Dopo il recente DPCM del 24 ottobre, le nuove proiezioni in sala hanno cercato i circuiti virtuali per sopravvivere e raggiungere il loro pubblico. Così è successo con I Am Greta, il film documentario del regista svedese Nathan Grossman che, per un anno, ha seguito la marcia della giovane attivista ecologica, dai primi scioperi della scuola davanti al Parlamento di Stoccolma, fino al Climate Action Summit dell’ONU a New York.
Ora, il viaggio di Greta Thunberg è disponibile al grande pubblico su diverse piattaforme da remoto: Sky Primafila, Google Play, Infinity, Tim Vision, Chili e Rakuten TV. Si aggiungono le sale virtuali di MioCinema e Io resto in sala, iniziativa di sostegno agli esercenti, con cui noi di NPC abbiamo seguito l’evento sabato 14 novembre in diretta dalla Sala Sivori di Genova, la più antica d’Italia.
Un messaggio da divulgare
Qui hanno preso parola, prima della proiezione, il celebre geologo della Rai Mario Tozzi, il direttore di LifeGate Tommaso Perrone e Giovanni Mori di Fridays For Future. Tre punti di vista differenti accomunati da un unico messaggio di salvaguardia del Pianeta, che vede in Greta Thunberg l’alfiere di un’intera generazione.
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In lei c’è la potenza dell’esempio, di chi è in grado di rompere il silenzio e puntare il dito, ricordando ai poteri forti che le azioni personali non bastano più. Serve un’azione politica coordinata. Greta ci ha quindi dettato la più cruda delle verità: non è abbastanza. E soprattutto non c’è più tempo. La natura non è una scatola di caramelle senza fondo, come lei ricorda, e ora, più che mai in un momento così critico, un documentario e la voce della sua protagonista possono farci riflettere.
Chi è Greta Thunberg?
Ma Nathan Grossman ci mostra prima di tutto chi è Greta, una ragazza che a 15 anni ha incanalato nella sua esperienza adolescenziale una missione globale. Greta non ama socializzare, è silenziosa, abitudinaria e attenta ai più piccoli dettagli. Può concentrarsi per ore su uno stesso argomento, dedicandovi tutta se stessa. Per questo conosce la tavola degli elementi a memoria e può divorare contenuti enciclopedici, spinta da un’attenzione ammirabile. Greta ama più di tutto i suoi cani e la sua famiglia e trova libero sfogo nella danza e nell’equitazione.
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A 13 anni le è stata diagnosticata la sindrome di Asperger, usata come arma dai politici e dai media per desensibilizzare il suo messaggio. Perché Greta si commuove facilmente, imprime una perfezione e ossessione maniacale in tutto quello che fa. Ogni cosa deve essere comunicata nella maniera giusta. E questa dedizione fa di lei un esempio straordinario. Grossman non cerca così l’idolatria o la mania di grandezza, non cerca il sensazionalismo, perché tutto questo non le appartiene.
Come la ritrae Nathan Grossman
La narrazione si focalizza invece sulla comunicazione visiva e corporea di Greta. In mezzo alla calca di politici, giornalisti e sostenitori è sempre il suo volto che illumina la scena e ci racconta una complessità e profondità emotiva che le parole non possono esprimere. Così dal suo sguardo traspare la più cieca preoccupazione per i piccoli dettagli, come se Gas Station si scriva con il trattino o meno. Frammenti di una perfezione non accessoria, ma obbligata, che si tramutano in vibrazioni corporee palpabili a cui non si può restare indifferenti.
Greta sorride alle minacce di morte e agli insulti. Dice che non la possono spaventare quando in gioco c’è il futuro del Pianeta. La sua apparente ingenuità valica le preoccupazioni che affliggerebbero chiunque, ma trova sfogo emotivo nella sola causa che sente propria. Greta non ha paura di commuoversi, sia davanti ai politici, che alla telecamera di Grossman, che all’intimità familiare. Confida le sue paure a un diario che registra con note vocali, ma è come se parlasse a noi, chiedendoci indirettamente, con gli occhi velati dalle lacrime, se anche noi la pensiamo così.
Un sostegno intimo ma globale
Dal Vertice Onu sul Clima, a Greenpeace, fino al Papa e al Parlamento di Strasburgo, Greta non è mai sola. Accanto a lei la presenza costante del padre Svante che, come un angelo custode, l’accompagna per tutto il suo viaggio, rassicurandola, ridendo con lei e dandole forza. Perché Greta non ama i riflettori e viene catapultata in un vortice oceanico umano a cui sente di dovere qualcosa. Forse troppo.
Fino ai primi movimenti in piazza di Bruxelles, Greta vede che più persone accolgono la stessa causa che interessa a lei. Ci voleva solamente una miccia per incendiare un pensiero comune e portarlo alla luce. Così la piccola Greta trova le parole per parlare a un pubblico indifferenziato dopo che il mutismo selettivo aveva frenato la sua rabbia per un anno. L’immagine pubblica di Greta affascina quindi nella sua componente più intima, così pura e genuina da diventare universale.
Quanto è potente il grido di «I Am Greta»
Il documentario inizia con un’indubbia potenza emotiva, dove le parole di Greta in voice over si accavallano alle tristi immagini di devastazioni ambientali. Sin da qui Grossman incornicia un ritratto che non può essere ignorato. E poi vediamo lei, Greta, così determinata e al tempo stesso fragile da mettere in discussione tutto il sistema che ci ha sempre inglobato. Così la sua narrazione si accompagna a un’atmosfera delicata, ma permeata da una ferrea determinazione.
Certo, Greta non è un personaggio facile. Ma la sua immagine controversa è così priva da artifici da comunicare empaticamente con lo spettatore. Perché, come diceva Marshall McLuhan «il medium è il messaggio». E Greta veicola un messaggio molto chiaro e lineare, nonostante la recita dei politici e il finto interessamento a scopi propagandistici e promozionali.
Voglio gettarvi nel panico, come se la vostra casa fosse in fiamme.
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