L’1 gennaio è stata rilasciata su Netflix Caleidoscopio: una Serie TV che si pone come innovativa, avvincente e interattiva. La novità sta nel fatto di poter guardare gli otto episodi che compongono la miniserie in qualunque ordine si voglia; ma è veramente così? Abbiamo deciso di testare la non-linearità di Caleidoscopio fino in fondo.
Innanzi tutto, cos’è Caleidoscopio?
Un astutissimo criminale riunisce una banda di delinquenti per mettere a segno una delle più grosse rapine di sempre. Stiamo forse parlando de La Casa di Carta? No, stiamo parlando di Caleidoscopio, ennesimo – e un po’ goffo – tentativo da parte della piattaforma rosso-nera di replicare l’enorme successo della produzione spagnola. La storia trae liberamente ispirazione da un evento accaduto a New York durante l’uragano Sandy: il creatore della serie, Eric Garcia, è rimasto affascinato dalla storia di un’azienda che nel 2012 ha perso miliardi di dollari a causa di un allagamento della struttura e ha deciso di reinventare l’accaduto come furbo pretesto per la rapina.
Caleidoscopio si pone come un lungo e interattivo heist movie, il cui pregio sarebbe la non-linearità della storia che permette una visione degli episodi in ordine sparso. L’arco narrativo si sviluppa lungo 24 anni, iniziando dal passato di Leo (Giancarlo Esposito) e terminando sei mesi dopo la rapina. Ogni spettatore ha quindi la possibilità di crearsi la propria linea narrativa personalizzata scegliendo in base ai colori che danno il titolo ad ogni episodio. Ognuno conoscerà quindi i partecipanti al colpo, la loro storia e i co-protagonisti in un momento diverso, con il rischio di spoiler e confusione.
Sono già state rilasciate online tantissime combinazioni differenti da testare per ottenere effetti diversi: con continui salti temporali avanti e indietro alla Tarantino (Blu-Verde-Giallo-Arancione-Viola-Rosa-Bianco-Rosso), come una classica storia di investigazione (Arancione-Verde-Viola-Rosso-Giallo-Blu-Bianco-Rosa) o in ordine temporale (Viola, Verde, Giallo, Arancione, Blu, Bianco, Rosso, Rosa). Sono emersi dalla rete anche dritte e consigli per la visione perfetta di Caleidoscopio, per esempio partire da Giallo o da Verde e terminare con Bianco. Ma noi abbiamo deciso di mettere alla prova questo esperimento televisivo e ci siamo dati a una visione completamente casuale, senza seguire nemmeno questi piccoli accorgimenti. Quale sarà stato il risultato?
Il nostro Caleidoscopio
Abbiamo deciso, dunque, di fare tutto il contrario di tutto. Siamo partiti da Rosso, l’episodio che temporalmente si colloca subito dopo la rapina, l’inizio più sconsigliato. Ovviamente è stata una partenza confusionaria, a fatti già avvenuti e senza una conoscenza basilare dei personaggi o della storia. Abbiamo proseguito poi con Verde, ambientato 7 anni prima della rapina, per cercare un po’ di chiarezza, e con Giallo, che si avvicina a 6 settimane prima del colpo. Viola è stato il nostro quarto episodio, forse quello meglio riuscito. Poi, per confondere nuovamente le carte in tavola abbiamo visto Blu, 5 giorni al furto, e Arancione, 3 settimane prima della rapina, infine Bianco, ovvero la spiegazione del colpo, e Rosa, 6 mesi dopo.
Caleidoscopio, dunque, può essere davvero guardata a caso? Sì, se abbassate le vostre aspettative. L’idea di poter costruire una storia che possa essere vista con godibilità da ogni angolazione randomica è sicuramente stimolante, ma alquanto complessa. Per mettere in atto una scelta stilistica di questo spessore, infatti, è inevitabile muoversi a discapito di fattori come la complessità e la profondità dei personaggi o la strutturazione di momenti di suspance o climax. Insomma, se solitamente il montaggio di storia ed episodi è affidato a chi di competenza, e non allo spettatore, un motivo c’è.
Caleidoscopio: un esperimento di interattività riuscito a metà
Dobbiamo riconoscere un merito alla piattaforma. Negli ultimi anni Netflix ci ha proposto alcuni spunti interessanti che riguardano il futuro dell’intrattenimento, nel 2018 aveva già tentato la rivoluzione con Black Mirror: Bandersnatch e anche Caleidoscopio può essere considerato un prototipo affascinante. Certo, si tratta di scelte azzardate che non sempre si rivelano vincenti. Nel caso di Caleidoscopio, a rimetterci è stata la qualità stessa della storia, piegata e schiacciata dal peso di una compartimentalizzazione necessaria alla complessità della struttura. Una struttura che però al posto di costituire l’elemento di arricchimento ha affievolito la trama che già non brillava per originalità.
A salvare la produzione, che è stata affidata alla Scott Free Productions di Ridley Scott, Giancarlo Esposito (il famoso Gustavo Fring di Breaking Bad e Better Call Saul) che con la sua performance ha portato il peso dell’intera narrazione sulle sue spalle. Benché sia l’effettivo protagonista delle vicende, con la sua storia e la sua interpretazione, è riuscito a portare un po’ di sentimento dentro una trama che sembra non lasciare troppo spazio alle emozioni più complesse.
L’esperimento narrativo, tutto sommato, si rivela funzionante: siamo riusciti a seguire e comprendere la storia nella sua interezza, anche se con un po’ di confusione. Nonostante ciò, Caleidoscopio risulta sicuramente più performante se si sceglie di seguire uno degli schemi proposti. Se decidete di approcciarvi a questa serie abbandonate l’idea della visione causale e affidatevi a dinamiche già familiari per una riuscita ottimale.
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