E sono 71 anni per Gabriele Salvatores, regista partenopeo la cui firma è coronata da una magica trilogia di pellicole anni Novanta: Marrakech Express (1989), Turnè (1990) e Mediterraneo (1991). Perché Salvatores è stato il primo a idealizzare il desiderio di fuga e di evasione di una generazione, a regalare al pubblico lo sguardo su un altrove inedito fino ad allora. Con il suo tocco inconfondibile e l’estrema genuinità dei suoi storici protagonisti, ha forgiato un’impronta cinematografica impressa nella memoria storica.
Recentemente le sale hanno accolto il suo ultimo lungometraggio, Comedians (2021), incorniciato dall’unità di spazio e tempo teatrale e votato a una riflessione sulla comicità. Un contraltare tematico, se vogliamo, a quella libertà da lui raccontata in un preciso contesto storico e indimenticabile ai posteri. Tuttavia il suo stile rimane immediatamente riconoscibile, costellando una carriera a cui tutti riconoscono un lascito rivoluzionario. Ecco dunque che la nostalgia insita nei tempi moderni ci riporta a quei primordiali anni Novanta e ai capolavori di cui vi raccontiamo la storia.
Ci hai mai pensato al fatto che saremo gli ultimi che hanno i ricordi in bianco e nero? Le foto dei nostri genitori, quelle delle vacanze, i programmi della televisione… Ma chi se li ricorderà più? “La Nonna del Corsaro Nero”… “Belfagor”… Siamo una tribù in via di estinzione, altro che balle.
Il primo Salvatores in viaggio: Marrakech Express
Primo film dell’iconica trilogia, Marrakech Express inaugura il 1989 con una trasferta in Marocco. Per la prima volta vediamo Gabriele Salvatores dirigere insieme i suoi memorabili interpreti: Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Gigio Alberti e Giuseppe Cederna. Quattro amici che, dopo dieci anni, si ritrovano per salvare dalla prigione un loro vecchio amico, arrestato in Marocco per possesso di hashish e condannato a vent’anni se non compensato di una cauzione di 30 milioni di lire. Il loro Virgilio lungo il viaggio è una donna, Teresa, che chiede il loro aiuto e li catapulta in una rocambolesca avventura.
Tra una comicità dolcemara e la bellissima colonna sonora, capitanata da Lucio Dalla, la comitiva imprime su pellicola, disponibile su Youtube, scene di culto. Tra queste l’indomabile partita a calcetto Italia – Marocco, accompagnata da La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori e immortalata nell’eternità dall’omaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini e una gamba (1997). Così si chiude il primo cerchio, che sancisce il rapporto di estrema complicità e spontaneità tra i protagonisti, all’insegna dell’amicizia come valore universalmente condiviso.
Un viaggio a due tra l’Italia e il teatro: Turnè
Il secondo film è quello che vede Abatantuono e Bentivoglio – complici co-protagonisti nel futuro Happy Family (2010) – in una locale esperienza on the road. Ci riferiamo a Turnè, secondo capitolo di una narrazione all’insegna dell’amicizia maschile che qui trova espressione in un brillante rapporto a due. Da un lato c’è il vulcanico Dario, dall’altro il più fragile e complesso Federico e, per chi conosce bene i due attori, è facile comprendere a chi corrispondano le due personalità. Entrambi sono attori e tra di loro c’è una donna, Laura Morante, fidanzata di Federico che ora sta con Dario. Il viaggio sarà proprio il pretesto per svelare la scomoda verità.
E in questo caso l’evasione trova sfogo in Italia, principalmente tra i paesaggi pugliesi. A bordo di una macchina, il dialogo tra i due amici si consolida su una cementaria sceneggiatura, scritta da Gabriele Salvatores e lo stesso Bentivoglio, con Francesca Marciano, Alessandro Vivarelli e Paolo Virzì. Torna la dimensione attoriale e la meta teatralità in una pellicola di immediata tenerezza e trasporto, modellata dall’immancabile humor riflesso sulla generazione post sessantottina.
Il capolavoro della fuga: Mediterraneo
Ed ecco che il numero tre appartiene al capolavoro di Salvatores, Mediterraneo (1991). Insignito del David di Donatello e del Premio Oscar come Miglior Film Straniero, la perla dell’utopico rifugio in Grecia guarda al 1941 e a otto soldati del Regio Esercito Italiano a presidio della mitologica isola di Megisti (Castelrosso). Questa si propone come il luogo ameno della fuga per eccellenza, tanto che la pellicola è introdotta dalla citazione del biologo Henri Laborit nel suo saggio del 1976, L’elogio della fuga: «In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare».
Questa frase traduce l’anima più viva della trilogia della fuga, laddove l’idilliaco paesaggio solitario del Mar Egeo sfuma tra l’ironia della rodata squadra di protagonisti e l’amarezza di un ritorno non voluto da tutti. Mediterraneo riflette quindi il confronto tra il passato recente e la contemporaneità di quegli anni Novanta in cui il popolo italiano cercava un punto di riferimento. Ancora una volta, quindi, Salvatores fa perno sul travolgente sentimento nazionale – altro giro, altra partita di calcio – in un luogo sospeso dove lo spaesamento spinge alla ricerca di sé.
Amicizia, sentimenti genuini, umorismo e riflessione esistenziale accompagnano tre film dall’eredità pregnante. Si parla anche di tetralogia in riferimento a queste pellicole, includendo anche Puerto Escondido (1992), con i soli Abatantuono e Claudio Bisio, il cui legame rimanda più alla trama di Turnè. Che sia un triangolo o un quadrato, il pacchetto dell’evasione di Salvatores è uno scrigno di ricordi ma perduti e dimenticati. Un inno alla ricerca del proprio io oltre le barriere.
Egr. Dr. Brioschi sono un grande estimatore del regista Salvatores (che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente alla farmacia Legnani a Milano alcuni anni fa) e conosco a memoria i suoi film. Sono un artista con una lunghissima carriera (ho iniziato nel 1976 e quindi sono 47 anni che faccio ricerca ed ho all’attivo oltre 60 mostre personali quasi tutte i spazi pubblici) e mi piace molto la precisione (che metto in tutte le cose che faccio). Ho letto con grande attenzione il suo l’articolo. All’inizio del suo scritto (parlando della colonna sonora) lei cita Lucio Dalla, invece le musiche sono di Roberto Ciotti (a questo musicista ho telefonato per avere alcune informazioni riguardo proprio alle colonne sonore scritte per Salvatores)…Pur essendo anch’io un musicista dilettante non conoscevo Roberto Ciotti prima di vedere i film di Salvatores (e di sentire queste splendide musiche) ed ho notato poi negli anni che in Italia non è stato apprezzato come avrebbe meritato per il suo grande talento e la sua profonda umanità!!! Ad maiora per il suo lavoro. Gi Morandini