Fra cambiamento climatico, disastri ambientali, una pandemia e i recenti terremoti geopolitici causati da due guerre, l’immaginario post-apocalittico si è fatto ultimamente sempre più forte, al punto da rendere più vere tutte le fantasie partorite da racconti di fantascienza. C’è chi si immagina, ad esempio, l’esistenza di bunker sotterranei atti a proteggerci da ogni calamità, sorta di paradiso sotterraneo dove una nuova vita è possibile, ma anche chi, come la scrittrice Laura van den Berg in Paradiso terrestre, si è immaginata come la realtà aumentata possa essere una soluzione escapista a un’eventuale catastrofe mondiale.
Tali scenari, però, sarebbero veramente paradisiaci? Non causerebbero, per esempio, l’avvento di culti e sette che plasmerebbero le nostre menti e, cavalcando la paura, riuscirebbero facilmente a controllarci? Chi ha visto Fallout o The Truman Show sa che anche in certi paradisi artificiali si nasconde, in realtà, una trappola di intrighi e misteri nascosti agli occhi di tutti e che con velata violenza ti tengono incatenato senza via d’uscita come una caverna platonica senza la possibilità di vedere la luce. Un paradiso del genere se l’è immaginato Dan Fogelman, creatore di This is Us, ideando per Disney+ Paradise, serie tv in otto puntate uscite da fine gennaio a inizio marzo rinnovata subito per una seconda stagione.
La trama di Paradise
Una premessa è importante da fare: per parlare di Paradise alle volte sarà necessario dare qualche anticipazione, ma lo si farà in modo da non comprometterne la visione per quegli spettatori che ancora devono recuperare la serie.
Dan Fogelman ritrova Sterling K. Brown, che nel 2024 ha ricevuto la sua prima candidatura agli Oscar come miglior attore non protagonista per American Fiction e che ha recitato in This is Us. In Paradise, Brown interpreta l’agente Xavier Collins, capo dei servizi segreti incaricato di proteggere il Presidente degli Stati Uniti Cal Bradford (James Marsden), con il quale nutre un rapporto abbastanza complicato.
Paradise, però, si apre subito con un avvenimento pronto a sconvolgere il corso degli eventi: l’assassinio del presidente, per il quale, fra i primi indiziati per l’interrogatorio, c’è lo stesso Collins, il primo ad aver trovato il corpo del presidente insanguinato a terra. Come mai, però, sia stato ucciso lo si saprà nel corso degli episodi in un crescendo di tensione che non solo ci offrirà elementi di thriller e intrighi politici alla Scandal o House of Cards, ma che ci racconteranno come il paradiso che vediamo nella serie non sia in realtà quello che sembra.
Paradise, un misto fra intrighi politici e catastrofi climatiche
Non per niente citiamo Fallout e The Truman Show: alla fine della prima puntata di Paradise, appare cartello che avvisa un ritardo di due ore nell’arrivo dell’alba per una manutenzione programmata; si capisce quindi che ci troviamo in un paradiso artificiale, una sorta di città sotterranea situata in Colorado, che contiene venticinquemila persone.
Scopriremo poi che questa città è nata per portare al riparo gli abitanti degli Stati Uniti da una catastrofe climatica che, in un certo senso, ha comportato la ridefinizione degli equilibri politici e sociali di questo nuovo stato che è stato riprodotto sottoterra. Questo scenario sa molto di racconto fantascientifico e distopico: non per niente, infatti, Dan Fogelman ha coinvolto fra gli scrittori della serie anche Stephen Markley, autore di Diluvio, romanzo che immagina un ipotetico futuro distopico influenzato dai cambiamenti climatici e l’incapacità della classe dirigente americana di affrontarlo.
Non solo, dunque, intrighi politici e catastrofi climatiche, ma anche classismo e controllo delle masse. Non tutta la popolazione americana è stata portata in salvo e i fortunati sopravvissuti sono comunque tutti costretti a portare un orologio elettronico che registra spostamenti e le transazioni: l’élite politica che governa il mondo nuovo fa di tutto per mantenere il potere e far sì che l’idillio non venga messo in discussione.
Comprendere Paradise attraverso l’intertestualità
Lo spettatore più attento avrà fatto caso a certi determinati aspetti di intertestualità che Dan Fogelman assieme ai registi e agli scrittori della serie hanno seminato sulla scena. Tutti gli elementi letterari e musicali che si vedono e sentono sulla scena non sono lasciati al caso, in quanto danno indizi su come andrà a finire o come potrebbe andare a finire Paradise. Un primo dettaglio – che sembra irrilevante, ma non lo è – è il libro che Bradford stava leggendo prima di morire: Declino e caduta dell’impero romano di Edward Gibbon, un titolo che accosta l’impero romano agli Stati Uniti e che lascia presagire il collasso di un vecchio ordine in procinto di essere rimpiazzato.
Un altro elemento fondamentale è Tenebre, la poesia di George Byron che Kane, il padre di Bradford recita al nipote Jeremy scambiandolo per il figlio in piena demenza senile. Uno dei versi della poesia dà il titolo alla quinta puntata della serie – scritta da Stephen Markley, e qui ci fa capire quanto l’intertestualità in Paradise sia forte –: I palazzi di re incoronati. La poesia di Byron dice molto del mondo di Paradise, una realtà immaginata come un’utopia, come un sogno, che però si disintegra sotto gli occhi dei potenti, al punto che, come recita Kane, «le Tenebre non avevano/Bisogno di nubi: erano loro, ormai, l’Universo».
Questi ultimi versi recitati da Kane ci permettono il seguente collegamento con Another Day in Paradise, celebre canzone di Phil Collins cantata nella serie tv da Joyner. «Oh, Lord/Is there nothing more anybody can do?/Oh, Lord/There must be something You can say». Queste parole lasciano intuire un grande interrogativo per i personaggi della serie tv collegato ai versi di Tenebre: se il nostro paradiso è avvolto dalle nubi, cosa si può fare? C’è veramente un dio che ci può dire qualcosa oppure chi dovrebbe dirci qualcosa ci tiene nascosto tutto?
Il paradiso è veramente il posto dove tutto può essere come vogliamo?
Ad un certo punto della serie, Samantha “Sinatra” Redmond (Julianne Nicholson), donna proprietaria di startup che l’hanno fatta diventare multimiliardaria al punto da poter progettare la città in cui migliaia di persone si sono potute rifugiare, dirà che «la cosa bella del paradiso è che può essere tutto ciò che vuoi». Attraverso i vari flashback che vediamo nella serie, Sinatra vede in questo suo progetto di paradiso artificiale un modo per lasciarsi un grande trauma alle spalle, cosa che vale anche per Collins, che vive solo con i suoi due figli.
Attraverso, però, le sue indagini sull’omicidio del presidente, Collins stesso scoprirà che Sinatra è responsabile, però, della costruzione di una grande bugia che è la città sotterranea in cui vive, una città che prova a proteggere i suoi cittadini manipolando le informazioni e gestendo attraverso la tecnologia la vita delle persone come in un simulatore di realtà virtuale, ma che non potrà continuare a tenerli protetti e isolati dal mondo esterno.
La morte di Bradford, pertanto, costituisce per Collins l’occasione per fare come Truman Burbank o Lucy MacLean: l’indagine di un omicidio diventa un pretesto per cercare di smascherare la demagogia del paradiso, una realtà che più che permettere salvezza condanna al controllo da parte di un’élite di potenti, ma soprattutto per comprendere se oltre al paradiso ci sono altri mondi possibili dove forse poter essere finalmente liberi.
Paradise, in attesa della seconda stagione
«Paradise/World without end/Hopelessness/Sinks into the earth». Questi versi di ANOHNI tratti da Paradise ci sembrano perfetti per riassumere la nuova serie ideata da Dan Fogelman e gli interrogativi che ci ha lasciato in vista della seconda stagione. Il paradiso di Fogelman è, infatti, un mondo senza fine dove la disperazione sprofonda nella terra: una prigione di menzogne dove la disperazione dei suoi abitanti è pronta a scoppiare da un momento all’altro.
Con un cliffhanger ben assestato dal finale di stagione, Paradise si prepara in attesa della seconda stagione a mostrarci come il paradiso spesso non sia l’unica alternativa di vita possibile e come sia necessario avere coraggio di sfidare le menzogne per poter scoprire alternative di libertà possibili.
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