Grace, opera prima di Iliya Povolotsky, presentata al Festival di Cannes 2023 durante la Quinzaine de Realisateur e in concorso al 41esimo Torino Film Festival, è un film on the road. Mostra una Russia desolante e povera, attraverso il coming-of-age di una giovane adolescente che, con il padre, viaggia a bordo di un camper, vendendo generi di ogni sorta e proiettando film in posti in cui internet non arriva. Tra le cianfrusaglie e le foto scolorite, la ragazza conserva le ceneri della madre in un’urna e porta con sé una fotocamera istantanea per immortalare le prostitute, i loro clienti e i ragazzi che incontra durante le soste.
La camera si muove tra paesaggi differenti, fotografando più contesti, con l’obiettivo però di imprimere nella memoria una Russia dilaniata da conflitti generazionali, corruzione, povertà e continuamente sull’orlo di un pericolo: quello che potrebbe peggiorare un territorio inquinato e sterile e far sparire intere cittadine, lasciando una nazione all’abbandono con pochi abitanti, tristi e depressi nell’animo. In Grace si avverte la loro voce ruvida, segnata da una stanchezza e una sfiducia verso tutto ciò che li circonda e verso il nuovo.
Grace, testimonianze di un paese arido e incontaminato
La Russia contemporanea immortalata in Grace è raccontata due personaggi senza nome: un’adolescente che fotografa volti e monta vecchi filmini e il padre di lei, che sbarca il lunario con la vendita di dvd, film piratati e porno grazie ad un veicolo che, oltre a trasportare la merce, porta con sé vecchi ricordi e una famiglia. Durante il viaggio, il peso della malinconia comincia a farsi sentire, i silenzi sono sempre più opprimenti e non bastano più quei mezzi discorsi scambiati tra una tappa e l’altra sui desideri e i piani sul futuro: la figlia vuole vedere il mare perché è stanca di immaginare la brezza marina in mezzo ad un campo di pale eoliche e il padre non sa più come parlare ad una ragazza che non ha vissuto un’ infanzia normale.
Nei discorsi autentici e paradossali tra i due si sviluppa una tensione crescente, già molto palpabile nella musica, che scoppia quando un giovane motociclista vuole seguirli verso Nord, forse innamorato della figlia o forse perché, proprio come la ragazza, sogna di vedere qualcosa di nuovo e cambiare vita. Tuttavia, una volta raggiunto il mare, la figlia scappa dal padre. Lui vuole trovare una compagna e invecchiare in un posto definitivamente, lei vuole provare nuove esperienze e fuggire temporaneamente da uno stile di vita nomade.
Conflitti generazionali ed esterni all’orizzonte
Grace vuole anche raccontare, attraverso le pause e le atmosfere , il distacco tra due diverse generazioni che non sanno comunicare tra loro. Mentre i giovani sono aperti a nuove esperienze e hanno voglia vedere cosa ci sia aldilà del contesto in cui sono cresciuti, gli adulti, al contrario, sono totalmente disillusi e pieni di acredine verso un paese che non ha mai garantito sicurezze e comodità per tutti, lasciando parti della popolazione in “terre di nessuno“, dove si vive come si può e non c’è possibilità di cambiamento e crescita.
Il regista sceglie di porre al centro una famiglia fuori dal contesto odierno per mostrare mondi poco esplorati della sua terra, ma molto esemplificativi riguardo i problemi economici e sociali. Lo fa con un linguaggio asciutto e un taglio documentaristico, restituendo un’ autenticità unica ad ogni ambiente. C’è un’attenzione peculiare all’autenticità soprattutto attraverso la scelta della grana della pellicola e del suono ambientale, ruvido e sporco. Ci sono anche momenti di “grazia” in questo dipinto di desolazione che offrono un senso di serenità e ottimismo verso una generazione, incarnata dalla giovane e virtuosa Maria Lukyanova, che vuole allontanarsi, cambiare luogo o, semplicemente, vivere senza violenza e malinconia verso il passato.
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