In un’isola sperduta dell’oceano Indiano, un ragazzo ha un sogno: diventare un cantante famoso. Le Petit Piaf, in uscita il 4 maggio in Italia, è un film che vuole raccontare ai più giovani una storia di sentimenti e condivisioni, di legami familiari e amicizia, il tutto condito dalla musica. Una storia di formazione musicale che sotto la leggera commedia riesce a far passare messaggi importanti.
La trama di Le Petit Piaf
Ambientato in un villaggio sull’isola della Réunion, Nelson, 10 anni, sogna di diventare un cantante famoso e si è iscritto al programma televisivo Star Kids. La sua amica Mia, che insieme al fratellino non ha più una casa, cerca di trovargli un mentore che lo aiuti a prepararsi per la competizione, con l’obiettivo di far vincere Nelson per poter poi andare a vivere tutti insieme.
Nell’albergo dove lavora la madre di Nelson alloggia Pierre Leroy, un burbero cantante a fine carriera che si trova li per allontanarsi dalle sue responsabilità in Francia. Grazie all’insistenza di Mia, Leroy accetta di preparare Nelson a livello vocale in modo da poter competere a Star Kids. Seguiremo quindi le lezioni di canto e l’amicizia che nascerà tra questi personaggi.
Un film divertente e scanzonato
Le petit piaf è divertente e scanzonato, costruito tutto sui personaggi, abbozzati ma scritti bene. Ne sono molti e ognuno ha il suo spazio. Dal tassista Hubert alla madre di Nelson, da Leroy al proprietario dell’hotel. Ogni personaggio, compresi i membri dello staff dell’Hotel, sono caratterizzati, seppur superficialmente, in modo convincente e simpatico, creando nello spettatore divertimento e voglia di continuare a vedere le dinamiche che si creano.
Le sequenze più riuscite sono quelle delle lezioni di canto. Intrattengono e divertono soprattutto grazie al talento di Marc Lavoine, che porta in scena questo Pierre Leroy stufo e stanco di sé stesso, che rivede nel piccolo Nelson la passione per la musica perduta che un tempo aveva. Anche il Nelson di Soan Arhimann (vincitore dell’edizione francese di The Voice Kids) convince per la chimica che ha con il personaggio di Leroy, nonostante spesso gli altri personaggi gli rubino la scena.
Oltre ai già citati protagonisti, i due personaggi più memorabili sono, il proprietario dell’albergo, un uomo indaffarato nel cercare di garantire un lavoro a tutti i suoi dipendenti nonostante i debiti e Hubert e il tassista che accompagna Leroy in giro per l’isola, tra una massima filosofica buddista e l’altra. Oltre a questi due anche Mia e il suo fratellino riescono a emergere con simpatia e curiosità.
Le petit piaf e la forza dell’industria cinematografica francese
Il regista Gérard Jugnot confeziona quindi un buon film di intrattenimento spigliato, simpatico e tenero. La fattura è buona, frutto della macchina cinematografica francese, che riesce a dare dignità a una storia che in Italia sarebbe finita sul piccolo schermo. La musica è inserita nei momenti giusti e il film coglie il suo obiettivo commerciale: far conoscere Soan Arhimann e la sua canzone, che rimane in testa, anche e soprattutto per la bravura del giovane cantante, personaggio che trova infatti la sua vera dimensione nelle scene musicali e di canto.
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Le Petit Piaf riesce quindi attraverso questa freschezza a raccontare una storia di sentimenti e legami, una storia di formazione diretta ai più giovani, che mette al centro il rapporto tra sogni e rapporti familiari, approfondendo anche la vita strana e paradossale in un’isola turistica come quella di Réunion. Vediamo infatti alcuni cenni su strutture turistiche in chiusura e in generale una delle linee del racconto ci mostra i debiti che l’Hotel al centro della storia deve affrontare.
Le Petit Piaf non è sicuramente esente da alcune ingenuità di scrittura che rientrano perfettamente nel clichè che il film racconta, cioè la storia di un ragazzo di talento, che nonostante le avversità famigliari, spiccherà il volo. Una storia sicuramente già sentita, ma che riesce a mostrarsi e raccontarsi nel modo giusto e con il giusto ritmo, divertendo con musica e buone interpretazioni.
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