L’amore dei maschi, degli uomini alle prese con angosce, pentimenti, rimorsi, rimpianti amorosi e millimetrica attenzione ai dettagli. L’espediente narrativo de Il Discorso Perfetto muove dalla cornice personale del regista: “Chiedete ai miei cari come mi comporto durante i pasti in famiglia: sono nel mio mondo, e la mia testa è piena di pensieri”.
Quel che il regista decide di ritrarre sono le tacite condizioni d’esistenza dell’essere umano nel rapporto con gli altri, il modo peculiare di gestire i vuoti, le assenze e le presenze ingombranti, nel tentativo di presentarsi come la miglior versione di se stessi. Il Discorso Perfetto è l’occasione per Adrien di rimettere in moto la propria vita, di ripercorrere mentalmente l’esatto momento in cui la comparsa dell’egoismo ha declinato tutto ciò che conosceva lungo una traiettoria diversa.
Per festeggiare San Valentino Laurent Tirard (Le Petit Nicolas) firma Il Discorso Perfetto; divertente commedia francese che, dopo Cannes — nella Selezione Ufficiale (2020) — e Roma, nella 15ma edizione della Festa del Cinema, arriva nelle sale italiane il 10 febbraio, interpretata da Benjamin Lavernhe, Sara Giraudeau, Kyan Khojandi, Julia Piaton, Francois Morel e Guilaine Londez, e distribuita da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection.
Il discorso perfetto: strategie di messaggistica amorosa “for dummies”
38 giorni. Il tempo sufficiente, per una relazione al tramonto, a distinguere una pausa da uno stop definitivo. La felicità di Adrien (Benjamin Lavernhe), sopita sotto le pressioni di una vita da risollevare e offuscata da attacchi di panico sempre più frequenti che sfociano spesso in ipocondria ingiustificata, viene messa a dura prova quando la storica compagna, Sonia (Sara Giraudeau), se ne va di casa senza dargli spiegazioni.
Dopo settimane di silenzi e fasi emotive che vanno dalla totale depressione all’accettazione apparente, Adrien decide di farsi vivo con un messaggio. Un breve messaggio, poco ragionato, continuamente messo in discussione, modificato, migliorato, cui affida le speranze di ricostituire un rapporto con la donna della sua vita. Quando il telefono squilla però, Adrien è impegnato in una cena di famiglia, ospite a casa dei genitori (Guilaine Londez e François Morel) insieme alla sorella Sophie (Julia Piaton) e al suo promesso sposo Ludo (Kyan Khojandi). Perso tra i pensieri, in bilico tra flashback — nostalgici o esplicativi della sua intolleranza familiare — e creativi sogni lucidi, Adrien si trova a fare i conti con un angosciante imprevisto: il discorso perfetto che dovrà dedicare alla sorella nel giorno più importante della sua vita.
Adrien come Alvy Singer: passato, presente e futuro attraverso la quarta parete
Nel suo capolavoro del ’77, Io e Annie, Woody Allen prestava il volto e la voce al comico Alvy Singer che – attraverso la rottura della quarta parete – attirava lo spettatore nel vortice del suo declino sentimentale, impiegato emotivamente e psicologicamente nella fine della relazione con l’iconica Annie di Diane Keaton. Dialogando direttamente con il pubblico, l’affranto e turbato Alvy coglieva la chance di ripercorrere l’anno di relazione con l’amata, i nodi critici del loro rapporto, nel tentativo di individuare quali tra le motivazioni collegate all’infanzia, la sua depressione, le sue nevrosi, avesse portato Annie a lasciarlo. Adrien è la versione francese dell’Alvy alleniano che, in chiave comica e dissacratoria, viviseziona le lacune di una storia afflitta dal peso individuale, scandendo il tempo amoroso attraverso le lancette di aneddoti familiari drammatici quanto sardonici.
Il Discorso Perfetto, adattato per il grande schermo sull’omonima matrice letteraria di Fabrice Caro (Le discours), mette in scena l’anamnesi di un rapporto al culmine, con una squisitezza arguta e farsesca, tipicamente francese, che sebbene risulti abile nel ritrarre la commedia umana nelle sue stravaganze esistenziali – tra innamorati perversi, dinamiche relazionali squilibrate e acredini familiari – disperde il suo carisma privilegiando un’innaturale forzatura comica. La retorica di smascheramento dell’artifizio attraverso l’autenticità di un personaggio genuino e disinvolto dichiara la resa nell’ostentata spigliatezza di Adrien, sempre a favore di camera, valente nel gremire i vuoti quanto ordinario nel saturarne i silenzi.
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