Negli ultimi giorni si è sollevata una questione assai preoccupante per il mondo del cinema hollywoodiano, che sembra, però, specchiarsi anche sulla situazione italiana, seppur in presenza di condizioni assai diverse.
Dal 2 maggio, infatti, migliaia di sceneggiatori dell’industria cinematografica e televisiva sono in sciopero, come annunciato e votato all’unanimità dal consiglio del sindacato degli sceneggiatori Writers Guild of America (Wga).
Sciopero degli sceneggiatori, quali sono i motivi?
Il motivo scatenante sembrerebbe essere stato l’inattività e la non curanza della Alliance of Motion Picture and Television Producers (Amptp), l’associazione dei produttori, di fronte alle richieste del sindacato Wga di rivedere i contratti in scadenza degli sceneggiatori a proposito di un aumento della paga minima settimanale e di maggiori tutele lavorative, soprattutto in riferimento alla maggiore quantità di lavoro non correttamente retribuito e distribuito degli autori e alla sempre più emergente minaccia dell’intelligenza artificiale.
Uno sciopero che sta destando sempre maggiore timore se si pensa alle conseguenze dell’ultimo grande blocco del 2007 – 2008 che ha portato alla perdita di quasi 40.000 posti di lavoro e di 2 miliardi di dollari a danno dell’economia del Paese; dei risvolti disastrosi che hanno coinvolto i più svariati settori lavorativi.
Secondo le previsioni della Wga, moltissimi saranno i programmi che subiranno un blocco o un ritardo in questo autunno, a partire dai reality show, scritti giornalmente, fino a Serie Tv attesissime come Stranger Things, le cui riprese erano appena iniziate.
Una situazione che si è venuta a creare nel tempo quando, anno dopo anno, gli studios hanno visto nel passaggio dalla visione televisiva tradizionale allo streaming una fonte di guadagno unilaterale, che ha infatti danneggiato gli sceneggiatori. Quest’ultimi si sono ritrovati ad avere molto più lavoro a cui dedicarsi – se contiamo che solo lo scorso anno sono state realizzate circa 600 Serie Tv da 6/8 episodi a stagione contro le poche serie di una decina di anni fa costituite da una trentina di episodi che andavano in onda settimanalmente – ma senza un correlato aumento della retribuzione, anzi sembrerebbe esserci stato un calo del 14% circa dello stipendio medio.
Per di più, una grossa problematica è quella legata alle piattaforme streaming come Netflix o Disney+ che hanno ribaltato la questione dei diritti riconosciuti agli autori per la riproduzione, replica e adattamento in altri Paesi della loro opera: queste piattaforme, infatti, non forniscono i dati di riproduzione, impedendo l’attribuzione di un giusto compenso agli sceneggiatori.
Questa problematica è stata sollevata anche in Italia dalla Siae, che tuttavia impiega sempre molto tempo a fornire i dati richiesti, e quando ciò accade, i numeri forniti non vengono contestualizzati col resto delle altre produzioni, lasciando così gli artisti ignari sull’andamento del mercato e della loro opera all’interno di esso.
In Italia, inoltre, a differenza dell’America, non esiste un potente sindacato che rappresenti la sola categoria degli sceneggiatori, ma un’associazione, la 100autori, che riunisce sceneggiatori e registi. Questa cooperativa è, quindi, una realtà ristretta e senza potere; condizione che lascia gli sceneggiatori con tutte le carte in tavola per poter sollevare uno sciopero, senza però avere i mezzi reali per farlo.
Alex O’Keefe, uno specchio di questa crisi
Una triste realtà del mondo hollywoodiano è quella raccontata da Alex O’Keefe, uno degli autori di The Bear: se non provieni da un contesto vantaggioso, la strada è dura da spianare. Lo sceneggiatore rivela, nell’intervista con Michael Schulman, di aver vissuto dei momenti durissimi durante la scrittura della serie. Era, infatti, costretto a lavorare da casa o nella biblioteca più vicina, in periodo di pandemia, senza le comodità necessarie. Dopo mesi, in cui sacrificò tutto se stesso, e dopo aver vinto il meritato premio del sindacato degli sceneggiatori come miglior serie comica dell’anno, quello che è rimasto a lui è stato un conto in rosso e un vestito a noleggio per la cerimonia di premiazione.
Uno sciopero, quindi, più che giustamente motivato e necessario quello degli sceneggiatori, che chiedono solamente che il loro talento venga adeguatamente riconosciuto e ripagato. Numerosi, infatti, sono stati anche gli attori che si sono mobilitati ad appoggiare la loro causa, tra cui anche la famosa Olivia Wilde.
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