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Wong kar-wai

3 film di Wong Kar-wai da vedere se hai amato In The Mood for Love

3 capolavori del maestro del cinema cinese

9 minuti di lettura

In questi giorni di riaperture, in molti cinema verrà proiettato il capolavoro restaurato di Wong Kar-wai, In The Mood for Love. Un film che a suo tempo ebbe particolare successo e riconfermò il grande regista cinese. Ecco dunque un percorso di tre film per (ri)scoprire Wong Kar-wai alla luce di un amore riaccesosi con il suo ritorno in sala.

Chungking Express (Hong Kong Express, 1994)

Partiamo dal film forse più famoso del regista: Hong Kong Express, conosciuto anche con il suo titolo internazionale Chungking Express.

Hong Kong Express ha un che di ariostesco, perché come nell’Orlando Furioso, anche qui le vite e le vicende di più personaggi si intrecciano tra loro, e conclusa la prima vita, incomincia il racconto dell’altra. In particolare, si può dividere il film in due storie, che hanno come elemento comune la presenza di un poliziotto.

Nella prima infatti, il giovane poliziotto matricola 223 conosce in un bar una donna enigmatica e misteriosa, con una bizzarra parrucca gialla, della quale nel corso del film viene svelata la professione.

“Dove vorresti andare?”

“E’ indifferente. Diciamo…dove vai tu.”

Dopo essere stata truffata dai suoi complici che avrebbero dovuto per lei trasportare un grosso quantitativo di droga in un paese lontano dalla Cina, viene inseguita dagli scagnozzi del cartello per cui lavora. Così, prima riesce a scappare, poi si rifà viva nel bar dove vive il capo dei trafficanti che la stava cercando. Qui lo uccide a sangue freddo e scappa via. Quando ormai si trova lontano dal luogo dell’omicidio, decide di riposarsi, così entra in un bar e ordina del wiskey.

Lì vicino è seduto un giovane poliziotto, che si avvicina e prova ad approcciarla. Si trova in quel bar poiché arrivato allo stremo. Dopo aver concluso una relazione un po’ complicata con una ragazza, si trova a dove fare i conti con la solitudine e con la difficoltà a superare davvero il trauma amoroso. Così ci prova, con la prima che vede, che si dà il caso essere la donna della parrucca.

Un film molto particolare, che vede questo intreccio tra vite completamente diverse, che alla fine, in un modo o nell’altro, finiscono sempre a convergere in un luogo ben preciso: il bar. Bar come luogo apparentemente di limbo, luogo dove si scarica il dolore degli insuccessi delle giornate, ma che alla fine si rivela essere il luogo risolutivo dei problemi di quelle vite perdute, e in particolare quelli causati dal vuoto del mancato amore.

Come se l’esistenza, nella sua mutevolezza multiforme, nel suo incessante percorrere una serie di strade infinite, improvvisamente si fermasse e meditasse su se stessa. E proprio lì, in quel momento di stallo, in quel preciso punto spaziale, questa facesse convergere tutta la sua multiformità, il suo kaos, in un fugace incontro coll’altro, che in un istante riesce a colmare vuoti che parevano abissali.

Angeli Perduti (Fallen Angels, 1995)

Angeli perduti, uscito nel 1995, spesso è considerato la continuazione di Honk Kong Express, per via della forte somiglianza, ed è il secondo film di Wong Kar-wai che vi consigliamo.

Un killer di professione decide ad un certo punto di cambiare vita e fare qualcos’altro. Ciò che lo tormenta è un amore, fatto di piccoli dettagli, indizi e simboli enigmatici lasciati nei luoghi dove si svolge la sua vita da una donna che ha con lui una relazione professionale, ma che nel tempo è sfociata in qualche cosa di sentimentale. L’uomo è deciso a lasciare nel passato anche questa donna, ma lei si strugge all’idea di perdere il proprio amore.

Parallelamente si svolge la vita di He Zhiwu, un ragazzo muto e disoccupato, che per vivere ruba nei negozi di notte e sevizia le persone che trova per le strade, chiedendogli poi del denaro.

“There are some people you can never get close to. Get too close, and you’ll find him boring”

Le due vite si svolgono parallelamente e i due non si incontrano mai. Eppure l’amore rinnegato per la ragazza, di nome Charlie, da parte del killer, diventa poi l’amore di He. Ecco che due vite, nemmeno tanto dissimili, si toccano, si intersecano, ma non convergono mai, rimanendo perpetuamente parallele.

La tecnica di ripresa scelta da Wong Kar-wai è davvero suggestiva. I personaggi talvolta è come se colpissero con la faccia lo schermo, spinti da un continuo moto oscillatorio che lì vede allontanarsi e improvvisamente tornare. In effetti, oltre a dare un po’ un senso di inquietudine allo spettatore, questo tipo di inquadratura pare mostrare delle vite confinate quasi in una boccia per pesci.

Dunque vicini, che colpiscono lo schermo, ma lontani, come prigionieri di un’altra dimensione spazio-temporale. Sono dentro nella loro esistenza, che li confina e gli dà un senso di profonda angoscia e inquietudine, ma alla fine usciti dalla boccia, come dei nuotatori che sono rimasti impigliati ad una roccia sott’acqua e ad un certo punto si liberano e risalgono in superficie, aggrappati a qualcun altro o a qualcos’altro escono rapidamente dal dolore della vita in cerca dell’ignota felicità.

The Grandmaster (Yi Dai Zong Shi, 2013)

The Grandmaster è il terzo film che abbiamo scelto di Wong Kar-wai. Uscito nel 2013, racconta parti della storia della Cina, viste dalla prospettiva delle arti marziali e in particolare del gran maestro Ip Man.

In una contesa tra nord e sud della Cina, questi si ritrova a dover combattere per il sud. Allo stesso tempo però incombe la minaccia Giapponese, che avendo in quegli anni mire espansionistiche, soprattutto in quell’area del sud-est, in Manciuria in particolare (poco prima della seconda guerra mondiale), riesce a conquistare il territorio. L’uomo viene così costretto, a fronte della decisione di non collaborare con gli occupanti, di vivere nella povertà. Con la sua vita però converge anche quella della figlia del suo maestro. Questa infatti fin da bambina mostra un certa propensione verso le arti marziali del padre ed egli decide di renderla sua allieva, nonostante il combattimento non fosse considerato a quel tempo una pratica per donne.

My father would always say, people who practice martial arts go through three stages: seeing yourself, seeing the world, seeing all living beings.

The Grandmaster è un must per chi ama le arti marziali. Gli attori, evidentemente degli esperti di arti marziali anche nella vita reale, eseguono una serie di mosse spettacolari. Ciò che però si frappone tra una mossa e l’altra è una sorta di silenzio. Un silenzio come musica dell’armonia, che sembra accompagnare le vite dei personaggi verso dei punti di convergenza finali, dove tutto tace e si spegne nella tranquillità.

Ecco che nel nostro viaggio, dopo aver superato le peripezie delle vite caotiche di Honk Kong Express, di Angeli Perduti tutto si concilia in un punto, un punto dove c’è silenzio e armonia, nel finale di The Grandmaster.

Ma ora è tempo di riprendere altri viaggi, di rigettarci nelle trame vecchie e nuove di Wong Kar-wai, e di farlo tornando finalmente nelle sale, con la disarmante dolcezza di In the mood for love.


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Classe 1999. Studente di Lettere all'Università degli studi di Milano. Amo la letteratura, il cinema e la scrittura, che mi dà la possibilità di esprimere i silenzi, i sentimenti. Insomma, quel profondo a cui la parola orale non può arrivare.

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