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La storia di Joachim, il monaco che vinse l’Apocalisse

5 minuti di lettura

La quarta crociata è alle porte, nell’anno 1202 e l’abate Joachim è interrogato dal discepolo Matthaeus riguardo alla sua vita. All’anziano restano pochi giorni di vita e sente il bisogno di raccontare tutto, dalle letture del libro sacro, alle visioni che gli hanno dato accesso alle sue mistiche interpretazioni. La sua storia è ricostruita nel film Il monaco che vinse l’Apocalisse, che ha aperto la 20esima edizione del Terni Film Festival, disponibile in sala dal 5 dicembre 2024. Il monaco che vinse l’Apocalisse è diretto da Jordan River, già autore di altri documentari su note personalità italiane come Artemisia Gentileschi o Caravaggio.

Chi era il monaco Joachim?

Immagine tratta da Il monaco che vinse l'Apocalisse. Il nuovo monaco Joachim si fa rasare i capelli come da tradizione monastica

La figura storica indagata dal regista (e co-sceneggiatore) del film è Gioacchino da Fiore, abate e teologo molto importante per la religione cristiana. Gioacchino (nel film Joachim, come nel titolo internazionale, Joachim and the Apocalypse) espose nuove tesi riguardanti l’interpretazione dei testi sacri, spesso contraddicendo le idee più accettate dell’epoca. Il monaco è stato tra i primi a trovare dei collegamenti tra Nuovo e Antico Testamento, ha sviluppato un nuovo modello visivo della Trinità e, come sottolineato nel film, ha concepito un modo alternativo di interpretare l’Apocalisse di Giovanni.

Il monaco che vinse l’Apocalisse, oltre a esporre queste sue continue riflessioni e teorie, ci mostra altri personaggi incontrati dal monaco lungo il suo viaggio spirituale: l’ordine Cistercense, che cerca di ostruire la strada alle sue teorie troppo innovative, e Papa Lucio III che, vista la sua capacità di interpretare la Bibbia, gli concede libertà di scrittura. Uno dei momenti più significativi del film è il confronto con un altro personaggio storico di grande rilievo: Costanza d’Altavilla. In questa scena, la regina si reca da Gioacchino per confessarsi, e i due attori recitano parole tratte direttamente dalle fonti storiche, donando un senso di autenticità al dialogo.

Il monaco che vinse l’Apocalisse, film per una nicchia specifica

Immagine tratta da Il monaco che vinse l'Apocalisse. Il giovane Joachim, prima di diventare monaco, ha una visione dello spirito della natura con cui riesce a comunicare. Lei a sinistra seduta su una pietra, lui a destra che raccoglie acqua dal fiume

Il film di River risulta talvolta pesante e la sua comprensione non è sicuramente aiutata dalle visual in 12k, in quanto, tra le altre cose, Il monaco che vinse l’Apocalisse è il primo film italiano in questa risoluzione. Le immagini, riprodotte su un dispositivo nella media, alterano la percezione filmica e risultano fasulle, come se tutto il film avesse una patina di CGI. Si ha lo stesso effetto guardando Lo Hobbit, girato in 48 fps piuttosto che nei normali 24: l’occhio umano non è abituato a queste velocità di riproduzione o definizione e quindi percepisce qualcosa che non torna.

Oltre a questa problematica insita nella concezione del film, Il monaco che vinse l’Apocalisse risulta comunque inadatto per lo spettatore medio. L’introduzione al personaggio di Joachim è piacevole, si empatizza con la sua volontà di seguire nuove strade rispetto a quelle ben delineate di allora. Tuttavia, quando si inizia a parlare di teologia e di interpretazioni che vanno contro quelle della Chiesa di allora, risulta molto complicato seguire a dovere la trama.

Questo film, sicuramente adatto ad appassionati di storia e filosofia, si tradisce sul finale, dove cerca di portare nella realtà le metafore espresse dal monaco nei suoi scritti. Il monaco che vinse l’Apocalisse è un film di parola: mettere una scena d’azione (tra l’altro girata con della CGI mediocre) smorza lo sforzo narrativo portato avanti fino a quel momento e rende difficile capire quale fosse il target del film.

Il tentativo di River è ammirevole: viene portata sullo schermo una figura che per la prima volta aveva dato una visione positiva al terrore raccontato da Giovanni nel suo libro, dando una speranza per il futuro a chiunque credesse negli scritti. Le visioni di Gioacchino rappresentano momenti di forte connessione con il personaggio, evocando per certi versi un altro film dedicato a un grande riformatore della Chiesa, cioè Luther – Genio, ribelle, liberatore, incentrato su Martin Lutero. Tuttavia, nonostante queste suggestioni e alcune interpretazioni di rilievo, come quella di Francesco Turbanti nel ruolo del protagonista, il film non riesce a rendere appieno la straordinaria forza che ha caratterizzato le battaglie di Gioacchino da Fiore nel corso della sua vita.


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Dalla prima cassetta di Spielberg che vidi a casa di nonna, capii che il cinema sarebbe stata una presenza costante nella mia vita.
Una sala in cui i sogni diventano realtà attraverso scie di luce e colori è magia pura, possibilmente da godere in compagnia.
"Il cinema è una macchina che genera empatia", a calarmi nei panni degli altri io passo le mie giornate.

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