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Hey Joe: Dean (James Franco) e Enzo (Francesco di Napoli) davanti al mare.

Hey Joe, figli della guerra in cerca di riscatto

5 minuti di lettura

A distanza di 5 anni da La paranza dei bambini, vincitore dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino, Claudio Giovannesi torna nelle sale italiane con il suo ultimo lungometraggio. Si chiama Hey Joe, un titolo che fa riferimento al modo in cui le ragazze napoletane – ma non solo – cercavano di attirare l’attenzione dei soldati americani nell’immediato dopoguerra, ma avrebbe potuto chiamarsi anche Napoli-New York, per citare un altro film in sala proprio in questo momento. Sì, perché sono questi i due poli del film, uniti con un filo continuo da un legame di sangue che scorre tra i due protagonisti.

Disponibile al cinema dal 28 novembre 2024, Hey Joe racconta le conseguenze della guerra, come ha ammesso più volte lo stesso regista, e lo fa concentrandosi su un microcosmo che ruota attorno al rapporto tra un padre e un figlio, allargandosi tuttavia anche a quello tra gli Stati Uniti e una città come Napoli, legata a quest’ultimi indissolubilmente.

Quello di Claudio Giovannesi è un film che parla di redenzione, e che unisce il realismo alla finzione, anche nella scelta degli interpreti, che compongono un cast in cui James Franco, Francesco Di Napoli e Aniello Arena vengono affiancati per esempio a una non attrice come Giulia Ercolini. Hey Joe è tutto questo e molto altro. È passato che incontra il presente. Vita vera che incontra il cinema.

Hey Joe, la guerra e le sue cicatrici

Un'immagine di Hey Joe di Claudio Giovannesi, con James Franco e Francesco di Napoli

Nella Napoli dell’immediato dopoguerra, un giovane Dean, soldato americano, incontra Nunzia, e con lei concepisce un figlio, promettendo di tornare per compiere il suo dovere di genitore. Così non sarà, perché 30 anni dopo Dean (James Franco) è un uomo distrutto da tre guerre, un matrimonio finito e problemi di alcolismo. Quel figlio non lo ha mai conosciuto, tantomeno è stato nei suoi pensieri, ma quando gli verrà recapitato un telegramma con quasi 15 anni di ritardo, qualcosa in lui cambierà.

Claudio Giovannesi prende spunto da una leggenda realmente accaduta per raccontare la storia di un uomo in cerca di riscatto, di un padre che torna a Napoli per conoscere il figlio, ormai adulto, a sua volta padre, e invischiato nella malavita, perché cresciuto da un contrabbandiere. Hey Joe è la storia di Dean ed Enzo (Francesco Di Napoli), di un rapporto da (ri)costruire, di ferite probabilmente insanabili, di “un amore appena nato [che] è già finito”. Sono queste le conseguenze della guerra di cui parla il regista, che lascia sempre cicatrici scoperte, ma lascia soprattutto cicatrici interiori

Mentre Dean ripercorre il suo passato, in una Napoli che non è poi così diversa da quella degli anni ‘40, figlia della guerra proprio come lui, insegue la possibilità di una seconda vita, che trova nell’abbraccio di un figlio che sembra averlo accolto, o nel sorriso di una donna, Angela (Giulia Ercolini), che illumina di una flebile luce di speranza il suo futuro.

Hey Joe, un film di straordinaria sensibilità

James Franco e Francesco Di Napoli in un'immagine di Hey Joe

Nella ricerca di quel realismo, o più precisamente di quella verità, che ha sempre contraddistinto il cinema di Claudio Giovannesi, c’è una sovrapposizione piuttosto evidente tra James Franco e il ruolo che interpreta. Il recente vissuto dell’attore, fermo da cinque anni, prima di Hey Joe, coincide in un certo senso con quello di Dean, e questa vicinanza con il personaggio contribuisce a quella credibilità a cui il regista aspira, rendendo Franco perfettamente capace di portare sulle spalle il peso emotivo che ne consegue.

Hey Joe è un film di straordinaria sensibilità, e il tocco di Claudio Giovannesi è quello ruvido ma delicato di un nonno che accarezza il nipote. È un film che vive delle interpretazioni dei suoi protagonisti, eccezionali nel restituire allo spettatore un’intimità sofferta e scomposta, nonostante una recitazione in sottrazione che non si lascia mai andare a vacui sentimentalismi. Sono gli sguardi a guidare la nostra percezione, a rivelare emozioni che i protagonisti sembrano incapaci o disabituati a esternare altrimenti. Sono gli sguardi, le parole sussurrate, gli abbracci interrotti, a tradire sentimenti corrisposti, a svelare chi desidera essere salvato, e chi invece ha paura di esserlo.


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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