte della filmografia di Eastwood, specialmente negli ultimi anni, è sempre stata l’inadeguatezza delle istituzioni, la loro insufficienza. Com’è possibile che la vita di un uomo venga affidata a un gruppo di persone che lì nemmeno vorrebbe starci? Persone perfettamente uguali a quell’uomo che dovrebbero giudicare? E se persino le istituzioni agiscono soltanto per il proprio tornaconto, allora come può esistere una giustizia che non sia subordinata a un qualsiasi interesse, personale o collettivo?
Quello che Eastwood mette in atto è un interrogatorio nei confronti del pubblico in sala. Realizza un film tremendamente lucido e al tempo stesso delicato, che concentra la propria riflessione su un processo in cui nessun verdetto sembrerebbe portare realmente alla giustizia, proprio perché quest’ultima, a volte, non può semplicemente coincidere con la verità. Giurato numero 2 è una pellicola tanto complessa quanto essenziale, in cui i dilemmi etici attraverso i quali vengono accompagnati gli spettatori possono trovare una risposta soltanto dentro questi ultimi.
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