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Ghostbusters Legacy

Ghostbusters Legacy è un buon reboot, ma ne sentivamo il bisogno?

Ghostbusters Legacy racconta una storia nuova mentre rispetta l’originale in modo intimo e affezionato

7 minuti di lettura

Seguendo la scia che negli ultimi anni ha investito Holldywood, il 18 novembre 2021 è uscito sul grande schermo Ghostbusters Legacy, con un titolo italiano che per una volta funziona meglio del corrispettivo originale Ghostbusters Afterlife. La regia è affidata a Jason Reitman, figlio di quell’Ivan che nel 1984 diede forma all’assurda idea di un gruppo di comici del Saturday Night Live su un’agenzia di acchiappafantasmi a domicilio. La domanda che però, al di là di ogni constatazione sul valore reale della pellicola, resta valida per tutte le operazioni di questo tipo (come per Space Jam) è una: ne sentivamo il bisogno?

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Ghostbusters Legacy e i sempreverdi anni Ottanta

Ghostbusters Legacy film
Una scena del film

Quando Raf si chiedeva cosa sarebbe rimasto degli anni Ottanta, non poteva immaginare l’infinita nostalgia che i suoi figli avrebbero avuto di quel decennio fatto di moda discutibile, baby pensioni e grande cinema blockbuster.

Il secondo decennio dei Duemila è un’epoca bastarda, ancorata al passato e dove il ricordo del tempo che fu permea ogni proposta d’intrattenimento, dai videogiochi alle serie TV fino al cinema. Qui i reboot fanno propri i grandi titoli del passato e li riassemblano sotto nuove lenti, per scavare nei meandri di sceneggiature che avevano l’innocente intento di divertire un pubblico vestito di tute acetate, bomber senza maniche e scarpe Superga.

Ghostbusters Legacy fa la stessa cosa, seppure con più garbo rispetto a tentativi precedenti (il 2016 non produsse solamente Suicide Squad, ma anche un orrendo reboot “al femminile” del film dell’84 che preferiamo dimenticare).

Si tratta di un sequel più che di un remake, ambientato ai giorni nostri in cui Callie, una madre single di due adolescenti, Phoebe e Trevor, dopo essere stata sfrattata, sceglie di trasferirsi in Oklahoma, nella casa del padre ora defunto. L’uomo aveva abbandonato Callie ancora bambina per condurre degli strani esperimenti in quella fattoria in mezzo al nulla, che ora la figlia ha ereditato.

Quando nella placida Summerville iniziano a verificarsi strani terremoti i due fratelli cominciano a indagare più a fondo sulla figura del nonno, che in passato aveva un’attività molto particolare a New York insieme ad altri tre uomini. Vi diamo un indizio: la pubblicità della loro impresa aveva un refrain molto accattivante per invitare i clienti a telefonare in caso di infestazione di fantasmi.

Phoebe e Trevor, insieme al loro amico Podcast mettono di nuovo in piedi i Ghostbusters per scoprire, vestiti e armati di tutto punto, cosa si nasconde sotto la montagna che domina la cittadina, da cui sembrano originarsi i fenomeni che sconvolgono la quieta vita della campagna dell’Oklahoma.

Jason Reitman omaggia Ghostbusters (e i fan della saga)

Ghostbusters Legacy protagonisti
I giovani protagonisti. Da sinistra: Finn Wolfhard, Mckenna Grace e Logan Kim

Arrampicarsi sulle spalle dei giganti del cinema, sfruttare la loro eredità per poi scappare usando il movimento tridimensionale (non siamo riusciti a resistere alla metafora, scusate) è una mossa codarda, amata dalle produzioni ma che spesso restituisce risultati deludenti al botteghino e pessime critiche.

Così non è (in entrambi i casi) per Ghostbusters Legacy che omaggia con rispetto la saga di Ghostbusters e i suoi protagonisti storici, facendo aleggiare la loro presenza su tutta la pellicola. D’altronde Reitman aveva vissuto il set dei film (apparendo anche come comparsa nel secondo capitolo), aveva conosciuto Dan Aykroyd, Harold Ramis e soci e soprattutto conosceva la creatura creata da tutti loro e Ivan Reitman, suo padre.

Per questo motivo Ghostbusters Legacy è un film che rispetta l’originale in modo intimo e affezionato, come vorrebbe un qualsiasi fan degli acchiappafantasmi. Per questo motivo e per una regia già rodata con pellicole di spessore del calibro di Juno e Tully, Jason Reitman crea un film che si regge in piedi da solo, ricordando un blockbuster anni Ottanta senza scimmiottare (o almeno non in modo farsesco) l’epoca d’oro del cinema di ieri (e di oggi).

Un plauso va anche al giovanissimo cast, che pur non avendolo visto nemmeno col binocolo, conosce decisamente bene il decennio dei Duran Duran e del mullet. Parliamo del Finn Wolfhard di Stranger Things nel ruolo di Trevor e Mckenna Grace, vera rivelazione del film, nel ruolo di Phoebe. Il punto di vista degli adulti è dato da un grandioso Paul Rudd, nel ruolo del professore di scienze dei ragazzi, vero appassionato di tutto ciò che è il mondo pop dei mitici 80s.

Ovviamente in Ghostbusters Legacy non mancano le citazioni e il fanservice, ma di quello che scalda il cuore, che fa sussultare lo spettatore in sala alla vista di una vecchia ambulanza abbandonata in garage con un logo sulla fiancata, che scompare un secondo dopo essere apparso. Non possiamo dirvi che certi momenti valgono il prezzo del biglietto, perché non sarebbe vero.

L’intero film vale il prezzo del biglietto. Vedere i nomi di Egon, Ray, Peter e Winston sulle tute, gli zaini protonici e le trappole, sono solo una gradita aggiunta a quello che è Ghostbusters Legacy: un bel film per ragazzi. Quindi qual è la risposta alla domanda iniziale, avevamo bisogno di questo film? No, ma non avevamo nemmeno bisogno di quattro comici per nulla attraenti in tute grigie da disinfestazione, eppure…


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1 Comment

  1. Ma se cominciamo a dare del “grandioso” così a caso…allora cosa dovremmo mai dire degli attori che interpretavano gli acchiappafantasmi originali? Che erano degli dei?
    Onestamente non ho trovato una recensione una in rete che raccontasse davvero le cose come stanno. Attori che non hanno nulla a che fare con lo spirito degli originali. E quindi come si fa a dire che questo è Ghostbusters 3?
    Si tratta di un film ben girato ma non è un film dei Ghostbusters. E’ un film PER i Ghostbusters.
    Un omaggio. Una celebrazione. Con un nemico riciclato.
    I due film precedenti si limitavano forse a questo compitino/esercizio di stile?
    Un po’ di onestà intellettuale per favore.

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