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Jigen Daisuke, lo spin-off del pistolero più celebre del Giappone

6 minuti di lettura

Jigen Daisuke, uscito recentemente su Prime Video, è il film spin-off che racconta un’avventura solitaria del braccio destro di Lupin III che torna in Giappone per riparare la mitica Combat Magnum da un’esperto armaiolo: scopre che il leggendario fabbro Yaguchi altri non è che un’anziana orologiaia che si è tolta dal giro della malavita e si rifiuta di riparare la sua Smith&Wesson. L’anziana, seppur con molte remore, in cambio della riparazione della pistola, chiede a Jigen di accudire e sorvegliare Oto, una misteriosa bambina, legata al boss del città di Deigyo-Gai e vittima di esperimenti mirati a sintetizzare una nuova e potente sostanza in grado di dare l’eterna giovinezza.

Dopo molte riparazioni e avventure, la pistola di Jigen devia i proiettili e non centra più il bersaglio: il tiratore scelto decide di ritornare nella terra d’origine per cercare un leggendario artigiano in grado replicare e riparare qualsiasi arma. Dovrà scendere a pericolosi compromessi e imparare a prestare attenzione a ciò che non ha mai ascoltato: l’incontro con una bambina smusserà il suo temperamento scontroso e gli darà un occasione per combattere per qualcosa di più importante di una taglia o un tesoro.

Jigen Daisuke, un sicario tenebroso dal cuore tenero e l’appetito insaziabile

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Tetsuji Tamayama riprende il ruolo dell’amico di Lupin, già interpretato nel primo film live action del 2014. Si trova molto a suo agio nel ruolo già rivestito e ne cura i dettagli con passione e precisione: come il personaggio è burbero, audace, ossessivamente attaccato alle sue sigarette storte della Pall Mall e divora ogni pasto in modo osceno e vorace. In Jigen Daisuke si vede come il suo codice morale sia ferreo e solido e di fronte alla salvaguardia di una bambina, non esitando ad affrontare orde di tirapiedi e killer professionisti.

A tratti si può vedere qualcosa di Leon, specialmente dal punto di vista della sua interpretazione del killer a sangue freddo ma dall’animo gentile, in salsa teriyaki. I villain e i coprotagonisti non sono da meno e affini nell’ispirazione seppur sembrano usciti da un film di Miike e Sono: la pallida boss criminale Adele,le cui fattezze sono di Yoko Maki, attrice nota per le collaborazioni con il regista Kore-eda, e il camaleontico Kawashima, interpretato dal Masatoshi Nagase di Paterson, hanno un’aria soprannaturale e inquietante e sembrano usciti da un fumetto horror o da un film della saga del ladro. Entrambi presentano particolari fisici e caratteri megalomani e perversi che li disumanizzano e li rendono fumettistici.

Note di merito all’interprete della vecchia orologiaia e della bambina, le cui prove attoriali risultano molto esagerate ma al contempo tenere, in particolare quella della bambina che rappresenta in toto il trauma della violenza attraverso il suo silenzio o balbettio, realisticamente riconducibili all’afonia psicogena, reazione dovuta ad una forte e negativa esperienza psicologica.

Un action che manca la mira e non toglie il fiato

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Jigen Daisuke riprende le atmosfere dei film tratti dalle opere di Monkey Punch: ambienti urbani scuri e criminali contrapposti a solitarie e immense spiaggie o luoghi sperduti come il tiro a segno nel deserto americano. La fotografia ha toni caldi per i protagonisti e asettico e straniante per i covi o il laboratori sotterranei dei boss della città di Deigyo-Gai. Visivamente sono quadri e inquadrature da fumetto ma ciò che non spinge nel modo giusto è una regia che si perde nel paesaggio e nell’inquadratura.

Se c’è un rispetto fedele riguardo all’ambientazione e alla scrittura dei personaggi, il ritmo dell’azione della storia, in dettaglio nei tratti che dovrebbero essere ad alta tensione, sono lenti e a volte spenti e gli effetti speciali non salvano la situazione in questo caso. Visivamente valida alla visione, la pellicola manca a volte il mordente sull’azione e risulta meno vivace di quel che si aspetta da un film della saga.

Ciò influisce sugli attori che sembra si sforzino a bucare lo schermo e di essere troppo impostati nei loro ruoli. Per gli appassionati il film è godibile come una qualsiasi storia della saga del ladro ma può essere un ostacolo per chi non conosce o non apprezza a pieno l’universo di Lupin III.


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Dal 1995 inseguo sogni e mostri. Che siano di plastilina o di pixel. Quando mi fermo scrivo poesie, giro qualche video e se riesco mi riposo cucinando una torta di ciliegie con un buona tazza di caffè.

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