Valerio Mastandrea torna dietro la telecamera con il suo secondo lungometraggio, Nonostante, apertura della sezione Orizzonti nell’ultima Biennale Cinema. Il film prosegue il percorso tematico che ha caratterizzato la carriera registica dell’attore romano: l’elaborazione del lutto. Prima con il cortometraggio Trevirgolaottantasette e poi con l’esordio Ride, infatti, Mastandrea ha cercato di riportare sullo schermo un vortice di emozioni– intense, paradossali, avvolgenti – che accompagnano il confronto con la morte, quell’ombra inevitabile da cui l’animo umano tenta costantemente di fuggire.
Il racconto allegorico di Mastandrea
Il film si apre con la routine quotidiana del personaggio interpretato da Mastandrea, che appare subito avvolto da un senso di estraneità. Lo osserviamo muoversi tra i corridoi dell’ospedale e interagire con gli altri pazienti, ma nessuno sembra rispondergli: è un’ombra che vaga tra le mura sterili. L’arrivo di un nuovo personaggio, suo interesse amoroso, diventa l’occasione per spiegare a lei – e quindi anche a noi spettatori– le regole di questa realtà: tutti coloro che popolano la scena altro non sono che le proiezioni immateriali delle persone in coma. Essi attendono, sospesi, il loro destino: il risveglio o la fine definitiva.
Nonostante si apre con leggerezza ma ma ben presto si trasforma in una riflessione profonda sui legami umani e l’esistenza stessa. La sceneggiatura si concentra soprattutto sull’evento cruciale del ritorno alla vita: chi torna nel mondo dei vivi dimentica l’esperienza vissuta nel limbo ospedaliero, cancellando ogni legame nato in quella dimensione sospesa. Per Mastandrea, ciò equivale a sparire del tutto. Dunque lui sceglie (o almeno, prova) a non risvegliarsi, così come a non andare via trascinato dalla morte, rappresentata nel film da una bufera impetuosa. In questo mondo intermedio, irreale ma pulsante di emozioni, trova l’unica esistenza che per lui abbia senso.
Un’introspezione sincera, ma senza troppe sorprese
La scrittura del film cattura l’attenzione dello spettatore per il suo stabilire un mondo raramente approfondito in altri film o media. L’espediente narrativo di una presenza ectoplasmatica introduce con dolcezza alle tematiche fuori dall’ordinarietà cinematografica che Nonostante vuole trattare. Il film rappresenta il limbo tra vita e morte con una sorprendente energia visiva, anche grazie alle interpretazioni di Laura Morante e Lino Musella, che danno calore agli spazi asettici dell’ospedale. Non c’è un abbandono sereno alle folate di vento, perché il film ribadisce con forza un concetto essenziale: l’importanza della vita risiede nel presente, le relazioni con gli altri sono qualcosa per cui vale “vivere.”
Queste tematiche interessanti però si affievoliscono con la durata del film, forse a causa dell’eccessivo pathos e importanza data al personaggio di Dolores Fonzi, amata di Mastandrea. La sua esistenza è radicalmente opposta a quella di lui, ma ben presto la loro dinamica diventa ripetitiva. Anche l’introduzione del personaggio di Giovanni Montanini è da manuale e forse eccessivamente prevedibile: un uomo che può sentire queste presenze invisibili, un collegamento tra il mondo dei vivi e dei morti, utile esclusivamente a far quadrare in tutto per tutto la sceneggiatura.
L’inaspettata leggerezza di Nonostante
A ogni modo, il terzo atto del film è valido anche solo per la presenza di Mastandrea, che da dietro la telecamera sceglie il framing perfetto per il suo personaggio. Una performance vissuta e sofferente, che porta anche lo spettatore più duro ad avere gli occhi lucidi. Il cinema di Mastandrea è sempre stato un dialogo con l’assenza, e Nonostante non fa eccezione. La dedica finale al padre, scomparso nel 2023, segue la scia dei suoi lavori precedenti: in Trevirgolaottantasette il titolo stesso denuncia il numero medio di morti sul lavoro in Italia; Ride, che prosegue idealmente il discorso, termina con una dedica “A chi resta“.
La morte è il filo rosso che lega questi film, ma non è mai solo mancanza o disperazione. Mastandrea non racconta la fine, ma chi rimane, chi trova il modo di esistere nonostante il dolore. E così, se nei suoi primi lavori la risposta sembrava la disperazione, in Nonostante affiora una nuova consapevolezza: la leggerezza di chi accetta, senza dimenticare. In Ride, quando arriva la bomba d’acqua apriamo l’ombrello. In Nonostante, prima o poi dimentichiamo ogni precauzione, lasciandoci andare alle folate di vento.
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