In sala dal 20 maggio, Il cattivo poeta vede alla regia Gianluca Jodice. Un film molto particolare, che parla degli ultimi anni di vita di uno dei poeti più iconici non soltanto della storia della letteratura italiana, ma anche della storia italiana tout court, Gabriele D’Annunzio, interpretato da Sergio Castellito.
Chi è Gabriele D’Annunzio
D’annunzio è notoriamente un decadentista, ossia facente parte di quella corrente letteraria post-romantica che si caratterizzava per una certa opposizione alla società corrente e ad una vita dedita alla bellezza, che spesso però culminava nella dissolutezza. Insomma, per citare quella poesia di Verlaine che dà il nome alla corrente, il decadente è ”l’impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi barbari bianchi (il mondo contemporaneo)”, e non può fare altro che ”comporre acrostici indolenti’‘. Eppure D’Annunzio si distingue da altri decadentisti, come Wilde ad esempio, per la sua verve superomistica nietchtziana, che lo porterà a non essere soltanto il poeta che ‘‘guarda passare i barbari bianchi”, ma anche il poeta che prende il comando, che conquista e che ambisce a rendere il mondo (e la sua vita) un’opera d’arte. Ed ecco che gli ingredienti per creare il ”vate” ci sono tutti.
Ma come tutto ciò che nel mondo ambisce ad essere bello prima o poi deperisce, decade e si conclude in un semplice ricordo. E infatti D’Annunzio tra il ’19 e il ’20 riuscirà a compiere l’impresa di conquistare Fiume, dove scriverà una costituzione bellissima come quella della Repubblica del Carnaro, che verrà elogiata addirittura da Lenin, darà il suffragio universale e il voto anche alle donne addirittura. Insomma, crea un piccolo angolo di mondo dove un poeta è al comando e dove ogni vita è modellata dalla bellezza.
Ma tutto poi si concluse, e ciò che ne scaturì, giusto qualche anno dopo, è la dittatura di un personaggio che aveva soltanto rubato al Vate qualche espressione, qualche frase, e soprattutto da lui trasse la consapevolezza della debolezza della democrazia dell’Italia liberale.
Da dove inizia Il Cattivo Poeta
Dopo Fiume e dopo la presa del potere del fascismo, Mussolini si accorge che il Vate è ancora molto popolare.
Solo che D’Annunzio non solo non era molto d’accordo col regime, ma non aveva nemmeno alcuna remore nel manifestarlo pubblicamente. Così Mussolini si ritrova davanti ad un fardello troppo pesante per essere eliminato.
A questo scopo gli fu costruita una grande residenza sul lago di Garda, in provincia di Brescia, chiamata il Vittoriale degli italiani. E come dirà anche nel film Achille Starace, citando proprio Mussolini:
“D’Annunzio è come un dente cariato: o lo si estrapola o lo si riempie d’oro.”
Ma nonostante la sontuosa abitazione D’Annunzio continuava a dare segni di insofferenza. Un’insofferenza che poteva culminare in qualche pubblica dichiarazione ostile al regime, soprattutto perché quelli erano gli anni (1936) in cui Mussolini avrebbe creato l’asse Roma-Berlino con Hitler, e D’Annunzio era totalmente in disaccordo.
Ecco che in questo senso il Vate andava controllato e di conseguenza il regime spediva regolarmente dei suoi uomini per conoscerne ogni minima azione. Tra questi vi è anche il protagonista de Il Cattivo Poeta: Giovanni Comini (Francesco Patanè). Egli è un giovane intraprendente che aveva fatto carriera nel partito, tanto da arrivare ad essere il prefetto di Brescia. Così, sotto l’egida del segretario del PNF Achille Starace, Comini viene insignito del compito di spia di D’Annunzio ed entra quindi in contatto col Vate.
L’uomo che scopre è ben diverso da quello che si immaginava. Si trova di fronte ad un uomo capace di un fascino sorprendente, che presto lo conquista.
Effettivamente Giovanni è molto giovane, e la sua credenza verso il partito non è così solida. E quando si ritroverà di fronte alle atrocità del fascismo, quando vedrà ciò che capitava in quell’epoca nei sotterranei dei grandi palazzi del fascio, allora cambierà idea. E D’Annunzio ne approfitterà per influenzare un’ultima anima giovane prima di morire.
Il Cattivo Poeta storia vera? Forme, stili e veridicità storica
“non sapevamo quel che eravamo e quel che volevamo, ed ecco che sappiamo quel che siamo e quel che vogliamo. La certezza è salda nel dolore.”
Una delle prime domande che ci si pone sempre quando ci si ritrova davanti ad un film di questo tipo è: quanto è romanzato il film? Quanto c’è di vero rispetto ai fatti storici?
Ecco, in questo caso la risposta la si comprende fin dalle prime scene de Il Cattivo Poeta: non è un film dove la storia viene romanzata. Jodice è attento ad ogni minimo dettaglio, dai palazzi, alle statue, fino al vestiario. Insomma, ogni piccola sfaccettatura viene curata storicamente con grande dovizia, per poter poi creare uno sfondo ad un’altra storia, quella di Giovanni Comini, prefetto di Brescia, anch’esso personaggio davvero esistito, che davvero fu mandato a spiare D’Annunzio al Vittoriale, e che in momento successivo sarebbe stato rimosso dal suo incarico di prefetto per essersi opposto all’entrata in guerra. Dunque gli ingredienti per un film che abbia anche una valenza di tipo storico/culturale ci sono tutti.
Le riprese sono state compiute per la maggior parte del film nel complesso del Vittoriale degli Italiani, ancora oggi visitabile come casa-museo di D’Annunzio, sicuramente in ossequio con la forte ambizione di realismo del film di cui si parlava prima.
Tante sono le citazioni del poeta, in particolare delle Laudi, che soprattutto si palesano nei dialoghi con Comini. E in questo senso il regista riesce a piegare l’opera del Vate come dispositivo poetico per affascinare entro i confini del grande schermo il personaggio Comini, ma allo stesso tempo, si riserva anche di affascinare il pubblico. E così, con questo espediente si riesce spesso a creare una sorta di equilibrio tra la forza di alcuni dei versi più belli del Vate e il dolore e la sofferenza del poeta schiacciato da un epoca storica terribile.
Si ha forse l’esempio migliore e culminante nella scena della macchina, dove guardando il tramonto nell’orizzonte il Vate pronuncia gli ultimi versi de La sera fiesolana.
Lauda sii per la tua pura morte, / o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare / le prime stelle!
Un D’Annunzio fuori dai pregiudizi
Un altro aspetto peculiare della pellicola è questa contrapposizione che il regista riesce a porre tra il Duce e il Vate. Perché se da una parte basta notare gli appellativi per comprendere quanto Mussolini abbia copiato nella forma e nello stile D’Annunzio, dall’altra bisogna rendersi conto dell’abissale differenza che c’è tra un dittatore e un poeta, tra chi aspira all’oppressione e chi alla bellezza. Insomma, si può dire che il commento sotteso alle scene de Il Cattivo Poeta verso il Vate vuole in qualche modo salvarlo da quella posizione storica un po’ consolidata di semplice ”mantenuto del fascismo” che spesso arriva anche all’idea di ”sostenitore” un po’ troppo superficiale e aprioristica. Perché forse D’Annunzio non fu questo, forse in parte fu anche lui e il suo stile vittima di qualcosa di terribile che aveva bisogno di un’apparenza vagamente poetica, ma che nella sostanza non lasciava spazio a nessun breve spiraglio di bellezza.
La spiegazione di ciò avviene soprattutto in un dialogo tra Comini e una delle donne del Vate, dove quest’ultima gli racconta proprio questa differenza tra i due, e il secondo viene considerato per ciò che purtroppo fu: una brutta e terribile copia del primo.
Castellitto è Il Cattivo Poeta
Il Cattivo Poeta è certamente interessante perché curato in modo maniacale. Svela, dietro ad ogni singolo dettaglio, una consapevolezza e una conoscenza storico/letteraria del poeta.
Ma nonostante le difficoltà che si possono riscontrare spesso nel cogliere i dettagli nascosti nelle scene, Il Cattivo Poeta è estremamente godibile anche da chi non ha una una particolare passione verso D’Annunzio. E sicuramente rende giustizia in questo senso ad un personaggio della nostra storia che andrebbe rivisto sotto una luce differente e storicamente più matura.
L’interpretazione di Castellito è magistale. Non possiamo effettivamente sapere come D’Annunzio fosse. Eppure, tra i suoi i versi possiamo ritrovare un Io abbastanza particolare e complesso da imitare. Castellitto, con un’interpretazione curatissima in ogni dettaglio, è riuscito ad avvicinarsi moltissimo a ciò che ci aspetteremmo dal vero D’Annunzio.
L’esordio di Gianluca Jodice con Il Cattivo Poetaè positivo e non possiamo fare altro che sperare nelle sue prossime opere, anche per il bene di tutto il cinema italiano.
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