Donnie Darko, il celebre cult di Richard Kelly, ritorna dopo vent’anni dall’uscita nelle sale italiane – avvenuta il 19 novembre del 2004 – in versione restaurata e director’s cut. Quest’ultima presenta poche differenze rispetto a quella originale, viene approfondito il tema dei viaggi nel tempo con l’aggiunta di scene dove viene dato risalto al libro Filosofia dei Viaggi nel Tempo scritto da Roberta Sparrow, l’anziana “Nonna Morte”. Sono presenti anche venti minuti di riprese in più e una rivisitazione della colonna sonora.
Donnie Darko, come è noto, non riscosse subito un grande successo dalla critica mondiale. Eppure, a distanza di anni è riuscito a diventare un cult, considerato tra i 100 film migliori della cinematografia mondiale secondo la rivista Empire. In virtù di ciò, quello che affascina del film non sono soltanto le atmosfere sci-fi, le musiche degli anni ’80 o le sottili sfumature da teen drama, bensì il tema dei viaggi nel tempo che si complica nel corso della narrazione, diventando un enigma difficile da decifrare.
Gli intrighi di Donnie Darko
Donnie Darko (Jake Gyllenhaal), è un adolescente affetto da schizofrenia paranoide. Ha due sorelle, Elizabeth (Maggie Gyllenhaal) e Samantha (Daveigh Chase), verso le quali non prova molto affetto. I suoi genitori, Eddie (Holmes Osborne) e Rose (Mary McDonnell), sono amorevoli ma faticano a comprenderlo nel profondo e, di conseguenza, lui assume un comportamento molto chiuso.
Ciò che determina un cambiamento in Donnie è l’incontro con Frank (James Duval), un coniglio dalle sembianze grottesche che lo condurrà lungo un percorso cupo per cercare di capire come mai sia riuscito a scampare alla morte. Infatti, l’evento canonico della trama è la caduta accidentale del motore di un aereo sopra la casa della famiglia dalla quale, nella prima realtà, il ragazzo riesce a salvarsi. Si potrebbe dire che da qui inizia veramente la storia, dove Frank gli lascia un messaggio dai toni sinistri: “28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi. Ecco quando il mondo finirà“.
Psicologia del profondo in Donnie Darko
La storia di Donnie Darko, si è già detto, pone in risalto la questione dei viaggi nel tempo attraverso un’interpretazione certamente scientifica, ma se si osservano determinate scene da un punto di vista psicologico e cognitivo, si colgono dei particolari che permettono di fuoriuscire dalla ridondante definizione dei motivi dietro le scelte di Donnie, ossia che è semplicemente affetto da allucinazioni dovute alla sua schizofrenia.
Pur ammettendo oggettivamente la veridicità di questa interpretazione, se si sottopone a uno sguardo più profondo ciò che traspare, quelle allucinazioni non sono altro che una serie di proiezioni oniriche dove il principio di realtà primaria cambia forma in funzione di una realtà secondaria, che diventa l’Universo Tangente da cui alterare gli sviluppi delle varie vicende. Nel tentativo di trovare una risposta al disagio esistenziale, Donnie Darko esercita dietro la pressione del coniglio Frank una serie di atti vandalici come segno di una ribellione che, purtroppo, viene soffocata quando riottiene la cognizione di sé stesso.
Esistenzialismo, multiverso e follia
Lungo il film, ciò a cui assistiamo è una spirale surreale che trova origine in un dramma collettivo: l’esistenza umana indifferente. I personaggi sono tutti affetti da un senso di disagio e solitudine nei confronti di una società che, nel 1988, vede una campagna elettorale per la presidenza americana tra George Bush e Michael Dukakis dopo la fine del mandato di Ronald Reagan il quale, per via di una serie di scandali, ha lasciato nell’immaginario collettivo americano un senso di sfiducia e disillusione sia verso le istituzioni, sia verso la società stessa.
Tutto ciò che Donnie Darko osserva e percepisce, lo mette in forma attraverso degli atteggiamenti allucinatori che, al di là del vandalismo, lo spingono a emanare una serie di riflessioni provocatorie e brutalmente dirette verso chi assume pose da falsi profeti, come Jim Cunningham (Patrick Swayze) che manipola la mente dei giovani ragazzi dicendo che il motivo del loro disagio è la paura.
Nella ribellione, dunque, la follia diventa il pretesto per svelare quanto l’universo al quale dovremmo appartenere è in realtà un frammento di più multiversi che sono dominati dal sovrannaturale, una proiezione fantasmatica del dolore provato sia da Donnie, sia dall’umanità tutta.
“Dov’è finito Donnie Darko?”
Donnie Darko è soltanto un adolescente problematico, oppure è un individuo nel quale ci si può rispecchiare? Egli è un supereroe, o un sensitivo?
Molte di queste domande sono state (e ancora lo sono) alla base di teorie che hanno appassionato i fan di tutto il mondo e, in ottica accademica, una folta schiera di studiosi delle teorie del cinema si sono interrogati circa le modalità di rappresentazione e costruzione psico-cognitiva del personaggio.
A distanza di vent’anni, ciò che si potrebbe dire è che attraverso Donnie Darko è possibile comprendere quanto la solitudine possa influire sulla vita di tutti, al di là del dato anagrafico e dello status sociale. Emblematiche in questo caso le scene – con in sottofondo la struggente Mad World di Gary Jules – dove i vari personaggi, di notte, provano un profondo senso di turbamento determinato probabilmente dalle alterazioni spazio-temporali, come se si fossero risvegliati da un brutto sogno, ma anche dalla morte di Donnie.
La tragica morte di Donnie Darko, avvenuta a causa dello schianto del motore di un aereo citato all’inizio, rivela la consapevolezza fortemente drammatica che sfugge dall’ipocrisia della società mondana, attraverso la massima “ogni creatura sulla terra quando muore è sola“. Donnie Darko ci consegna, secondo la sua ottica, un mondo dove basta poco per essere emarginato, per essere etichettati come reietti. Tuttavia, si può provare a vedere il mondo dietro un’altra prospettiva cercando di essere veramente disposti ad ascoltare e a essere empatici, umani per l’appunto. Magari ci vorrebbe più coraggio, senza la presenza di un sinistro animale antropomorfo che ci influenza.
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