La miniserie Adolescence, uscita su Netflix il 13 marzo 2025 e ideata da Jack Thorne e Stephen Graham (già protagonista in A Thousand blows), ha suscitato molto clamore ed è in vetta alla classifica delle serie più viste. Il successo è dovuto a una serie di motivi, primo tra tutti quello di presentarsi come un prodotto innovativo e fuori dal canone standard della serialità.
Oltre al buon lavoro di regia curato da Philip Balantini, Adolescence concentra l’attenzione sulla vicenda di Jamie (Owen Cooper) che fa da sfondo a una questione delicata e per niente nuova: il tema della violenza maschile e della mascolinità tossica online. Fin qui sembra il solito cliché, ma nel corso della serie la narrazione si focalizza sulla percezione degli adolescenti, e le conseguenze che ne derivano.
Adolescence, un delitto inaspettato
Ambientata in Inghilterra in 4 episodi, Adolescence vede Jamie accusato di aver ucciso a coltellate Katie –nella serie non appare mai, se non per mezzo di un fotogramma e durante l’esecuzione del coro alla fine della seconda puntata– una sua coetanea e compagna di scuola. Nonostante sia supportato dai genitori, in particolare dal padre Eddie (Stephen Graham), la serie svela ciò che l’ha indotto a commettere questo gesto deplorevole, attraverso dinamiche difficilmente comprensibili per chi conduce le indagini, e per i genitori e gli insegnanti.
La particolarità delle riprese non è data soltanto dalla tecnica del piano sequenza, adottata per ogni episodio, ma anche per il modo in cui lo spettatore è indotto a seguire, lentamente, lo sviluppo dei personaggi fortemente provati da questa vicenda complessa, quasi a dimostrare l’imprevedibilità del quotidiano e le emozioni che cambiano continuamente, in base alla situazione dove i personaggi sono coinvolti.
Adolescence tratta il tema dell’adolescenza senza filtri, ogni personaggio riflette le proprie difficoltà nel comprendere il mondo dei ragazzi ed educarli, ponendosi parecchi dubbi sulle loro capacità di svolgere il ruolo di genitori. Jamie incarna un malessere dilagante, la cui origine non è identificabile esclusivamente in eventuali traumi famigliari, o episodi di bullismo a scuola. Il senso di vuoto e di esclusione avvertito in Adolescence, investe chiunque si immerga nella storia, aprendo una serie di domande rivolte a genitori, insegnanti e adolescenti, ma anche ragazzi di età diversa.
Ritratti del dolore
Adolescence sfrutta pienamente la complessità dei temi trattati per ritrarre i personaggi con uno stato emotivo poco stabile, il cui caso influenza sia la loro percezione, sia la propria vita quotidiana. L’ispettore Luke Bascombe (Ashley Walters) visita la scuola per cercare indizi, ma riceve solo resistenza da parte dei compagni di Jamie. Ha un rapporto complicato con il figlio, il quale è convinto di non essere compreso abbastanza dal padre, e fa da contraltare all’idea di un genitore –e di un uomo– che pensa di avere il controllo su tutto, ma in realtà non ha mai tempo per dedicarsi a lui.
La psicologa Briony Ariston (Erin Doherty) è messa a dura prova dalla forte tempra di Jamie, mentre cerca di scavare a fondo del suo animo per comprendere la causa scatenante del delitto. Durante il lungo colloquio tra i due, si ha la sensazione di ritrovarsi dinanzi un bivio: scoprire la verità e, al tempo stesso, provare empatia o disprezzo per il ragazzo. Questo avviene grazie alla potenza della macchina da presa, che più si avvicina più ci costringe a percepire ciò che accade come se ci riguardasse personalmente.
Non è stata una scena facile da girare, vista l’alta intensità psicologica dello spazio narrativo e dello scambio veloce di battute tra i due attori. In un climax, si consuma la rabbia di Jamie, mentre la psicologa rimane impassibile nel tentativo di mantenere la calma e sfruttare a suo vantaggio il nervosismo del ragazzo per scoprire la verità. L’architettura della scena è funzionale affinché si restituisca allo spettatore non soltanto un forte senso di impotenza e angoscia, ma anche le complessità di una situazione in cui è difficile restare estranei alla vicenda. Lo spettatore è come se fosse lì, capace di percepire la tensione crescente e di immedesimarsi nei panni dell’uno, o dell’altro.
Infine, Adolescence non manca di mostrare il ruolo dei genitori di Jamie, Eddie e Manda (Christine Tremarco), i quali tentano di vivere in modo apparentemente normale, seppur non sia per niente facile. Infatti, crollano in una scena ad alto impatto emotivo, a seguito di alcune riflessioni in cui il padre ammette che avrebbe dovuto fare di meglio. Ogni episodio di Adolescence racconta il dolore da più prospettive, in modo tale da fornire una rappresentazione completa e immersiva che ci faccia sentire coinvolti emotivamente.
Lungo la serie traspare un messaggio chiaro: i ragazzi soffrono, ma nessuno è in grado di aiutarli, forse nemmeno i genitori. È davvero così? Cosa si nasconde dietro questa mascolinità tossica giovanile?
Contraddizioni della cultura incel
Il termine incel deriva dall’unione di due termini inglesi, significa involuntary celibate e identifica un uomo che si definisce celibe e casto ma non per scelta. La cultura incel si basa su diverse teorie, in particolare quella della redpill, per la quale le donne preferiscono quel 20% degli uomini dotato di denaro, status sociale elevato e caratteristiche fisiche virili, escludendo tutti coloro che non rientrano in questi parametri.
Di conseguenza, le donne vengono percepite come il male assoluto e colpevoli della depressione e solitudine degli uomini, poiché non interessate a stabilire una relazione sana bensì a collezionare trofei o, seguendo quest’idea, vittime. Di fronte a ciò, la soluzione più drastica parrebbe essere il femminicidio, come spesso viene argomentata nei vari forum online nei quali i giovani accedono e dove vengono influenzati.
Adolescence, dunque, ritrae Jamie come se avesse tutte le caratteristiche di un incel: è un virgin apparentemente di brutto aspetto, uno sfigato che non ha mai avuto esperienze sessuali o baciato una ragazza, e per questo viene preso di mira dai coetanei sia a scuola, sia sui social. Inoltre, nonostante sia nel corpo di un bambino, pare avere una mente già adulta. Queste caratteristiche costituirebbero il movente del delitto. Il dichiararsi continuamente innocente giustifica, per certi versi, le reali fragilità e l’ingenuità di un ragazzo che ha agito impulsivamente, tormentato da complessi di inferiorità e dalla paura di sentirsi escluso.
I genitori si sentono dei falliti perché rei di non aver provveduto a una sana e corretta educazione, ma Adolescence lancia una critica alla società che non intende effettuare una massiccia campagna di sensibilizzazione per i ragazzi, in modo tale da contrastare –seppur sia minuscolo, è un primo passo doveroso– la violenza sulle donne da parte di giovani e adulti. Tra gli incel, infatti, vi sono persone più grandi che seguono con convinzione la dottrina, trasmettendo dei messaggi completamente sbagliati.
L’impatto di Adolescence
Adolescence non fa sconti per nessuno, al punto tale da aver diviso gli spettatori e suscitato una serie di discussioni; c’è chi definisce la serie un dramma sociologico di vasta portata, in cui l’immedesimazione gioca un ruolo fondamentale per comprendere l’animo dei personaggi, e chi un crime ad alto impatto emotivo.
In sole due settimane, la serie è stata la più vista su Netflix e ha ricevuto un elevato livello di copertura mediatica. Lo sceneggiatore Jack Thorne, in un’intervista, ha dichiarato che il suo scopo era di portare Adolescence nelle scuole e in parlamento, al fine di avviare una profonda riflessione su questo problema crescente.
Tuttavia, non sono mancate delle critiche negative. Adolescence è stata criticata per l’eccessiva lentezza e per la tecnica di ripresa adottata, a dimostrazione del fatto che per un prodotto seriale non è la norma e la maggior parte degli spettatori –non gliene facciamo una colpa– non è abituata. Inoltre, Elon Musk ha condiviso un post su X sostenendo che la serie fa propaganda “antibianchi”, poiché, se doveva essere ispirata ai fatti dell’assassinio di Southport, non dovevano rendere il protagonista un maschio bianco. Doveroso dire che Adolescence non è comunque ispirata a questa vicenda.
In generale, l’impatto è stato più che positivo, in quanto la serie incarna lo spirito di un Sé moderno e universale, costruito sulla base delle nostre identità e le nostre storie che si intrecciano con la vita online, rendendo sempre più difficile una comprensione profonda delle motivazioni alla base delle azioni delle persone. Proprio per questo, Adolescence andrebbe fatta vedere ovunque e, se c’è la possibilità, affiancare la visione a dibattiti con esperti reali per instaurare uno scambio generazionale proficuo.
Adolescence, le fragilità di tutti (spoiler alert)
Adolescence non ha un finale positivo, come previsto già dall’inizio. La bellezza della serie e la maestria con cui vengono trattati i temi non sono solo da attribuire alla bravura degli attori –in particolare di Owen Cooper, al suo primo ruolo– e alle scene collocate in quattro spazi diversi. L’intento è di riflettere su un disagio sempre più invisibile, poiché i ragazzi adolescenti provano un forte senso di paura nel confidare le proprie ansie ai loro genitori, probabilmente per la convinzione –comprensibile fino a un certo punto– di non essere capiti fino in fondo e perché, in ambienti scolastici, conta molto costruirsi una reputazione e sentirsi accettati da tutti.
Tra le tante domande, una sembra emergere più di tutte: i genitori ascoltano realmente i propri figli? È difficile avanzare una risposta concreta, in quanto Adolescence non è una serie leggera ed è facile sentirsi svuotati dopo la visione. Eppure, basterebbe avere una sensibilità tale da spingere gli adulti ad aiutare concretamente i ragazzi, ascoltandoli con molta cura. Il ruolo del genitore non è facile, ma educare un figlio è un percorso da attraversare con delicatezza ed elasticità mentale.
Chi ci guida ha il compito di non dimenticarsi da quale contesto è uscito e com’è cresciuto, e deve stare al passo con i tempi per cercare di evitare che accadano episodi gravi come quello narrato nella serie. Qui vediamo un omicidio, ma nella realtà esistono anche casi di suicidio legati alle stesse situazioni. È importante, dunque, non trascurare né la salute mentale dei giovani, né quella di chi ha il compito di educarli, poiché spesso le mancanze affettive provengono dai contesti famigliari complicati oltre che da un sistema sociale che non educa.
Nel profondo, nascondiamo delle fragilità. Alcune di esse, probabilmente, le abbiamo accumulate nel corso dell’adolescenza. Bisognerebbe solo non dimenticarlo per fare di più per i ragazzi, al fine di evitare che diventino sia vittime, che carnefici.
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