Se Oppenheimer (2023) ci ha ricordato perché la bomba nucleare vada presa sul serio, a sessanta anni dall’uscita nelle sale Il Dottor Stranamore, ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba continua a dimostrarci che alla fine è tutta una farsa, tragica e grottesca contemporaneamente. Il capolavoro di Stanley Kubrick uscì oggi 29/01 in un anno molto particolare, il 1964, che vide al cinema anche un altro meraviglioso film a tema nucleare: come due facce della stessa medaglia, A Prova di Errore e Il Dottor Stranamore raccontano la stessa storia con due stili diametralmente opposti.
Il Dottor Stranamore, ovvero: perché la guerra è assurda
Prima di tutto, un veloce ripasso per riapprezzare Il Dottor Stranamore: Peter Sellers domina lo schermo non con uno ma con ben tre personaggi distinti, mentre tutti i suoi comprimari non fanno che alzare l’asticella in fatto di tempi comici.
Il primo personaggio di Sellers è un Capitano del RAF, l’aeronautica militare britannica, che viene tenuto in ostaggio da un suo superiore americano -dall’appropriato nome Jack D. Ripper- completamente impazzito: il Capitano non può far altro che stare a guardare mentre l’americano dà l’ordine irrevocabile di iniziare un’operazione di attacco nucleare in territorio sovietico. Contemporaneamente al Pentagono, “le più grandi menti d’America” cercano di risolvere la situazione: l’incompetente presidente degli Stati Uniti (sempre Sellers), un generale dell’esercito non meno invasato del Capitano assetato di sangue ed un ex-scienziato delle SS naturalizzato Statunitense, il titolare Dottor Stranamore ed ultimo ruolo di Sellers nel film.
Insieme al presidente russo Dimitrij collegato telefonicamente e all’ambasciatore sovietico presente nella stanza, cercano di salvare il salvabile con le proposte più assurde e insensate che la mente umana possa partorire. Il Dottor Stranamore si sviluppa infatti in una sorta di cinico gioco fondato sui simboli e le ipocrisie dell’essere umano: il generale che, dopo aver abbandonato l’amante in hotel per raggiungere il presidente, chiede se per ripopolare la terra dopo l’olocausto nucleare bisognerà rinunciare alla monogamia, Stranamore che propone “umanamente” di far sì che siano i computer a scegliere chi salvare nei bunker e chi abbandonare, o il presidente che urla al generale che ha appena assalito fisicamente l’ambasciatore russo: “no fighting in the war room!“
Nelle altre due location che seguiamo, la base dove Capitano inglese e Colonnello americano sono barricati e l’aereo in volo per sganciare le sue bombe, assistiamo a situazioni ugualmente ridicole: il Colonnello americano rivela di essere ossessionato dai comunisti che “rubano i fluidi corporei” da quando durante l’atto sessuale si è di colpo sentito “svuotato;” oppure il Maggiore che sull’aereo inforca un cappello da cowboy appena arriva l’ordine di attaccare.
Tutta questa assurdità è ciò che Kubrick imputa all’essere umano in quanto tale, una scimmia adatta solo a colpire altre scimmie con pietre sempre più grosse, che si è ad un tratto trovata a dover gestire un’arma di distruzione di massa la cui mera idea sarebbe parsa ridicola a qualsiasi altra specie che si possa definire intelligente.
La guerra su larga scala è ridicola, i linguaggi della guerra sono ridicoli e spesso gli uomini in carica di gestire queste guerre sono i più ridicoli di tutti, col loro inappropriato cameratismo, la loro fede nella forza bruta e il loro cieco patriottismo. La guerra fa ridere nella sua incomprensibile assurdità e finché non diventa realtà. Per questo Kubrick sceglie di chiudere Il Dottor Stranamore con immagini di repertorio di test nucleari: per ricordarci che la bomba atomica esiste e che forse in fondo non c’è niente da ridere a riguardo.
A Prova di Errore: I’m “dead” serious
Nel 1964 Sidney Lumet sceglie di prendere la guerra nucleare seriamente come forse nessuno aveva fatto fino ad allora: A Prova di Errore esce quasi in contemporanea a Il Dottor Stranamore e da subito si impone come sua immagine riflessa; un thriller psicologico montato freneticamente, con spazi chiusi e geometrici che intrappolano e comunicano un crescente senso di claustrofobia rafforzato dall’insistente uso di primissimi piani, in netta contrapposizione con la freddezza e la distanza che Kubrick utilizza per restare fuori dall’azione e mostrarci da spettatore l’assurdità della guerra.
Lumet sceglie invece di portare il pubblico dritto nell’azione, identica e sottolineo, identica, a quella de Il Dottor Stranamore (con tanto di enorme schermo sul quale seguire gli spostamenti degli aerei, chiamata fra presidenti e generali infervorati dalla loro sete di sangue) se non per una sostanziale differenza: per Kubrick l’errore è la folle vanagloria umana, per Lumet è l’assoluta automazione di tutti i sistemi umani. In A prova di Errore, l’incidente scatenante è infatti dovuto ad un calcolo errato dei computer che non riesce ad essere corretto da nessuno degli uomini presenti.
La guerra di Lumet non fa ridere, anzi: è il tormentato monito nei confronti di un futuro distopico ormai divenuto presente tecnocratico, nel quale la compassione umana non ha più spazio di fronte alla precisione delle macchine. Paradossalmente, il thriller ansiogeno di Lumet è profondamente umanistico, mentre la graffiante commedia di Kubrick è inesorabilmente cinica.
La verità probabilmente sta nel mezzo, ma di sicuro ad entrambi va riconosciuto l’aver intercettato e rappresentato situazioni storiche che furono avanguardistiche per l’epoca e che sono tornate ad essere di allarmante attualità in tempi recenti. In un mondo di guerre senza senso, intelligenze artificiali fuori controllo e leader incompetenti e ipocriti, sia il finale di A Prova di Errore che quello de Il Dottor Stranamore ci ricordano che la minaccia atomica è il limite che l’essere umano non deve mai superare.
“We’ll meet again
Don’t know where
Don’t know when
But I know we’ll meet again some sunny day“
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