Ilo Ilo, l’Oriente tra relazioni umane e apparenze sociali

Un film che si intrufola nelle crepe di una famiglia medio borghese

5 minuti di lettura

Anthony Chen ha costruito il suo primo lungometraggio Ilo Ilo (Mamma e papà non sono a casa in originale) con un espediente narrativo frequente ma funzionale: fare un passo indietro nel passato per parlare del proprio presente. Circoscrivere la storia in un punto preciso permette di cristallizzarla nel tempo e di essere il riflesso di storie non ancora successe, lo specchio di un futuro che tende a ripetere quello che ha già vissuto. Ilo Ilo per raccontare la Singapore del 2013 si sposta quindici anni prima, nella piena crisi economica asiatica di fine millennio dove le crepe sociali e la complessità delle relazioni umani hanno trovato lo spazio per amplificarsi e proliferare.

Guarda Ilo Ilo in streaming su NPC Watch, la piattaforma curata dalla redazione

Ilo IloCaméra d’or per la migliore opera prima alla sessantaseiesima edizione del Festival di Cannes e disponibile sulla piattaforma NPC Watch, si inserisce all’interno di una famiglia borghese per estrapolare tramite l’analisi dei suoi protagonisti le le trappole dell’ambiente familiare e le ipocrisie di una società costruita troppo sull’apparenza.

Una storia di silenzi e parole sospese

Ilo Ilo NPC Magazine

Anthony Chen si intrufola nella vita di una piccola famiglia medio borghese di Singapore. Il padre Teck dopo vent’anni nel settore commerciale ha perso il lavoro e non ha il coraggio di confessarlo alla moglie Hwee Leng, lavoratrice incallita incinta del secondo figlio e con il primogenito Jiale di dieci anni che crea costantemente problemi. Una famiglia che vive tra silenzi e parole sospese, tra segreti e contraddizioni, ma che si tiene unita per apparire all’esterno come un microcosmo ancora in salute. A sparigliare i fragili equilibri è Teresa, una giovane filippina assunta dalla famiglia per occuparsi della casa e soprattutto dell’indisciplinato Jiale. 

Un arrivo che all’inizio si rivela difficoltoso e ostico, la buona volontà della babysitter si scontra con il carattere acerbo del bambino, ma lentamente il rapporto tra i due riesce a diventare sempre più profondo e costruttivo in un ambiente familiare che invece continua a soccombere tra problemi economici e barriere sociali invalicabili. La disoccupazione del padre e il suo arrangiarsi con piccoli lavori causerà problemi alla famiglia, la lontananza della madre verso il proprio bambino farà nascere in lei una forte gelosia verso Teresa, l’unica che riesce a tenere unite le fila di quel piccolo nucleo sempre più al collasso. Collasso di un microcosmo che coinciderà con quello dell’intero paese, dove le piccole crepe di una famiglia si uniranno alle enormi crepe di un intero continente

Ilo Ilo è un film grezzo, ma funziona

Ilo Ilo NPC Magazine

Ilo Ilo è un film grezzo, è ancora il primo passo di una poetica cinematografica in divenire, ma è un progetto che riesce a raggiungere sempre i punti che ha intenzione di sviscerare. Da un lato esamina il sistema chiuso di una famiglia disfunzionale, la difficoltà di relazionarsi con l’altro, la distanza sociale tra genitori e figli, dall’altro espande questo sistema chiuso verso un ragionamento sulle criticità dell’Oriente. Dove lo status sociale e l’apparenza materiale sono più importanti del dialogo e del confronto non esiste possibilità di creare una società sincera e costruita su fondamenta solide. La famiglia che Anthony Chen descrive è persa in tutte queste sovrastrutture e viene salvata dall’arrivo di Teresa, l’unica disposta a fare un passo verso l’altro senza sotterfugi o secondi fini.

Ilo Ilo è un film sulla crisi. Sulla crisi tra le mura di casa e la crisi del mondo al di fuoriIlo Ilo con la sua semplicità indaga le maschere e le ipocrisie dell’essere umano, le sue contraddizioni con sé stesso e con ciò che lo circonda. Fa un passo indietro nella storia per mostrare il disfacimento morale dell’Oriente nel suo inseguimento verso un Occidente lontano e troppo diverso, Ilo Ilo fa un passo indietro per spiegare meglio l’oggi, un presente dove le relazioni umane continuano a diventare sempre più complesse e difficoltose.


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Il cinema e la letteratura sono gli unici fili su cui riesco a stare in equilibrio. I film di Malick, Wong Kar Wai, Jia Zhangke e Tarkovskij mi hanno lasciato dentro qualcosa che difficilmente riesco ad esprimere, Lost è la serie che mi ha cambiato la vita, il cinema orientale mi ha aperto gli occhi e mostrato l’esistenza di altre prospettive con cui interpretare la realtà. David Foster Wallace, Eco, Zafón, Cortázar e Dostoevskij mi hanno fatto capire come la scrittura sia il perfetto strumento per raccontare e trasmettere ciò che si ha dentro.

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