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Il Punto di Rugiada

Il Punto di Rugiada, il film dopo i titoli di coda

6 minuti di lettura

Ci sono i ragazzi dentro, ci sono le sbarre di un “istituto,” ci sono i maestri di vita e c’è la scelta di non addolcire la pillola della realtà. Insomma, c’è tutto il cinema di Marco Risi nel suo ultimo Il Punto di Rugiada, uscito nelle sale il 18 gennaio. Eppure questa ultima fatica del regista figlio di Dino Risi, si distanzia di non poco da alcuni dei precedenti lavori dell’autore.

Il Punto sul cinema di Marco Risi

Il Punto di Rugiada

Conosciuto negli anni ottanta e novanta per drammi spesso a sfondo sociale, fra le tematiche preferite da Risi c’è quella delle voci inascoltate: esemplare già solo la locandina del suo Fortapàsc (2009), in cui il giornalista ucciso dalla mafia Giancarlo Siani compare con la bocca cancellata, graffiata via dal poster. O ancora Il Muro di Gomma (1991), nel quale le voci dei parenti delle ottantuno vittime morte a Ustica nel 1980 vengono silenziate e ignorate dal governo italiano. Impossibile non citare il famosissimo Mery per Sempre (1989) ed il suo seguito Ragazzi Fuori (1990), entrambi dediti a raccontare le esperienze di vita di giovani delinquenti in riformatorio dimenticati dal mondo e trattati come bestie dai loro carcerieri. Eppure Il Punto di Rugiada rinuncia allo spirito polemico del Risi più critico per concedersi un approccio cinematografico più poetico e maturo.

Il Punto di Rugiada è un film contemplativo nei modi, lento nei tempi, un poco anziano per natura: la trama vede infatti protagonista un ragazzo condannato a passare sei mesi di servizio civile in una casa per anziani, accudendone i residenti e contemporaneamente riprendendo il controllo della propria vita grazie all’incontro con un vecchio fotografo ospite della struttura. Se le premesse possono sembrare smielate o quantomeno già viste, lo svolgimento lascerà sorpresi non pochi spettatori in fatto di crudezza: in questo caso si parla della solitudine, finemente tratteggiata con brevi sguardi degli attori e solo apparentemente innocue battute della sceneggiatura, degli anziani protagonisti di queste vicende; ancora una volta voci inascoltate, dimenticate dal resto del mondo e in un certo senso incarcerate tanto quanto i ragazzi di Mery per Sempre.

Altra grande caratteristica di Risi è sempre stata quella di non scendere a compromessi con le aspettative del pubblico. La vita raramente è fatta di finali felici e proprio in questo Il Punto di Rugiada riesce a cavalcare la sottilissima linea fra il favolistico e il biecamente reale: se in Mery per Sempre il professore del riformatorio strappa la lettera di promozione appena ricevuta davanti ai suoi studenti per rimanere con loro, con tanto di musica crescente e ampio movimento di camera a sottolinearne la positività, ne Il Punto di Rugiada il finale ha un sapore classicamente dolceamaro, fatto di inquadrature semplici ma ben composte, di personaggi che sommessamente festeggiano un matrimonio subito dopo aver partecipato ad un funerale. Ma è dopo l’ultima inquadratura e con i primi titoli di coda che il film voluto da Risi comincia veramente ad essere proiettato.

Il Punto di Rugiada inizia dopo la sua fine

Il Punto di Rugiada

Il Punto di Rugiada informa immediatamente i suoi spettatori del periodo storico in cui è ambientato: a schermo nero, subito dopo la sequenza d’apertura, compare un’innocua scritta a bordo schermo che semplicemente riporta l’anno “2018.” Soltanto una volta giunti ai titoli di coda sarà chiaro perché questa data è tanto importante: a precedere la classica carrellata di attori e tecnici che hanno lavorato al film, comparirà infatti un cartello che temporalmente sposta l’azione nel 2020, con tanto di scritta a ricordarci che in quell’anno è successo qualcosa che ha cambiato la vita di tutti. Dopo questo primo cartello ne verranno molti altri, raccontandoci a parole -come lugubri epitaffi- come ognuno degli anziani che abbiamo conosciuto durante il film sia stato silenziosamente stroncato dal Covid.

La semplicità dell’esecuzione e la raffinatezza con cui l’intero cast è stato caratterizzato durante il film, rendono ogni nuovo cartello una ferita dritta al cuore, un silenzioso sterminio riflesso di quello che è realmente accaduto in moltissime residenze per anziani durante il periodo pandemico: decine di vite spentesi nel silenzio, spezzate in pochi giorni e infine dimenticate. Il Punto di Rugiada cattura alla perfezione l’impatto che il Covid ha avuto sulle vite di chiunque perché sceglie di parlarne mostrando la vita com’era prima che colpisse: contemplativa, lenta e regolare come è l’intero film fino alla sua definitiva, amarissima conclusione. L’atto cinematograficamente radicale sta nel posizionare il cuore del film dopo il suo finale narrativo, come un vero e proprio “fulmine a ciel sereno.”


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Appassionato e studioso di cinema fin dalla tenera età, combatto ogni giorno cercando di fare divulgazione cinematografica scrivendo, postando e parlando di film ad ogni occasione. Andare al cinema è un'esperienza religiosa: non solo perché credere che suoni e colori in rapida successione possano cambiare il mondo è un atto di pura fede, ma anche perché di fronte ai film siamo tutti uguali. Nel buio di una stanza di proiezione siamo solo silhouette che ridono e piangono all'unisono. E credo che questo sia bellissimo.

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