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Femminile singolare: storie di violenza

12 minuti di lettura

Sette storie, sette protagoniste donne, e ciascuna di esse vive con una singolare condizione di violenza, fisica, emotiva, familiare e sociale. In occasione dell’anniversario della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, il progetto Femminile singolare nato da un’idea di Artex Film, in uscita l’11 maggio, ricorda la data della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (ne abbiamo parlato anche per Tapirulan, esordio alla regia di Claudia Gerini).

Femminile Singolare è promosso da Ihaveavoice APS, una community fatta da Donne per le Donne, il cui scopo è dare voce alle Donne, restituendo loro lo spazio che meritano rendendole protagoniste e sensibilizzando su temi importanti come la violenza di genere, l’empowerment femminile, le pari opportunità.

In Femminile Singolare – dichiara ARTEX Film – è la donna protagonista: coraggiosa e intimorita, fragile e forte, felice e infelice, emancipata e sottomessa, sognatrice e disillusa. La donna di oggi, che, nonostante le lotte per la parità di genere e l’emancipazione, continua a trovarsi sola nel portare il peso sociale, relazionale e anche economico del microcosmo in cui vive. Ma non si arrende: storie di donne che combattono, si ribellano, rompono il silenzio e denunciano una realtà ancora troppo sbilanciata, in cui la figura maschile è ancora inadeguata, poco attenta e collaborativa.

Nascita di una stella

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Siamo su un palcoscenico e un riflettore inquadra una donna dallo sguardo spento. La donna lentamente inizia ad essere privata di alcuni elementi: lo chignon viene sciolto, il trucco lavato via, fino a restare nuda sulla scena.

Emma (Dorothée Gilbert) dopo aver provato per anni ad avere un figlio riesce finalmente a restare incinta. La grande gioia viene smorzata dal grande timore di dover comunicare al suo maestro e alla direttrice dell’Opéra del suo stato interessante per paura di perdere il lavoro. La realtà è quella che già conosciamo, la società non prevede e non concepisce che la donna possa rivestire contemporaneamente due ruoli quello di madre e lavoratrice senza che uno dei due non subisca delle mancanze.

Questa prima storia di Femminile Singolare diretta da James Bort riflette sulla triste realtà di una società nella quale chiunque sente di poter giudicare e dispensare suggerimenti non richiesti alle donne. Interessante notare come non sia soltanto la figura maschile a suggerire ad Emma di abbandonare la carriera. Infatti è proprio la sua collega e amica ad accrescere il dubbio ammonendola sulla giusta decisione da prendere: ritirarsi dall’Opéra abbandonandosi esclusivamente al ruolo di madre.

Fortunatamente a prendere la decisione finale spetta alla direttrice che fortunatamente è donna e lei per prima ha sperimentato il rimorso di una scelta stabilita da una società che mortifica le donne madri e lavoratrici. La vediamo infatti nell’atto di provare un vestito di scena, immaginandosi in una strada che non ha intrapreso, quella di ballerina professionista.

La direttrice incentiva Emma a non avere timore di rivestire entrambi i ruoli “Sii una madre, sii una ballerina, sii una donna”. La ciclicità della sequenza finale del primo cortometraggio di Femminile Singolare ci ricorda come questa consapevolezza sia ancora poco innestata nella società di oggi perché Emma non era e non sarà l’ultima donna a dover fare i conti con la triste realtà della di una società che respinge il ruolo poliforme della donna. Se l’assistenza statale continua a tardare con interventi di sostegno, alle donne non resta che sperare di trovare datori di lavoro disposti a credere e sostenere la straordinaria forza femminile di battersi per scegliere quali ruoli impersonare.

Femminile singolare, Il vestito da sposa

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Un piano sequenza ci introduce in una semplice casa di periferia e nella sacrificata e umile vita di Simona (Monica Guerritore), una donna consumata dal faticoso lavoro di operaia. Madre moglie e figlia, Simona si alza ogni mattina sapendo che un nuovo giorno sta per cominciare, un altro giorno che prevede sé stessa in fondo alla lista delle cose da amare.

Ma c’è un sogno che la spinge a proseguire una vita fatto di poco e strettamente necessario, il suo oggetto magico è un vestito da sposa che sogna di poter comprare per le nozze della sua adorata figlia femmina. Sacrifici e tanti straordinari a lavoro valgono la pena per raggiungere l’oggetto tanto ambito. Il vestito è l’oggetto del desiderio che per la donna rappresenta il sogno infantile mai realizzato. Il desiderio incompiuto di una giovane donna che desiderava essere una principessa. Ma la vita di agi degna di una principessa è stata rimpiazzata da una fatta di fatiche e troppi sacrifici senza premi finali. Il principe che sperava è un figlio da accudire ed ha dovuto lavorare sodo per una famiglia che a stento la considera in qualità di essere umano con sogni ed esigenze.

In questa seconda storia di Femminile Singolare, la regia di Daniele Luchetti rimpiazza il paradigma drammatico lascia con una resa più ironica ma non per questo meno lacerante. Ne Il vestito da sposa il conflitto madre-figlia viene solo introdotto ma poco elaborato poiché subentra solo durante le ultime battute, quando sua figlia la rimprovera di aver provato ad innestarle la sua stessa vita di sacrificio. In definitiva resta un cortometraggio dilaniante che ben si aggrappa alle venature di una comicità dolce- amara.

Ballerina

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È l’alba e una giovane donna svenuta viene scaricata come un rifiuto su una spiaggia. Lei è Nicoletta (Agnese Claisse), una ragazza infelice e stanca di tutte le scelte che l’hanno portata ad una vita che non desiderava perché il suo sogno era diventare una ballerina.

In Ballerina de Femminile Singolare di Kristian Gianfreda la luce accecante del cortometraggio precedente si spegne crudele su strade buie accese soltanto dall’effetto stroboscopico del neon. Nella periferia sporca e desolata che brancola nella violenza passa un bus che invita Nicoletta a salire. In questa spiazzante sequenza le figure complici di una vita andata per il verso sbagliato si susseguono grottesche fino a spezzare l’anima fragile di una giovane donna, destinata a causa di altri ad una vita di infelicità.

Molestie e bullismo instillano nella ragazza la sensazione che quella ballerina che sognava di diventare fin da piccola è destinata a morire. Lustrini e scintillio non possono far altro che coprire il dolore di un grande trauma.

In questo carosello delle atrocità si muovono figure mostruose che ondeggiano come ombre malefiche in questa storia dal grande sospiro onirico. Per tutta la durata del corto abbiamo la sensazione che sia tutto un orribile incubo e solo alla fine ci rendiamo conto che quell’incubo era destinato a finire, perché in fondo Nicoletta in quella spiaggia non si è mai risvegliata.

Femminile Singolare: Ajo – Lei

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La violenza nelle relazioni di coppia, negli ultimi 5 anni, ha riguardato il 4,9% delle donne (1 milione 19 mila). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. La percentuale dei casi di violenza domestica commessa dal proprio partner sono del 62,7% . La violenza fisica (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex.

I panni sporchi si lavano in casa, non puoi denunciare perché non è bene che gli altri sappiano. È questo che dice un figlio a sua madre nel corridoio di un ospedale, lì perché picchiata dal marito.

In Ajo di Femminile Singolare il dramma della violenza domestica veste i panni di un paese lontano una religione tanto distante. Nel pensiero comune si è soliti credere che gli abusi e la violenza sulle donne sia circoscritto a specifiche religioni e questo ci ha portato spesso a considerare la violenza della cultura mussulmana come qualcosa di troppo distante rendendoci di fatto anestetizzati alla violenza che abbiamo ormai introiettato. Eppure dietro quelle campagne di sensibilizzazione esistono delle donne che sperimentano ogni giorno la fragilità di quel confine che le tiene in bilico tra la vita e la morte.

Il silenzio pervade molesto la durata di tutto questo cortometraggio di Femminile Singolare: gli uomini parlano calmi e sicuri dell’abuso che perpetuano, le donne sussurrano timorose un piano di fuga. Una camera spaventosamente immobile osserva raggelata e impotente in soggettive da stordimento.

Ma dove il figlio maschio ha scelto di perpetuare il sistema patriarcale di abuso che lo ha plasmato, la figlia femmina è la speranza più certa di salvezza femminile. La strada è lunga ma si può davvero ricominciare, madre e figlia possono davvero credere che ci si possa svegliare al mattino senza aver paura che sia l’ultimo.


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2 Comments

    • Gentile Mariella, dovrebbe informarsi presso distributori e promotori del film. Noi siamo semplici critici cinematografici! Un saluto

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