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film 2022

Lettere di natale, lettere d’autore! Inizia dicembre

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4 minuti di lettura

Diceva Eisenstein: ci sono lettere da bere avidamente. Non tutte, solo quelle degli artisti. Come Michelangelo, che per mesi scrisse dell’innaturale posizione a cui lo costringevano le volte della Cappella Sistina. Dolori, incertezze, muscoli tesi a reggere lo sforzo. Le lettere degli artisti svelano le vertigini da cui nascono le idee. Eisenstein non aveva dubbi nel considerare il cinema iniziatore di un nuovo rinascimento. Parole per il domani di cui sentiamo l’insostenibile peso del tempo. Ma nell’anno in cui Jean Luc-Godard mette un punto alla sua storia del cinema, dobbiamo considerare le lettere consegnateci dal secolo che in quest’arte vide una nuova Firenze. Queste stesse storie sono oggi le vere protagoniste di una florida stagione di memoir d’autore.

Film sui registi, che sono film sui film. Nell’esatta maniera di Serov, che scriveva di Pittura anche solo dicendo “io”. Guardando a dicembre ne contiamo già due. Spielberg e Inarritu. Bardo e Fabelsman. Lettere d’artista. Come il Licorice Pizza di Anderson (capitolo importante di un anno imprevisto) e l’ultimo Sorrentino. Lettere pubbliche, affidateci per una grafologia dell’immagine. Sono Souvenir (parola di Joanna Hogg). Lo sguardo attento riconosce i falsi, persino gli insinceri. Inarritu tra i primi indiziati. Il suo film è una lamentela fuori luogo e vittimista. Eppure anch’esso svela qualcosa di inedito su un autore che raccontandosi (male) rivela ciò che voleva nascondere.

Woody Allen, che di raccontarsi non si è mai stancato, ma che non manca del senso del tempo e delle mode, ha ironicamente titolato la sua biografia A proposito di niente. Di questi niente, però, ne beviamo volentieri – avidamente – in bicchieri ampi; lunghi sorseggi. Spielberg racconta Spielberg: un sogno cinefilo quasi stucchevole. Proposta irresistibile e romantica.

Alcune lettere d’artista non arrivano ai grandi schermi secondo il flusso autobiografico ora in piena. La sofferenza di Cameron, promotore di un cinema che è sempre, di più, anche oggi, da inventare, arrivano limpide a pochi giorni dall’uscita di Avatar – La Via dell’Acqua. Dopo 12 anni dedicati ai sequel, le angosce espresse nei confronti del piano marketing dedicato al film scrivono pagine buie di un progetto che non potrà accontentarsi solo di buoni risultati. Cameron non ha intenzione di trasformare la sua saga in uno straordinario incompiuto. Pandora è però per noi il luogo prediletto per chiudere l’anno. Perché è lontana, perché è immaginaria. Perché nonostante tutto, dopo 12 anni, freme ancora.

In attesa di poter leggere gli scritti michelangioleschi del regista di Aliens, e soprattutto di vedere il film (a proposito: 3D sì o 3D no?) chiudiamo l’anno con qualche bilancio. Abbiamo provato la via delle classifiche, ma avvisiamo: non fa per noi. Abbiamo rotto la bilancia e seguito l’istinto. Speriamo non siate d’accordo con noi.


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Studente di Media e Giornalismo presso La Sapienza. Innamorato del Cinema, di Bologna (ma sto provando a dare il cuore anche a Roma)e di qualunque cosa ben narrata. Infiammato da passioni passeggere e idee irrealizzabili. Mai passatista, ma sempre malinconico al pensiero di Venezia75. Perché il primo Festival non si scorda mai.

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