Rabbia, vendetta, orrore e voglia di giustizia. Questi sono solo alcuni dei sentimenti che ci pervadono alla visione del capolavoro contemporaneo che è The Handmaid’s Tale. La quarta stagione non è da meno, anzi, si rivela la più brutale e violenta prodotta finora. Scopriamo insieme i punti cardine di questa nuova stagione e dell’intero filone ispirato all’omonima opera di Margaret Atwood.
Da sopravvissuta a vendicatrice, come prosegue The Handmaid’s Tale
La quarta stagione di The Handmaid’s Tale ricomincia da dove ci aveva lasciati la terza. Dopo essere riuscita a far evadere da Gilead un folto gruppo di bambini rubati alle loro famiglie fittizie, June (Elisabeth Moss), deve fare i conti con le ripercussioni delle sue azioni. Gilead infatti non perdona, soprattutto quando si tratta dei “suoi” preziosi figli. La nuova stagione si apre quindi riportandoci subito con i piedi per terra, senza quasi nemmeno il tempo di festeggiare l’agognata, seppur parziale, vittoria. Inizia, o meglio prosegue, la fuga di June, ma gli avvenimenti sembrano fare solamente da sfondo ad un progetto ben più grande che balena nella mente di Difred: la vendetta. Accecata dall’odio quasi folle, l’ancella, è più determinata che mai e nulla sembra più spaventarla, nemmeno le torture incessanti di Zia Lydia (Ann Dowd). La paura fa spazio ad un sentimento di rivalsa che non può più essere contenuto.
Ogni violenza, ogni abuso, ogni trauma sembra essere stato un evento catartico per June, che ha forgiato la sua lucidità quasi delirante nel dolore e nell’agonia. L’ancella ormai nutre la sua voglia di rivalsa con il tormento.
Non si può fuggire da Gilead
The Handmaid’s Tale non è una serie per chi aspira al lieto fine. Anche una volta in salvo in Canada, June, non riesce a liberarsi di Gilead. Tutte le violenze subite la perseguitano e la tormentano, facendola sentire in colpa e al tempo stesso impotente. Ancora più lontana da sua figlia Hanna e da tutte le donne incastrate nel sistema misogino di quella nazione infernale, June, sembra implodere e collassare lentamente.
A questa situazione si aggiunge lo strazio di Luke (O-T Fagbenle), suo marito, che una volta ritrovata la compagna non la riconosce più. Quei traumi e quelle ferite profondissime hanno cambiato per sempre la protagonista che non troverà pace finché giustizia non sarà fatta. Non basta più sapere i Waterford divisi e sotto custodia, June vuole di più. Il crescendo di odio e vendetta culmina con l’ultima puntata della stagione in una scena di vera e propria caccia dove i sentimenti e gli istinti più brutali delle ancelle trovano finalmente sfogo su Fred Waterford (Joseph Fiennes) che diventa simbolo dell’oppressione subita incessantemente per anni.
Distopia, ma non troppo
Ciò che più affascina del genere distopico è la sadicità nell’immaginare i peggiori scenari possibili partendo sempre da aspetti più o meno presenti nella nostra realtà. Ciò che invece spaventa è quanto sia semplice e facile che si verifichino queste assurde catastrofi. Sebbene esasperato, l’intero sistema malato riportato in The Handmaid’s Tale ruota attorno a rapporti di potere e brutalità che fanno parte della nostra realtà quotidiana.
Guerra, disparità sociale, abolizione dei diritti, fondamentalismo religioso, violenza, coercizione. Questi elementi mietono vittime ogni giorno. Quando osserviamo attraverso lo schermo questi eventi così scioccanti e sentiamo il cuore rimbalzarci in gola comprendiamo ancora meglio quanto questi soprusi siano assurdi e gratuiti.
Il sangue che ribolle guardando The Handmaid’s Tale
Perché dunque è giusto che The Handmaid’s Tale ci faccia ribollire il sangue nelle vene? Le ingiustizie che vengono rappresentate all’interno della serie sono esagerate, esasperate e polarizzate, oltre che per il contesto narrativo, per farci comprendere quanto siano assurde ed insensate. La sofferenza e lo strazio, completamente inutili ed evitabili, sono dovuti solo alla smania di potere e di controllo che limitano gli individui. È giusto adirarsi nel vedere chiaramente come ogni individuo sia colpito in qualche modo quando si impedisce alle persone di amarsi e di essere libere. Fa innervosire l’incredibile cecità che i personaggi manifestano davanti ad eventi che ogni essere umano riconoscerebbe come vergognosi e ignobili. Durante la visione di ogni singolo episodio cresce nel telespettatore un’incontenibile voglia di urlare contro lo schermo, di imprecare, di agire a difesa di ogni individuo i cui diritti vengono negati e violati.
Con una recitazione impeccabile, una regia sensazionale e colpi di scena inaspettati anche la quarta stagione di The Handmaid’s Tale si rivela un successo sia come forma che come contenuto. Apprezzabile anche questa nuova spinta più aggressiva e vendicativa che ci fa infuriare e ci fa venire voglia di lottare insieme ai protagonisti. È giusto che la visione di questa serie non sia un passatempo leggero, ma piuttosto un macigno di responsabilità che ci fa spegnere la televisione incazzati.
Seguici su Instagram, Facebook, Telegram e Twitter per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!