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copertina con scena di Aprile

Aprile, o 30 anni dalla prima canna di Nanni Moretti

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8 minuti di lettura

Marijuana, che vuoi fare” erompe Nanni Moretti all’inizio del film Aprile, rivelando uno spinello di comiche dimensioni. Uno dei film più profondi e amari che Nanni abbia mai girato inizia su questa nota ironica, partendo da un Moretti giovane, anticonformista, che non si arrende al passare degli anni.

Aprile è un film che ci invita a meditare sulla realtà che abitiamo: “Il vostro paese deve ricominciare a riflettere su se stesso” è la frase che il giornalista francese dice a Moretti. L’Italia del 1994, così come quella di oggi, dimentica il proprio passato traumatico. Questa necessità di ricordare spinge Nanni a realizzare qualcosa per la propria nazione: un documentario sull’Italia. Ma, nel frattempo è anche alle prese con un’altra situazione importante: il suo primo figlio, Pietro, dovrebbe nascere a fine aprile 1996.

Scena di Aprile in cui Nanni Moretti legge tutte le "lettere scritte e mai spedite", alla RAI, al PCI e via dicendo, davanti alla folla che lo ascolta

Il tempo passa e Nanni si dedica a un altro progetto, un musical su un pasticciere Trotzkista. Ma non riesce a girare, abbandona il set e uno sconsolato Silvio Orlando a un incerto futuro. Le elezioni sono in vista, Nanni ha solo una cosa in mente: “Noi dobbiamo fare questo documentario sull’Italia“. La volontà di realizzare il documentario gli sfugge di mano, sin da subito il progetto diventa un dovere. Un compito che risulta però impossibile. Spiegare a un pubblico non nazionalpopolare cosa sia la nostra nazione è un progetto che Nanni sa di non poter portare a conclusione.

Sono pronto, sono quasi pronto

Nanni Moretti seduto su una distesa di giornali da lui accumulati per fare ricerca riguardo il suo documentario sull'Italia

I giornali che Nanni raccoglie diventano un labirinto senza via d’uscita, in cui ama perdersi. Nanni accumula pezzi di carta, rappresentazione fisica della sua rabbia, un sentimento che lo divora dall’interno: sono giornali, ma anche lettere scritte e mai spedite. Il documentario è il modo per uscire da questo dedalo di carta e per lasciare andare il risentimento, Moretti potrebbe finalmente dire cos’ha dentro. Ma non ne è capace perché, così come quando gli chiedono di fare un discorso al Teatro Eliseo, è paralizzato dalla paura, gli mancano le parole.

Essere un cittadino attivo richiede tempo e fatica, a volte risulta una cosa non piacevole, diventa un obbligo. Nanni sa di avere qualcosa da dire e vuole essere ascoltato, ma, al tempo stesso, confusione e incertezza hanno la meglio su di lui, non riesce a trovare una dimensione dove si senta a suo agio. I tagli netti di Aprile, il pacing veloce, le inquadrature strette ci trasmettono questa sensazione di claustrofobia: ciò è particolarmente evidente nella sequenza antecedente alla nascita di Pietro che, tra una battuta e l’altra, ci consegna un Moretti insicuro come mai prima. Nanni non è pronto, proprio per niente.

Vado a prendere un latte macchiato al bar”

Nanni Moretti in una scena di Aprile con il figlio neonato, Pietro

In seguito al parto, qualcosa sembra cambiare: Nanni sorride per la prima volta in molto tempo. Quando lasciamo le mura dell’ospedale, per la prima volta possiamo respirare: ai tagli “con l’accetta” del resto di Aprile, è sostituito un campo lunghissimo, uno zoom out, in cui Nanni corre a braccia aperte lungo il Tevere e scompare sullo sfondo, piccolo atomo di universo. Finalmente sta iniziando a capire che forse non c’è modo di essere veramente pronti: le cose, a volte, vanno fatte e basta. Ma questa riflessione, ancora, avrà bisogno di tempo per maturare.

In Aprile è evidente che Nanni voglia a volte lasciare la realtà che abita. Il suo escamotage, molto spesso, è quello di un latte macchiato al bar. Prima delle interviste nella sede del PDS. A Venezia, all’arrivo di Bossi. Addirittura nel bel mezzo del Po. Nanni vuole far parte di questo progetto, ma non riesce a smettere di pensare a quanto sarebbe più bello, piuttosto, una fuga in quel film sul pasticciere Trotzkista.

Scena di Aprile in cui Moretti finalmente realizza le riprese del suo musical sul pasticcere Tortzkista, intepretato da Silvio Orlando

In Aprile i momenti di connessione, sono pochi, ma brutali. Uno di questi è la scena dello sbarco a Brindisi, dove inizia veramente a capire la fallimentarietà del suo lavoro. “Secondo te è lo stesso o pensi che possa cambiare qualcosa per voi se in Italia c’è un governo di destra o uno di sinistra?” chiede a un immigrato albanese da poco approdato sulle spiagge della Puglia. La risposta è tagliata, suggerendo l’insufficienza dell’attivismo politico in un momento così delicato.

Tuttavia, quando Nanni chiede “Quando nascerà tuo figlio?“, si manifesta un desiderio di connessione umana profonda da parte sua. Le visioni dei barconi arrugginiti che hanno raggiunto l’Italia agli inizi degli anni 2000 sono familiari a tutti attraverso i media, ma tendiamo a dimenticare che dietro queste immagini ci sono individui con storie personali, legami affettivi e familiari. Nella scena successiva, Nanni riflette su ciò, tra le fronde degli alberi e le note di Ludovico Einaudi, rivelando di aver abbandonato il materiale documentario in una profonda confusione.

80 meno 44… 80 meno 44

Nanni Moretti alla fine di Aprile gira per Roma sul suo fidato scooter pensando a quanti centimetri dei tempo gli rimangono

Alla fine di Aprile Moretti è un buffo supereroe che gira in scooter lanciando ritagli di giornali. Nanni capisce lo stress che lo accompagna nel voler amare la propria patria. Comprende la sfida che rappresenta diventare padre. Osserva da vicino il modo in cui la sua vita si interseca con la storia dell’Italia. Prova rabbia nel volere fare qualcosa di pratico per aiutare, ma al tempo stesso capisce l’inutilità dell’essere un artista. Moretti affronta tutto questo, ma non dà una risposta chiara.

Il modo in cui termina Aprile, ripensando al tempo che gli resta, è un invito allo spettatore: se la vita è come quel metro che gli viene dato il giorno del suo compleanno, allora non c’è tempo da perdere. La vita di ognuno di noi è profondamente differente, ma sono tutte legate le une alle altre dalla politica, dalla famiglia, dalla passione. Il finale di Aprile è il bambino ridente di Nietzsche, ci invita a cogliere tutto, qualunque cosa noi vogliamo fare. Possiamo svolgere il nostro dovere, inquadrare le cose belle piuttosto che quelle brutte, ma ad una condizione: non va perso un solo centimetro di tempo.


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Dalla prima cassetta di Spielberg che vidi a casa di nonna, capii che il cinema sarebbe stata una presenza costante nella mia vita.
Una sala in cui i sogni diventano realtà attraverso scie di luce e colori è magia pura, possibilmente da godere in compagnia.
"Il cinema è una macchina che genera empatia", a calarmi nei panni degli altri io passo le mie giornate.

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