Michael Bay è indubbiamente uno dei personaggi più controversi e dibattuti della Hollywood di oggi. C’è chi lo definisce un autore, dotato di una sua cifra stilistica ben definita e riconoscibile, e chi invece lo reputa un incapace, un uomo che non ha ben chiaro quale sia il vero lavoro di un regista cinematografico. C’è chi ama le sue riprese iper-cinetiche e il suo montaggio velocissimo e confusionario, e chi lo condanna per la durata dei suoi film, le trame incomprensibili o inesistenti, l’umorismo puerile, il sessismo e il ridicolo patriottismo, oltre che per gli evidentissimi product placements e lo spudorato riciclaggio di sequenze e inquadrature da altri suoi film. Un altro dei numerosi marchi di fabbrica del regista è l’esagerata presenza di esplosioni: internet ha addirittura coniato i termini baysplosions e bayhem per definire lo stile adrenalinico del regista. Dunque sorge il quesito: Michael Bay, autore o impostore?
Michael Bay: di chi stiamo parlando
Nato nel 1965 a Los Angeles, Michael Bay viene abbandonato dalla madre alla nascita, e verrà subito adottato da un’altra famiglia. Vive la sua infanzia nella casa in cui in passato aveva abitato Robert Redford, e realizza piccoli film amatoriali facendo esplodere i suoi trenini giocattolo con i petardi (evidentemente la passione per le esplosioni accompagna Bay sin dall’infanzia). Quando trova la sua madre biologica questa gli rivela che suo padre potrebbe essere il regista John Frankenheimer (The Manchurian Candidate, Seconds, Ronin). Un test del DNA smentisce l’ipotesi, ma l’incontro con il regista ispira Michael Bay a intraprendere una carriera nel mondo del cinema.
Inizia a lavorare alla Lucasfilms all’età di 15 anni, aiutando con gli storyboards del primo Indiana Jones, convinto che sarebbe stato un flop. Quando poi lo vede al cinema si ricrede, e decide di diventare un regista cinematografico. Dirige quindi molti video musicali e spot pubblicitari, per cui viene notato da Jerry Bruckheimer, il leggendario produttore dei Pirati dei Caraibi e Con Air, e Don Simpson, socio di Bruckheimer e produttore di Top Gun e Beverly Hills Cop. I due produttori selezionano Michael Bay per dirigere Bad Boys, con Will Smith e Martin Lawrence. Già nel suo primissimo film Bay mostra il suo disprezzo per le sceneggiature, rimuovendo battute e incoraggiando i due attori protagonisti ad improvvisare in quasi tutte le scene.
Il film fu un successo al botteghino, e garantì la continuazione della collaborazione tra il regista e i due produttori: i film successivi di Michael Bay infatti sono tutti prodotti da Simpson/Bruckheimer, tra cui Pearl Harbor e Armageddon, per cui il regista ottiene molte attenzioni e anche molte critiche, che lo accompagneranno per tutta la sua carriera. Tra le lamentele più ricorrenti figurano il montaggio troppo veloce e la durata eccessiva, ma queste critiche non sembrano aver scoraggiato troppo Bay, visto che manterrà queste caratteristiche per tutti i suoi film successivi. Michael Bay è uno dei pochi registi americani ad avere avuto i suoi film candidati sia agli Academy Award e allo stesso tempo ai Golden Raspberry Award, il che rende la sua figura altamente controversa, e i suoi film interessanti da approfondire.
Il 2005 segna il primo film non prodotto da Simpson/Bruckheimer, The Island, e due anni dopo inizia la lunga relazione di amore e odio con i film dei Transformers, che durerà ben 10 anni nel corso di 5 film. Il regista fu scelto da Steven Spielberg in persona per dirigere la saga, anche se all’inizio rifiutò perché reputava un film basato su dei giocattoli “stupido e per bambini”. Si ricredette poco dopo, e appena salito a bordo del progetto aumentò l’importanza dei personaggi militari nella storia, in linea con l’ottica patriottica dei suoi film. In mezzo alla saga fantascientifica realizza altri due film: Pain & Gain nel 2013, dopo aver concluso la prima trilogia, e 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi nel 2016, tra il quarto e quinto capitolo.
Nel 2019 esce il primo film Netflix di Michael Bay, 6 Underground, prodotto dallo stesso team di Deadpool. Il film avrebbe dovuto lanciare un franchise, ma non avendo raggiunto il successo sperato, le possibilità di produrre dei sequel furono accantonate. Quest’anno invece, il 23 marzo, uscirà Ambulance, remake del film omonimo danese del 2005, e segna la prima collaborazione con l’attore Jake Gyllenhaal, che in una recente intervista ha affermato di aver girato lui stesso qualche scena del film. Già dal trailer si può notare un ritorno alla forma originaria di Michael Bay, espressa in un action thriller che sembra già un personale omaggio a Heat di Michael Mann.
Oltre a dirigere, Michael Bay ha anche prodotto numerosi film, specialmente horror: è a lui che si deve l’ondata dei numerosi remake di film cult come The Texas Chainsaw Massacre del 2003 (e il prequel del 2006), The Amityville Horror del 2005, The Hitcher del 2007, Friday the 13th del 2009 ed A Nightmare on Elm Street del 2010. Oltre a questi ha prodotto anche i franchise di The Purge (La Notte del Giudizio in Italia), Ouija, A Quiet Place e gli ultimi film delle Tartarughe Ninja, mentre continua a produrre i film dei Transformers, che hanno ormai preso un’altra direzione dopo la sua dipartita con l’uscita di BumbleBee nel 2018 e con il prossimo Transformers: Rise of the Beasts, in uscita nel 2023.
Da cosa iniziare: The Rock
Anno: 1996
Durata: 136′
Interpreti: Sean Connery, Nicolas Cage, Ed Harris, John Spencer, Michael Biehn, Vanessa Marcil, Bokeem Woodbine, Claire Forlani, Philip Baker Hall
Per iniziare il folle viaggio nel mondo di Michael Bay, niente è più raccomandato di The Rock, diventato oggi un vero e proprio classico d’azione al pari di Con Air e Die Hard. The Rock è il secondo film di Michael Bay, che lavora già con attori del calibro di Nicolas Cage ed Ed Harris, ma soprattutto della leggenda Sean Connery, a cui il film strizza molto l’occhio: visto il passato dell’attore, è inevitabile non riconoscere nel suo personaggio John Patrick Mason un James Bond più scaltro ed invecchiato.
Anche se in The Rock (e nel precedente film Bad Boys) non scaturisce ancora appieno l’estetica ultra-patinata e colorata di Michael Bay, emerge subito invece il manierismo caotico e rumoroso caratteristico del regista: il famoso bayhem appunto. Il film infatti è pieno di inquadrature epiche riprese dal basso, movimenti di macchina iper-dinamici, una colonna sonora incalzante (firmata ovviamente da Hans Zimmer, insieme al suo allievo Nick Glennie-Smith), permeato da una tensione palpabile (insolita per Bay) che scaturisce spesso e volentieri in letterali esplosioni di violenza ed azione (molto solite per Bay). La trama inoltre si svolge nell’ambientazione claustrofobica di Alcatraz, e si basa su una serie di situazioni al cardiopalma che si susseguono l’un l’altra senza un attimo di respiro, tenendo l’azione incalzante ed emozionante, fino al raggiungimento dell’iconico climax finale.
Leggenda vuole che anche Aaron Sorkin e Quentin Tarantino abbiano messo mano sulle prime stesure della sceneggiatura. Non che Michael Bay abbia alcun tipo di rispetto verso le sceneggiature, ma il regista si batté comunque affinché lo sceneggiatore originale Jonathan Hensleigh venisse accreditato nei titoli. The Rock rimane a tutt’oggi il film più universalmente apprezzato di Michael Bay, poiché riesce a mantenere il suo clima di azione pura senza scaturire nel caos incomprensibile. The Rock presenta inoltre una rarità nella produzione di Bay: la costruzione di personaggi memorabili, con grande merito al carisma di Connery, Cage ed Harris.
Con cosa proseguire: Pain & Gain
Anno: 2013
Durata: 129′
Interpreti: Mark Wahlberg, Dwayne Johnson, Anthony Mackie, Tony Shalhoub, Ed Harris, Rob Corddry, Rebel Wilson, Ken Jeong, Bar Paly, Peter Stormare
Pain & Gain rappresenta probabilmente quanto di più vicino alla satira Michael Bay realizzerà mai in tutta la sua carriera. Il film infatti è tratto da un fatto realmente accaduto, come ci ricordano i titoli di coda accompagnati da Gangsta’s Paradise.
La vicenda sarebbe degna di un film dei fratelli Coen, vista la loro passione per i rapimenti: nel 1994 quattro bodybuilders decidono di rapire (dopo ben 6 tentativi falliti), torturare e derubare un ricco frequentatore della palestra Sun Gym, Marc Schiller. Gli inesperti rapitori, dopo aver ottenuto i soldi, tentano di ucciderlo, drogandolo e investendolo con la macchina. Miracolosamente, Schiller sopravvive, e chiede all’investigatore privato Ed Du Bois di investigare sul suo rapimento, mentre lui scappa al sicuro in Colombia con la sua famiglia. Intanto la “Sun Gym gang” fa in tempo a pianificare una seconda estorsione con un altro milionario, che però finisce in tragedia quando uccidono accidentalmente i loro ostaggi, senza ricevere neanche un soldo. Questa è la storia riportata dal giornalista Pete Collins sul Miami New Times.
Per quanto tragica sia tutta la vicenda della Sun Gym gang, è anche così assurda che indubbiamente avrebbe funzionato per una dark comedy cinematografica: d’altronde fatti criminali perpetuati da palestrati incapaci e stupidi promettono un film molto divertente. Peccato che nelle mani di Michael Bay, che tra l’altro ha stravolto la maggior parte dei fatti, si faccia fatica a trovare la vera morale del film, se non qualsiasi tipo di morale: il patriottismo da “sogno americano divenuto realtà” di Bay stona fortemente con la vicenda accaduta, per non parlare poi della mancanza di rispetto che il film mostra nei confronti delle vere vittime.
Ma al di là delle obbligatorie questioni morali, Pain & Gain rappresenta l’anarchia più pura di Michael Bay: la totale mancanza di rispetto e di etica, la satira vuota sul sogno americano che in realtà sotto sotto ammira e quasi glorifica, la violenza e la malvagità più pure che vengono sottovalutate e rese humor. Tutto questo rende Pain & Gain uno spettacolo involontariamente grottesco, così deliziosamente malato da rendere il film una esilarante chicca, divertente nel modo più insolito e convoluto possibile. Solo Michael Bay poteva raggiungere questo livello di assurdo intrattenimento.
Per innamorarsi: Bad Boys II
Anno: 2003
Durata: 147′
Interpreti: Will Smith, Martin Lawrence, Gabrielle Union, Joe Pantoliano, Jordi Mollà, Peter Stormare, Theresa Randle, Michael Shannon
Per molti il capolavoro di Michael Bay, Bad Boys II supera il primo Bad Boys (nonché l’esordio cinematografico del regista) in molti campi: se nel primo film Bay non aveva ancora ben chiaro come esprimere il suo potenziale stilistico, realizzando una action comedy standard e sui generis, in Bad Boys II invece riesce a sfogare tutta la sua creatività, che era ben presente ma ancora molto trattenuta nei precedenti Armageddon e Pearl Harbor.
Folle, sopra le righe, e visivamente spettacolare, in Bad Boys II ci sono molte idee estremamente dinamiche e divertenti: l’esempio più famoso è la sequenza della sparatoria con i criminali haitiani, che con trovate ingegnose applica dei movimenti di macchina molto creativi, girando a 360° attraverso fessure formate da proiettili, e mostrando la sparatoria da entrambi i punti di vista dei poliziotti e dei criminali. La sparatoria è immediatamente seguita dalla prima highway chase girata da Michael Bay, che diventerà una sequenza imprescindibile in tutti i suoi film successivi. Certo, gli inseguimenti in auto sono sempre stati frequenti nel cinema americano, ma solo Michael Bay riesce a girarli e montarli nel suo stile.
È arrivato il momento di provare a definire cos’è il bayhem: come ha sapientemente illustrato il famoso canale YouTube Every Frame a Painting nel suo video essay, il bayhem è composto da riprese altamente dinamiche e cinetiche, e da un montaggio estremamente veloce, il tutto per ottenere un senso di grandiosità e conferire una scala epica alla scena. Nelle scene d’azione il montaggio non deve dare il tempo al cervello di registrare quello che l’occhio vede, in modo da dare allo spettatore l’impressione di essere travolto, sopraffatto: il montaggio veloce ci mostra molta azione concentrata in un breve momento, e poi la interrompe, passando subito ad un’altra inquadratura. Tutto questo in un arco brevissimo di tempo.
Bad Boys II è il primo film di Bay ad applicare così estensivamente questo stile, e lo fa in un modo più pulito e godibile (relativamente parlando) rispetto ai suoi film successivi, dove invece ne abusa all’eccesso, rendendo le sequenze d’azione più pesanti del dovuto. Bad Boys II è per molti versi il capolavoro di Michael Bay, ricco di scene d’azione esagerate e godibilissime, e racchiude tutta l’estetica e la poetica, se così si può chiamare, della cinematografia del regista.
Da cosa non iniziare: The Island
Anno: 2005
Durata: 136′
Interpreti: Ewan McGregor, Scarlett Johansson, Djimon Hounsou, Sean Bean, Michael Clarke Duncan, Steve Buscemi, Kim Coates, Ethan Phillips
Evidentemente la sperimentazione con la fantascienza non è il forte di Michael Bay: in Armageddon le parti migliori del film si svolgono sulla terra, nei film dei Transformers gli elementi più fantastici vengono brutalmente accantonati e/o non approfonditi, e in The Island, film dalla premessa puramente fantastica, Michael Bay fa fatica a trovare il suo stile. Ovviamente appena subentrano le scene di azione, Bay ritrova la sua sicurezza e tira fuori il meglio di sé, specie nelle sequenze di inseguimento in macchina, ma per il resto The Island fa acqua da tutte le parti.
Scritto dal duo Alex Kurtzman e Roberto Orci, sceneggiatori dei primi due capitoli dei Transformers, il film sembra voler essere un omaggio ai film distopici degli anni ’70, come THX 1138 e Logan’s Run, ma fallisce miseramente, risultando scontato e in molte occasioni ridicolo, soprattutto a causa del classico montaggio di Bay, che in un film come The Island risulta fuori luogo. Inoltre un film futuristico richiede un’attenzione particolare rivolta ai costumi, alle scenografie e al reparto artistico. Ma Michael Bay non è fatto per questa ricerca al dettaglio, interessato di più al momento delle riprese e all’azione. Infatti il look della comunità utopica del film è scialba, piatta, vuota, ridotta a giganteschi schermi bianchi e a meno decorazioni possibili. Si può discutere che questa estetica sia stata espressamente scelta per il film, ma si percepisce una certa pigrizia nel vedere un’ambientazione così asettica.
Michael Bay non sa gestire una trama con elementi fantascientifici complicati (se mai questi fossero presenti nella sceneggiatura originale), quindi decide di non approfondirli, anzi se possibile di non trattarli proprio, concentrandosi appena può sull’azione e sulle sequenze dinamiche che tanto ama realizzare. Il film però ha una nota positiva (letteralmente): The Island segna la prima collaborazione con il compositore Steve Jablonsky, allievo della scuola di Hans Zimmer che firmerà le colonne sonore di tutta la saga dei Transformers.
La saga dei Transformers
Anno: 2007, 2009, 2011, 2014, 2017
Durata: 143′, 150′, 154′, 165′, 149′
Interpreti: Shia LaBeouf, Mark Wahlberg, Josh Duhamel, Tyrese Gibson, John Turturro, Megan Fox, Stanley Tucci, Peter Cullen, Hugo Weaving, Frank Welker
Non si può non parlare dei film dei Transformers, poiché hanno accompagnato il regista per ben 10 anni, e per questo racchiudono in molti sensi il meglio ed il peggio della filmografia di Michael Bay: il regista raggiunge picchi altissimi nel terzo capitolo della saga Transformers: Dark of the Moon, che rimane uno dei film visivamente più impressionanti di Bay, e fondi profondissimi nel secondo, Transformers: Revenge of the Fallen, che rimane a tutt’oggi il peggior film di tutta la sua carriera.
Nella lunga e controversa saga dei robottoni cybertroniani è racchiusa tutta la cifra stilistica di Michael Bay: dall’umorismo volgare e sessista alle sequenze d’azione confusionarie, dalla strafottenza per una trama coerente a quella per una cura rivolta al reparto artistico, dall’epicità più assoluta al ridicolismo più becero. Vale la pena, nel caos che rappresenta questa saga, segnalare come il quinto e ultimo capitolo (finito con un cliffhanger grande come un pianeta che non verrà mai risolto) sia in un certo senso l’apoteosi del nonsense di Michael Bay.
Per esempio, la battaglia finale in Transformers: The Last Knight è possibilmente uno dei picchi più alti del regista. Ambientata su enormi zolle di terra sospese nell’aria, in mezzo a nuvole gigantesche, l’azione si svolge su tre piani: i militari a terra, i Transformers sovrastanti che combattono, e le minacce che arrivano dall’alto, astronavi o robot che siano. Il tutto nel solito caos ordinato di Michael Bay, architetto della battaglia finale più creativa e originale degli ultimi 10 anni di blockbusters. Inoltre, per tutta la durata del film, il formato subisce continui, repentini cambi di aspect ratio da un’inquadratura ad un’altra, per ottimizzare e focalizzare la funzionalità e l’estetica di ogni singolo shot.
Attraverso i suoi film Michael Bay si professa un “vero americano”: i protagonisti dei suoi film sono soldati e militari, veri uomini d’azione, che non perdono tempo con le parole come fanno i politici o i burocrati del Governo. E anche Bay è un vero uomo d’azione, proprio come gli eroi nei suoi film: poco interessato ai processi di pre-produzione, alle caratterizzazioni dei personaggi, all’approfondimento psicologico e artistico, Bay preferisce invece presentarsi sul set, girare nel modo più dispendioso e figo possibile, divertirsi, e tornare a casa. Per molti versi, è il regista di blockbuster definitivo, che regala ai suoi spettatori la forma di intrattenimento più pura, composta da azione, caos, movimento, velocità, senza alcun riguardo per una coerenza narrativa, arrivando subito al punto per cui si vuole vedere un film d’azione: l’azione. Pura.
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