Le trasposizioni cinematografiche de Gli Indifferenti di Moravia sono da sempre imprese molto ardue, richiedono molta sensibilità e bravura tecnica. Non è soltanto un lavoro di copia e incolla, non è un semplice “lasciar parlare” il romanzo attraverso le immagini; bisogna riuscire a comprendere tutto il mondo letterario di Alberto Moravia per farlo confluire davvero sulla pellicola. Solo così si può ridare allo spettatore di cinema le emozioni, i sentimenti e le sensazioni che altrimenti verrebbero perdute e lasciate in vita unicamente entro i confini del piacere letterario.
Molti registi famosi hanno compiuto già in passato quest’ardua impresa, con risultati notevolissimi. Un celebre esempio è dato dalla trasposizione di Bernardo Bertolucci con Il conformista, seguito da Godard con Il disprezzo, Damiani con La noia e molti altri.
Il nuovo tentativo di adattare Gli Indifferenti è di Leonardo Guerra Seragnoli, disponibile sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video dal 13 marzo.
I protagonisti de Gli Indifferenti
Un sottotitolo a quest’opera potrebbe essere rubato a Balzac, La commedia umana, perché ciò che viene messo in scena è proprio questo, una commedia sull’uomo. Ma se in Balzac i personaggi vituperati e maltratti erano i nobili in decadenza, sempre sconfitti dalla classe borghese, qui è quest’ultima a dover affrontare le proprie brutture e la propria decadenza, economica e morale.
I personaggi sono molto stereotipati. Da una parte c’è una madre, Mariagrazia, che per Gli Indifferenti di Seragnoli interpreta Valeria Bruni Tedeschi, una donna frivola, indifferente alla vita in sé, alla vita vissuta almeno, ma sempre alla disperata ricerca di mantenere in piedi, seppur in modo precario, tutte le apparenze sociali alto-borghesi a cui la sua fortunata vita l’ha abituata.
Dall’altra parte c’è Leo (Edoardo Pesce), un uomo d’affari senza alcuno scrupolo, che è anche l’amante di Mariagrazia. Il loro però è un amore adultero privo di reciprocità, poiché se per Mariagrazia il sentimento, purché lasciato in balia delle fasulle solidità della cecità dell’indifferente, è un sentimento reale, quello di Leo è semplice interesse economico.
A Leo, d’altronde, la dimensione sentimentale-amorosa è indifferente. Tutto in lui è ricondotto all’affare economico o al piacere sessuale e, quando una delle due dimensioni manca, inevitabilmente entra in gioco l’altra. Così, quando il corpo di Mariagrazia smette di essere appetibile per la soddisfazione di bisogni sessuali, subito si palesa l’interesse economico. In gioco vi è la casa, l’abitazione lussuosa di Mariagrazia, che non avendo più di che vivere decide di venderla. A Leo bastano un paio di firme e una buona dose di bugie per entrarne in possesso ad un prezzo irrisorio. L’importante, in cambio, è mantenere le apparenze e l’indifferenza il più possibile, finché la realtà non sgretolerà definitivamente ogni illusione.
Nel mezzo di questo ménage fatto di interessi e di finti amori della coppia vi sono i figli di Mariagrazia: Michele (Vincenzo Crea) e Carla (Beatrice Grannò). Il primo si trova in contrasto con Leo e con tutta la famiglia, dal momento che è forse l’unico personaggio a comprendere lo squallore fin dall’inizio.
Michele infatti odia l’indifferenza e gli indifferenti, non comprende quegli atteggiamenti e non riesce ad estraniarsi dalla vita, ad esserne straniero come il famoso protagonista del romanzo di Camus, tanto caro a Moravia, anche se posteriore a Gli indifferenti. Carla invece ce la fa. D’altronde lei è soltanto la copia più giovane della madre e, questo, Leo lo capisce abbastanza in fretta ed entra in gioco allora una delle due dimensioni definite precedentemente del banale mondo del personaggio, quella sessuale.
Il corpo di Carla, giovane e dal seno prosperoso, è trattato nei minimi dettagli nel pensiero di Leo personaggio di Moravia, ma anche nelle inquadrature di Seragnoli, in questo un po’ dai tratti veristi, quasi la telecamera venisse a porsi negli occhi del personaggio e ne seguisse i movimenti. Ed ecco che così anche Carla diventa l’amante di Leo. Lo fa con indifferenza, senza battere ciglio, così, senza amore. Non le interessa Leo, ma non le interessa nemmeno di se stessa; non ha interesse per nulla, come chi non sente la vita e non si accorge di essere vivo.
Infine c’è Lisa (Giovanna Mezzogiorno), vecchia amante di Leo, che in epoca precedente a quella della narrazione riuscì a sedurlo e portarlo via a Mariagrazia, e che per incomprensibili e allo stesso tempo scostanti ragioni, se non si parte dall’alienato punto di vista dell’indifferente, è una sua grande amica. Ma Lisa è la più realista, è quella che non si abbandona all’amore, sapendo forse in partenza di essere un’indifferente. Così, non appena anche il suo corpo non ha più valore di fronte al pragmatismo borghese di Leo, al posto di lasciarsi alla disperazione si concede il piacere sessuale di un altro personaggio della storia, Michele.
Un cambio d’ambientazione che rivitalizza il libro
La trasposizione dell’opera de Gli Indifferenti di Moravia per mano di Seragnoli è oltremodo interessante. La caratteristica peculiare, di cui ci si accorge subito nella prima scena, è l’ambientazione. Non è un film ambientato nel mondo alto-borghese della fine degli anni ’20 come il romanzo moraviano, ma viene scelta una dimensione spazio-temporale attuale, contemporanea.
Insomma, Gli Indifferenti, con gli stessi nomi e con caratteristiche affini al romanzo di Moravia viene traslato nel 2020. Effettivamente questa riattualizzazione della forte critica del neorealismo e dell’esistenzialismo moraviano contro la società borghese è un’azione culturale dotata di particolare icasticità. Una critica che, almeno nella visione di Moravia, era anche tra l’altro fortemente impregnata di ideologia marxista. Si consideri anche l’anno di pubblicazione del romanzo, il 1929, epoca pienamente fascista.
La riproposizione contemporanea della stessa critica trova sottesa, quindi, anche un forte messaggio politico e ideologico, che vuole svelare l’indifferenza di una borghesia che seppure nel tempo ha cambiato sembianze non ha mutato la sostanza. In questo senso, un dettaglio interessante su cui si potrebbe congetturare una voluta correlazione temporale col romanzo, è l’utilizzo di costumi riconducibili proprio agli anni ’20 nell’ultima scena.
Difatti nel finale, dove lo squallore dell’indifferenza arriva al suo parossismo, vedendo convergere praticamente nella stessa stanza della casa tutte le situazioni individuali dei personaggi, la decisione di riutilizzare gli stessi vestiti che probabilmente i personaggi di Moravia indossavano quotidianamente sembra essere un dispositivo simbolista molto forte. Fuor di metafora: cambia l’epoca, non cambia l’uomo.
Gli indifferenti di Seragnoli sono gli stessi di Moravia?
Andando oltre questi dettagli ideologici è interessante l’analisi dei personaggi e il confronto con quelli di Moravia.
Partiamo da Leo. Questi, nel romanzo di Moravia, si presenta fin dalle prime pagine come un uomo vile, degno in tutto e per tutto della descrizione fatta precedentemente nella trama. Seragnoli ne cambia in parte la presentazione. Non ci è presentato immediatamente per ciò che è, lo si capisce piano piano. Effettivamente questo svelamento progressivo del personaggio nelle sue sembianze etiche reali ha un forte accento alla Dostoevskij.
Infatti, un po’ come il Raskolnikov di Delitto e castigo, non ci viene presentato subito come un personaggio negativo, ma anzi, inizialmente pare assumere l’aspetto di un padre di famiglia un po’ atipico, ma pur sempre amorevole. E potrà pure parere contraddittorio ma in questo dettaglio sembra che il regista quasi voglia un po’ correggere lo stesso Moravia. Infatti è bene ricordare che uno dei grandi modelli dell’esistenzialismo di Moravia è proprio l’esistenzialismo letterario di Dostoevskij, a cui si rifà anche per il romanzo in questione.
Eppure qui Moravia non utilizzò la rappresentazione dei personaggi del suo maestro, mentre il regista sì. Così si viene a creare un crudo contrasto tra la rappresentazione iniziale del personaggio con quella poi progressivamente delineata nel corso del film. Lo svelamento progressivo è fatto di indizi intermittenti lasciati qua e là nelle scene, a partire, ad esempio, dal bacio estorto a Carla nella scena della festa, fino ad arrivare ad un punto di rottura totale con la rappresentazione precedente, ossia quando il personaggio abusa della ragazzina.
In realtà si è qui usato l’esempio di Leo, ma questo dispositivo, seppure particolarmente accentuato nella definizione di questo personaggio, viene poi esteso anche agli altri. In particolare Michele. Questi si ritrova, come nel romanzo di Moravia, ad essere in principio un personaggio ostile ”agli indifferenti”, ma poi, piano piano, anche lui cambia e si conforma. Il motivo che spinge il ragazzo ad abbandonare progressivamente le istanze di ribellione è la tipica sensazione di inferiorità che un adolescente sente nei confronti degli adulti.
Questa è una caratteristica del personaggio che Moravia riesce con tanta perizia a evidenziare nel romanzo, soprattutto attraverso le frequenti e brevi introspezioni psicologiche dai tratti quasi proustiani, altro suo grande modello letterario, che il regista riprende completamente. La fine interiore di Michele viene resa evidente nel finale del film ed è ripresa anch’essa completamente dal libro: Michele arriva infatti nell’ultima scena a lasciarsi andare, come la madre, all’indifferenza.
La madre è il personaggio che maggiormente rimane in una sorta di condizione di fissità, sempre confinato nella stessa forma. È l’indifferenza borghese per antonomasia, e lo si capisce fin dalla prima scena. L’amore per Leo nel suo caso è una sorta di ossessione verso il bisogno di completare il puzzle famigliare borghese, inserendo anche il tassello mancante, la figura maschile adulta. Lo fa col denaro, finché le è possibile, poi passa a mettere a rischio addirittura la propria casa. E ne è consapevole in realtà, ma ne è indifferente. Moravia rappresenta Mariagrazia praticamente nello stesso modo.
Ho paura che se divento povera nessuno mi amerà più
La condizione della donna: da Moravia a Seragnoli
Infine vi è Carla, e su questo personaggio bisogna fare qualche ragionamento più approfondito. É naturale che Seragnoli non possa presentarci la stessa Carla di Moravia, per una ragione abbastanza intuitiva: la condizione della donna, e in particolare della donna giovane, è radicalmente cambiata rispetto al 1929.
Gli indifferenti di Seragnoli sceglie allora di mutare l’aspetto del personaggio, conformandolo più alla nostra epoca e sceglie anche di rendere, almeno a primo acchito, differente il rapporto con Leo rispetto al romanzo di Moravia. Perché se in Moravia il rapporto incestuoso si ha in modo sistematico e rapido, poiché la Carla di Moravia è un personaggio passivo, e lo è forse anche a causa della condizione in cui era tenuto il genere femminile in quell’epoca, la Carla di Seragnoli è apparentemente molto più forte ed emancipata. Così, se nel romanzo, nella scena della festa Leo sta già per avere un rapporto sessuale con la giovane che viene bloccato dal vomito della ragazza a causa dell’alcool, nel film il tutto si risolve con un bacio fugace, dato quasi per sbaglio, che trova poi come prima reazione, nel Leo-personaggio-ancora-non-svelato-del-tutto, delle pronte scuse. Al bacio dato ”per sbaglio” segue tutta una serie di situazioni di distacco tra i due personaggi. Molto differente in questo senso dal romanzo, dove Carla anche dopo la festa continua sentirsi in dovere di sottomettersi a Leo, e quindi per deferenza sta al gioco dell’uomo.
Nel film questo non accade e il personaggio di Carla rimane per varie scene un po’ in una situazione di vaghezza, non si capisce bene la conseguenza del bacio, c’è solo distacco e silenzio. Quando allora avviene nel film la scena dell’abuso sessuale da parte di Leo lo spettatore si ritrova completamente impreparato e soprattutto è impreparato all’indifferenza seguente di Carla e alla sua pronta sottomissione.
E allora ad un’analisi forse un po’ superficiale si potrebbe dire che nel caso de Gli Indifferenti di Seragnoli la grande differenza col romanzo, dettata anche dalle condizioni storiche, è proprio la figura di Carla, che sotto questa luce non è un’indifferente.
Eppure la cosa può essere smentita con i comportamenti successivi all’abuso, ossia quello di continuare ad accettare altri rapporti sessuali con Leo. Il tutto però sembra cambiare dopo un avvenimento apparentemente sconvolgente sul finale, in occasione del quale Michele scopre la relazione. Carla, mossa da una sorta di dovere di fronte alla scoperta di Michele, decide di raccontarlo alla madre, che fa finta di non sentire la figlia, che sul finale, come Michele, decide di lasciarsi andare alla totale indifferenza.
Ecco che in questo caso Seragnoli riesce a superare lo scoglio dell’epoca storica rendendo più scostante e più insensata l’indifferenza del personaggio Carla, come se a cento anni di distanza, dopo che per molto tempo si è giustificata l’indifferenza o pseudo tale della Carla di Moravia, il regista ci desse una nuova chiave di lettura del personaggio più profonda e più improntata al suo atteggiamento esistenziale.
Un film reale ed esistenzialista
L’adattamento cinematografico de Gli Indifferenti è particolarmente efficace perché riesce non solo a raccogliere in sé tutte le istanze sociali e ideologiche che avevano spinto il giovane Moravia a scrivere, ma anche a riproporle fortemente attualizzate alla nostra società.
Inoltre, l’elaborazione e la complessità sia della trama che della caratterizzazione dei personaggi rende Gli Indifferenti di Seragnoli estremamente realista ed esistenzialista, riprendendo in toto lo stile di Moravia, ma allo stesso tempo riattualizzandolo e in parte correggendolo, tanto da far rivivere un’opera.
E così facendo, si può dire che una delle opere più importanti della letteratura italiana del ‘900 venga ripresa e rivitalizzata dal cinema. Ecco che forse, in questo modo, il cinema assume completamente il suo ruolo culturale nella società.
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