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Margini, l’epica punk della periferia italiana

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13 minuti di lettura

Ai margini è tanto una geolocalizzazione che un posizionarsi sentimentale. Ai margini di cosa? Di tutto il resto.

Margini è il primo film diretto da Niccolò Falsetti, ideato con Francesco Turbanti, uscito nel 2022 e presentato in concorso alla Settimana Internazionale della Critica della 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ora disponibile sulla piattaforma Paramount +.

Ai margini

Margini

C’è una periferia ancora più lontana che non fa mai notizia e non ne sentirai parlare” cantano Gli Ultimi, incipit perfetto anche per il film di Falsetti e Turbanti, un film che parla della periferia in cui è ambientato, Grosseto, ma anche di tutte le altre che non vengono nominate perché non serve nessun nome di riconoscimento, periferia è ovunque ed è tutta uguale.

Così anche Margini potrebbe essere ambientato in qualsiasi paese disperso per l’Italia, le dinamiche e i concetti non sarebbero differenti. Margini parte da una storia autobiografica dei due autori ma diventa qualcos’altro, una polaroid sbiadita su un momento del passato, un autoritratto di una scena musicale underground, la rappresentazione dello stato d’animo in cui si ritrovano molti adolescenti e alcuni non più adolescenti. La scrittura e la realizzazione del film hanno richiesto quasi dieci anni di lavoro ma il risultato non lascia nulla al caso e rispetta del tutto l’intento originario, ossia, realizzare un film sulla scena hardcore punk italiana.

Wait for nothing è il nome del gruppo punk protagonista, tre ragazzi di Grosseto ognuno diverso dall’altro ma accomunati dall’amore per quella musica, quel movimento, quel modo di vivere. “Non posso permettere che giornali e TV mi dicano cos’è il punk. Non si tratta solo di borchie, anfibi e creste colorate. Non lo puoi trovare nei club, nelle discoteche e forse neanche più nei centri sociali. Non è un fenomeno giovanile, non è una delle tante mode del momento. Il tempo mi sarà testimone” cantano a un certo punto i Wait for nothing prendendo in prestito le parole ai Colonna Infame Skinhead.

La loro storia è quella di chi ha un sogno talmente grande che è disposto a tutto per realizzarlo, il loro è quello di poter sempre continuare a suonare, magari davanti a un pubblico e non davanti a tre anziani del paese che non sanno neanche cosa sta succedendo. Quando sfuma l’occasione di aprire il concerto di un grande gruppo americano, i tre decidono di cambiare le carte in tavola, di tentare il tutto per tutto e decidono di chiamare quello stesso gruppo a Grosseto. Margini parte da qui, da un rimando autobiografico a Falsetti e Turbanti, che fanno parte del gruppo punk dei Pegs e nel 2007 riescono a portare i Madball, gruppo hardcore americano, a Grosseto.

Ma anche cercare di realizzare un concerto punk da 300/400 persone è un’impresa titanica a Grosseto. Lo sa bene chi è cresciuto o vive in provincia quanto ogni iniziativa sia percepita come folle, quanto non ci siano mai fondi, ci sia sempre ogni sorta di problema. Cercare di spostare il centro verso i margini è assurdo, infattibile. Mentre tentano in tutti i modi di dare vita al concerto i tre protagonisti crescono, il loro rapporto evolve sullo sfondo di una provincia che resta sempre immobile, sempre uguale.

Crescere

Margini

Michele (Francesco Turbanti), Edoardo (Emanuele Linfatti) e Iacopo (Matteo Creatini) sono i tre componenti del gruppo Wait for nothing, amici da sempre come è facile esserlo in una piccola realtà dove ci si conosce tutti, attraverso di loro vediamo sullo schermo tre modi diversi di affrontare l’obbligo di crescere e un diverso modo di rapportarsi con la provincia.

Per tutti e tre la musica (la musica punk) è IL modo per svoltare, per farcela, per riscattarsi, ma messi alle strette le differenze diventeranno più grandi. Crescere vuol dire fare i conti con la realtà che ti circonda, venirne a patti o lottare per mantenere la propria personale integrità. In questo Margini è anche un racconto di formazione che si sofferma su quel momento della vita dei protagonisti in cui non si è più adolescenti da un po’ ma non ci si sente nemmeno adulti, che più che un’età anagrafica è un’età mentale.

C’è un’altra frase sempre degli Ultimi che condensa perfettamente questo momento delle vite dei tre: “L’amore e ancora l’odio e la voglia di fuggire questa è la mia gabbia ma non me ne voglio andare”. La crescita di ognuno di loro è per forza di cose legata al posto in cui vivono, un paese dormiente dove le possibilità sono poche o nulle e in cui sembra che il riscatto sia impossibile.

Dentro Margini, c’è chi parte cogliendo al volo una possibilità, per poi però pagare lo scotto di essere percepito come il venduto, l’approfittatore, il traditore. C’è chi di andare via non ne ha mai sentito la necessità perché, anzi, sente quell’attaccamento viscerale a un luogo che è casa e gabbia insieme. C’è anche chi la domanda non se l’è mai neanche posta, eterno adolescente che di crescere non ha mai avuto l’intenzione.

È la paura di aver rischiato grosso e di aver perso tutto. E tutto si fa buio, tutto si fa scuro, è solo fango e rabbia. E all’improvviso tanto dolore. Col vuoto in bocca”, cantano gli stessi Pegs in Palude, parola che spesso ritorna nel film per riferirsi alla città di Grosseto, una palude in cui è facile essere risucchiati, una palude che ti intrappola e ti trascina sempre più giù. Ma chi rimane, alla fine, riesce a uscire dal fango, la provincia d’altronde può anche essere casa, come il punk.

Sognare troppo in grande, la narrazione del fallimento in Margini

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C’è un momento di Margini in cui la madre di Edoardo, rivolgendosi al figlio, dice che è giusto sognare, ma a volte bisogna sognare in piccolo. Un duro colpo diretto allo stomaco, uno di quelli che fa più male, perché una parte di te pensa anche lei che il sogno del punk sia impossibile. Lo grida anche Iacopo in faccia a Michele e il momento segna la loro rottura.

Ma nei sogni piccoli che cosa ci sta dentro? Margini è un racconto di formazione amaro, deludente, perché la crescita dei protagonisti corrisponde con la loro presa di coscienza che non sfonderanno mai con l’hardcore punk, né a Grosseto né in nessun’altra parte d’Italia. Ma non importa. Se per una sera puoi comunque pogare sei libero.

Margini in questo è in pieno un’ode al punk come approccio alla vita: non importa il successo, non importano i soldi, non importa nulla se non sentirsi liberi e coerenti con sé stessi, non compromessi ma fedeli alla linea. Falsetti e Turbanti decidono di percorrere una strada diversa dai soliti film del genere e non raccontare un finale con successo, un’amicizia che trionfa su tutto. I nostri protagonisti sono rimasti in due, Iacopo ha tradito il punk con la musica classica: a tal proposito, bellissima la scena dell’arrivo del treno, stereotipo visto più volte, che però quando parte rivela una panchina vuota che fa crollare anche la speranza di noi spettatori.

Gli autori ci raccontano una storia diversa dalla narrazione mainstream degli ultimi anni che risponde allo slogan che se vuoi puoi, che se ci credi davvero e ti impegni molto alla fine ce la fai. Non è così. Margini sceglie la narrazione del fallimento, racconta la storia di chi pur credendoci fortissimo e impegnandosi ancora di più, comunque, non ce la fa a sfondare e a rivalersi sulla provincia.

Se bruciasse la città

Margini

Alla fine del film Edoardo e Michele sono ancora insieme nonostante tutto, il giorno dopo il grande concerto vivono quel contrasto che, nuovamente, chi è cresciuto in provincia conosce molto bene, in cui l’esaltazione per ciò che è successo la sera prima si scontra con la noia della quotidianità di una città che non cambia mai, è sempre uguale un giorno dopo l’altro. Massimo Ranieri canta Se bruciasse la città e dà voce ai sentimenti degli ultimi rimasti, la contraddizione che determina il loro rapporto con la vita e con il luogo in cui vivono. Una città che vorrebbero bruciare ma in cui alla fine tornano sempre, nonostante le porte in faccia e le possibilità inesistenti.

Per concludere, l’elemento centrale, sembra banale dirlo, è la musica, la musica punk, la musica suonata. Prendono parte alla colonna sonora molte band della scena punk hardcore italiana: Pegs, Negazione, Klaxon, Colonna Infame Skinhead, Gli Ultimi, Payback, Rappresaglia, Coloss, La Crisi, Kina, Nabat. La musica è sempre diegetica, ossia interna alla narrazione del film e i Payback compaiono nel film interpretando il gruppo inventato dei Defense.

Margini racconta gli ultimi con una delicatezza e una vicinanza al vero rarissime in Italia. I due autori riescono nella costruzione di un immaginario estremamente solido che avvicina moltissimo lo spettatore e, anzi, lo fa immergere completamente nella realtà filmica. Il film è già un piccolo gioiello italiano, realizzato con sapienza e amore e si percepisce tutto il sentimento degli autori. Il consiglio è di recuperarlo, entrare in questo mondo punk un po’ scanzonato e un po’ amaro e farlo proprio.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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