È estate in America nel 1984 quando esce nelle sale il film che darà il via alla febbre delle arti marziali in tutto il mondo: The Karate Kid (originariamente uscito in Italia con il titolo Per vincere domani – The Karate Kid), diretto da John G. Avildsen, già regista del primo Rocky oltre che di Rocky V, e scritto da Robert Mark Kamen, frequente collaboratore di Luc Besson e che firmerà anche molti film d’azione.
Nel cast sono presenti il giovanissimo Ralph Macchio, già noto per il film The Outsiders di Francis Ford Coppola (in Italia uscito con il titolo I Ragazzi della 56a Strada), Noriyuki “Pat” Morita, la cui interpretazione nel film gli valse la nomination agli Oscar, Elisabeth Shue, volto noto ai fan di Ritorno al Futuro e The Boys, e William Zabka. The Karate Kid è responsabile per l’ondata di successo dei film di arti marziali in occidente e fece sviluppare un grande interesse per il karate, che si diffuse molto come pratica dopo l’uscita del film.
L’età senza tempo di The Karate Kid
The Karate Kid rimarrà per sempre uno dei numerosi film-testamento degli anni ’80: la sua eterna ingenuità e leggerezza sono tipiche dei film per ragazzini dell’epoca, ma The Karate Kid è anche pieno di momenti toccanti e un po’ epici, nel loro piccolo. Il film regala ancora emozioni nonostante siano passati quasi 40 anni dalla sua prima uscita proprio perché racconta una storia classica, semplice, senza troppi fronzoli, come è tradizione dei film adolescenziali di quella decade.
Basti pensare ai drammi scolastici, alle botte prese dai bulli e alle grandi prime cotte vissute come piccole travolgenti storie d’amore, e poi alle epiche avventure piene di azione e grandi insegnamenti di vita. Sicuramente vengono in mente tanti film diversi, dalle commedie teen di John Hughes a film come E.T. o The Last Starfighter, o comunque il genere di storie a cui Stranger Things ci ha (ri)abituato.
Anche se in The Karate Kid manca l’elemento fantastico o fantascientifico, il cuore del film rimane una storia di formazione, tema sempre caro a Hollywood. Il giovane Daniel LaRusso (Macchio), infatti, si trasferisce con la madre single (altro topos ricorrente nei film anni ’80, riconducibile ad un discorso sociale durante l’epoca di Reagan) dal New Jersey a Los Angeles, dove verrà subito preso di mira da dei bulli della sua età, primo fra tutti Johnny (Zabka), che frequenta il dojo di karate del violento John Kreese (Martin Kove). Contemporaneamente scatterà una scintilla tra Daniel e Ali (Shue), la ex di Johnny. Stufo di continuare a prenderle, Daniel decide di prendere lezioni di karate da Miyagi (Morita), l’addetto alle manutenzioni dell’appartamento in cui abita, nonché grande conoscitore delle arti marziali.
Da qui parte il lungo addestramento di Daniel, a suon di musica anni ’80 e insoliti esercizi, che hanno regalato alcune battute diventate iconiche ed entrate nel lessico comune: il “metti la cera, togli la cera” è rimasto per molti anni il mantra da ripetere durante compiti ripetitivi e faticosi. Anche se sembra difficile pensarlo, in realtà The Karate Kid non presenta molte scene di azione, e anzi le stesse scene dell’addestramento sono composte da esercizi semplici e quotidiani, come lavare la macchina e verniciare la staccionata. Le uniche vere scene d’azione sono le occasionali baruffe tra i bulli e Daniel e il vero e proprio scontro finale del Torneo.
Infatti, in questa mancanza di violenza si racchiude tutto il messaggio del film: come il Maestro Miyagi ripete molte volte a Daniel, la violenza non è mai la risposta, e imparare il karate solo per vendetta non porta a nessuna soluzione. Il karate serve solo per difesa, non per provocare, una lezione che viene invece storpiata da Kreese, reduce della guerra del Vietnam che insegna ai ragazzini del suo dojo una filosofia di nessuna pietà, e che è disposto a giocare sporco pur di vincere il Torneo e umiliare Daniel e Miyagi.
Anche se alla fine Daniel vincerà gloriosamente il Torneo, con una mossa finale diventata iconica e che ha ispirato tantissimi ragazzini ad imparare il karate, la lezione di The Karate Kid è in realtà semplice e molto zen: bisogna trovare un costante equilibrio personale, sia nel combattimento marziale sia nella propria vita.
La vera storia di Maestro Miyagi
Una curiosità su The Karate Kid che non tutti sanno è che la storia del film è pesantemente ispirata alla vera storia dello stesso sceneggiatore Robert Mark Kamen. All’età di 17 anni, infatti, Kamen fu picchiato da dei ragazzi dopo la Fiera Mondiale di New York del 1964 e decise di studiare le arti marziali per potersi difendere. Dopo aver avuto un primo maestro che insegnava le arti marziali come strumento di violenza e vendetta, cambiò dojo e cominciò a studiare e praticare il Gōjū-ryū, uno stile di karate che alterna tecniche dure a morbide (a mano chiusa e diretta e a mano aperta e circolare). Il secondo maestro di Kamen non parlava bene inglese, ma fu uno studente di Chōjun Miyagi, il fondatore della scuola Gōjū-ryū.
Si notano immediatamente le assonanze con eventi e personaggi di The Karate Kid: non solo il personaggio interpretato da Morita prende il nome stesso del Maestro Chōjun Miyagi, ma anche Kreese è stato ispirato ad un personaggio realmente esistito, il primo maestro di Kamen, con le sue idee violente e rancorose. Se quindi il conflitto tra il dojo Cobra Kai e gli insegnamenti di Miyagi nel film potevano sembrare un non troppo sottile confronto/commento socio-politico tra occidente e oriente, in realtà (o non solo) si tratta semplicemente della diretta esperienza dello sceneggiatore del film. Una piccola curiosità che aggiunge più storia e retroscena alla mitologia di The Karate Kid.
L’eredità di The Karate Kid e Cobra Kai
La saga di The Karate Kid continuerà piano piano, fino a diventare un vero e proprio franchise americano, partendo dapprima con ben con tre sequel: The Karate Kid Part II e The Karate Kid Part III, usciti nel 1986 e 1989, sono sequel diretti del primo film, e presentano di nuovo alla regia e alla sceneggiatura gli stessi John G. Avildsen e Robert Mark Kamen, mentre The Next Karate Kid, uscito nel 1994, cambia regista, sceneggiatore e tutto il cast, ad eccezione di Morita, che rimane il cuore della saga e diventa il mentore di una nuova studentessa, nientedimeno che Hilary Swank, qui al suo primissimo film. Verrà infine realizzato un remake nel 2010, con Jaden Smith nel ruolo dell’apprendista e Jackie Chan in quello del mentore.
In ambito televisivo il franchise di Karate Kid sforna anche una serie animata nel 1989, che si discosta molto dai toni realistici dei film per privilegiare ambientazioni più avventurose e fantastiche, tanto da essere stata considerata non-canon dagli stessi creatori. Inoltre, nel 2018 esordisce su YouTube Red la fortunatissima serie Cobra Kai, di cui è uscita da poco la quarta stagione su Netflix. La serie segna il ritorno di molti membri del cast originale a riprendere i loro ruoli, tra cui il Karate Kid in persona Ralph Macchio e William Zabka, oltre a facce nuove che rappresentano la nuova generazione di Karate Kids e di Cobra Kai, appunto.
La serie fa parte del revival degli anni ’80 iniziato verso la metà della decade scorsa e che sta ancora oggi mostrando le ultime scintille di vita. Non è infatti un caso che Netflix, produttrice di serie come Stranger Things e GLOW, abbia ottenuto i diritti della serie dopo il suo iniziale successo sulle piattaforme di YouTube. Cobra Kai si rivela una formula vincente perché mischia conflitti vecchi e nuovi, minacce dal passato che si mischiano a quelle del presente, accontentando sia i fan vecchi che i nuovi arrivati.
The Karate Kid ha anche generato diverse imitazioni di serie B in America, ma anche l’Italia non ha esitato a cavalcare l’onda del successo del genere, e nel 1987 esce Il Ragazzo dal Kimono d’Oro, con Kim Rossi Stuart ai suoi primi esordi. L’influenza che The Karate Kid ha avuto nella cultura pop e nella mente di un’intera generazione è impressionante e continua ancora oggi a colpire ed ispirare le nuove generazioni, grazie a Cobra Kai. I primi due film della saga e la serie sono disponibili su Netflix.
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