Il Canto del Cigno è l’ultimo arrivato sulla piattaforma Apple TV+, che seppur poco diffusa in Italia, è uno dei servizi streaming che più sta prendendo piede negli States, grazie a prodotti originali ambiziosi e di alto profilo. Proprio come il film diretto da Benjamin Cleary e interpretato da Mahershala Ali, uno sci-fi che affronta temi etici di non poco conto, che faranno dibattere molto gli spettatori dopo la visione.
Andarsene o fingere di restare? Il dilemma etico in Il Canto del Cigno
Il quesito che Il Canto del Cigno pone agli spettatori non è affatto semplice: Cameron Turner è un uomo brillante, sposato con la dolce e bellissima Poppy (Naomie Harris) dalla quale ha avuto il piccolo Corey e presto un altro bimbo. L’uomo scopre di essere affetto da una malattia terminale e presto dovrà dire addio alla sua famiglia.
Cameron però ha un vantaggio: non si trova nei nostri giorni, ma in un futuro prossimo, dove l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante, le macchine guidano da sole e gli assistenti vocali sono impeccabili. La tecnologia permette all’uomo una scelta molto difficile: morire e lasciare la sua famiglia o farsi sostituire da un clone perfetto in tutto e per tutto, uguale a lui nelle fattezze, nei ricordi e nel carattere?
La dottoressa Jo Scott, interpretata da una tanto distaccata quanto materna Glenn Close, gli offre la possibilità di trasferire il suo passato e la sua vita nelle mani di Jack, un’intelligenza artificiale che vivrà al suo posto, in modo da evitare alla famiglia il dolore della morte e del distacco.
Il dilemma etico viene affrontato dal regista con delicatezza e rispetto, come davanti a una possibilità reale. Niente nella sceneggiatura e nel taglio registico di Il Canto del Cigno mette lo spettatore a favore di una fazione piuttosto che dell’altra.
Ici c’est ne pas Cameron
Il Canto del Cigno è un film analitico, dove la psicologia dei personaggi è tratteggiata in modo estremamente acuto, grazie alla dualità del problema messo sul piatto: risparmiare alla propria famiglia un dolore devastante facendosi da parte o vivere fino in fondo gli ultimi momenti di felicità che ci restano prima di morire?
La tendenza a essere mero esperimento psicologico viene mitigata a fondo dalla grande interpretazione di Mahershala Ali, qui nel suo primo ruolo da protagonista assoluto, nonché produttore della pellicola. Il suo Cameron e il suo Jack si ascoltano, si affrontano e si comparano. Ici c’est ne pas Cameron, ma solo la sua riproduzione perfetta.
Ad alleggerire Il Canto del Cigno ci pensano l’ironia del protagonista e di Kate (Awkwafina), una donna che prima di lui ha affrontato la sostituzione con un clone. La sua lucidità nell’affrontare il dolore aiutano Cameron a vedere con altri occhi la scelta che sta per fare, dando anche un punto di vista trasversale allo spettatore.
Il Canto del Cigno colpisce in modo particolare chiunque di noi abbia subito una perdita, ma lo fa senza melodrammi, senza sviolinate o pesanti retoriche. La trama scorre come una matita sulla carta, senza intoppi e senza sbavature, dandoci il tempo di amare i personaggi ed empatizzare con la loro scelta, qualunque essa sia.
Pur essendo un film di fantascienza e giocando come la ben nota Serie TV di Black Mirror con la tecnologia già esistente (la trama in effetti rimanda all’episodio Torna da me della seconda stagione), Il Canto del Cigno si focalizza sui sentimenti umani e sui rapporti familiari, dando al progresso scientifico solo il ruolo di miccia per far partire la storia.
Al termine della pellicola ci ritroviamo a pensare, a dibattere e a farci domande. Sintomo, più di mille righe di recensione e analisi, che siamo davanti a un buon prodotto, che si prende il suo tempo per raccontare una storia e lo fa con ottimi risultati.
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