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Gold, l’oro nascosto del cinema australiano

3 minuti di lettura

Un deserto sconfinato, un’enorme pepita d’oro e due avventurieri dal passato misterioso, pronti a tutto per difendere il tesoro che potrebbe cambiare le loro vite.

Gold, film di Anthony Hayes con protagonista Zac Efron è un racconto post-apocalittico sui generis, che priva lo spettatore di uno scenario approfondito e di un mondo definito per raccontare un evento circoscritto e finito, simile ad una fotografia in movimento.

L’uomo, il deserto e un sasso

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In un futuro non meglio specificato, un uomo (Zac Efron) è in viaggio alla ricerca di un non meglio specificato accampamento nel deserto, accompagnato sotto pagamento da un contatto a lui sconosciuto.

Durante una sosta forzata i due si imbattono in un pezzo d’oro che fa capolino dal terreno e cercano di organizzarsi per potersene impadronire.

La vera odissea del primo uomo inizia nel momento in cui rimane solo per difendere l’oro mentre il secondo uomo (lo stesso regista Anthony Hayes), si allontana alla ricerca dei mezzi utili per estrarlo.

Gold, tensione da rimanere attaccati alla poltrona

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Zac Efron in Gold

Un cast risicato e un’unica location (un deserto che appare sconfinato) costituiscono la spina dorsale di un film caratterizzato da ampie inquadrature capaci di restituire un senso di desolazione, pericolo e incertezza e da un ritmo lento e cadenzato che non aumenta mai di giri e che mantiene una tensione sempre più opprimente mano a mano che la vicenda si avvicina al finale, che in qualche modo appare scontato.

Meno scontati i sottotesti, mai esplicitati, che si riferiscono ad un materialismo poco lungimirante e allo sfruttamento di popoli e risorse.

In riferimento al cast, da notare la piacevole sorpresa di uno Zac Efron, protagonista assoluto, che recita in completa solitudine per oltre metà pellicola, sfigurato dei suoi lineamenti nella maniera più brutale e meno hollywoodiana possibile.

Può essere oro anche ciò che non luccica

Gold, in conclusione, non è soltanto l’ennesima ottima opera post-apocalittica partorita in terra australiana, ma la dimostrazione del fatto che possa bastare una buona idea, per quanto semplice, per raccontare una storia che, seppur senza complessità e ghirigori, sia capace di tenere incollati allo schermo e di far empatizzare con personaggi lontani dagli standard e di difficile interpretazione.

Una pepita d’oro, per quanto piccola e nascosta.


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