È in sala Coma di Bertrand Bonello, distribuito da Wanted Cinema dal 10 al 12 luglio. Un film che rivanga un opprimente passato di recente memoria che sembra finalmente ormai lontano. Anche se la pandemia di COVID-19 pare non abbia influito sul cinema (se non in ambito produttivo), la società è stata di certo segnata da quel periodo di paura e incertezza, così come gli autori, che in un modo o nell’altro riversano le esperienze vissute nei propri film.
Coma è finora il prodotto che più di tutti è stato in grado di trattare il dramma e le conseguenze della pandemia, e lo ha fatto con uno stile sperimentale dovuto proprio ai limiti materiali imposti dal lockdown.
La pandemia nel cinema
Esiste un mondo pre e un mondo post COVID-19. Tutto si è fermato, tutto è cambiato all’improvviso. Chiunque, anche solo per un momento, si è sentito all’interno di un film di fantascienza apocalittico. Soprattutto i primi tempi, quando questa era una spaventosa novità, la paura era l’unica reazione logica e istintiva. I tragici numeri in costante crescita, il terrore di uscire di casa, i camion carichi di bare. Poi l’abitudine al lockdown ha sviluppato un altro modo di vivere la vita, anomalo ma divenuto presto normalità. Il coprifuoco, le zone di diverso colore, le mascherine, le videochiamate, la didattica a distanza, e per gli appassionati di cinema addirittura i festival online.
Il film più visto di quel periodo è stato Contagion di Steven Soderbergh, pellicola del 2011 che sembrava aver predetto il drammatico momento che tutti stavamo vivendo. A dimostrazione che il pubblico non voleva solo distrarsi, ma essere stimolato da opere in grado di scatenare sensazioni a lui vicine in quel momento. Ma quel che ci si chiedeva è come il cinema del prossimo futuro avrebbe trattato questo periodo storico.
Ad oggi, con l’emergenza pandemica ufficialmente rientrata, non sembra che questa sia stata particolarmente considerata sul piano narrativo. È da menzionare Homemade, la serie Netflix composta da diciassette cortometraggi diretti da autori del calibro di Paolo Sorrentino, Pablo Larraín e Ladj Ly. Corti fatti in casa – come da titolo – a cui si può aggiungere Quattro strade di Alice Rohrwacher. Piccoli film che nei limiti dei loro spazi si esaltano attraverso l’umanità e l’inventiva dei propri autori.
Bertrand Bonello invece gira un lungometraggio incentrato su una protagonista dichiaratamente ispirata a sua figlia, osservando quindi il lockdown attraverso gli occhi dell’adolescenza, ovvero il periodo di transizione per antonomasia.
Coma, il ruolo del web ai tempi del lockdown
La pandemia arriva in un periodo storico in cui il web ha già monopolizzato le attenzioni degli adolescenti. Una volta che questi si ritrovano costretti a restare tra le mura di casa, il web assume definitivamente un ruolo vitale. La protagonista senza nome (interpretata da Louise Labèque) è completamente alienata dal resto del mondo, e anche solo uscire di casa fa navigare la sua fantasia, portandola a immaginare d’essere in un film di spionaggio dove viene osservata e inseguita come fosse una minaccia.
In Coma gli unici contatti con il mondo esterno sono attraverso gli schermi, teatro di videochiamate tra amiche e di avvenimenti drammatici dubbiamente reali. Nel film c’è una possibile morte, ma la lontananza creata dal lockdown non consente né a noi né ai protagonisti di comprendere se questa sia reale. Un film-limbo costruito su incertezze, onirismo e fantasie.
Simbolo del dubbio tra reale e immaginifico è il personaggio di Patricia Coma (Julia Faure), youtuber-influencer tuttofare: meteorologa, insegnante di lingue, psicologa e tanto altro; oltre alla particolarità del suo canale, sembra che lei si rivolga sempre alla protagonista, innestando più di un dubbio sulla sua reale esistenza. È come se l’alienazione avesse portato la protagonista ad avere un’amica immaginaria, che in tempo di lockdown e quindi nel periodo più virtuale della storia dell’umanità, assume la forma di influencer.
Coma, quando i limiti del lockdown diventano sperimentazione filmica
Sarebbe stato semplice scrivere un film lineare sulla pandemia, facendo leva su emozioni facili legate al dramma provato dal mondo intero, o semplicemente mettendo in scena situazioni in cui chiunque si sarebbe naturalmente rivisto. Quel che fa Bonello è tutt’altro che semplicità narrativa, anzi utilizza il lockdown come mezzo per sperimentare, analizzando le conseguenze psichiche e fisiche di una vita forzatamente alienante.
Così come il personaggio di Patricia, Coma risulta essere immaginario ma radicato nel contesto pandemico (poiché legato al mondo del web), anche i sogni della protagonista non riescono a elevarsi a qualcosa di diverso dal periodo che sta vivendo. Questi sono claustrofobici, affannati, con la ragazza smarrita in un limbo indecifrabile e inquietante, sintomo di un subconscio ingabbiato insieme al suo corpo.
L’immaginazione della protagonista di Coma porta il film a una metamorfosi tecnica sotto forma di animazione digitale e animazione in stop-motion, con quest’ultima che viene sfruttata per animare delle bambole che intrattengono l’adolescente mettendo in scena un mix tra una soap opera e una sit-com. Anche questa non riesce a distaccarsi dall’immaginario virtuale, tant’è che le bambole citano spesso meme o tweet di personaggi famosi (ad esempio Donald Trump).
Mentre le parti in live action sono composte da un piccolo cast, quelle animate sono colme di nomi di spicco del panorama cinematografico francese, come Louis Garrel, Laetitia Casta, Vincent Lacoste, Anaïs Demoustier e il compianto Gaspard Ulliel, in quello che è purtroppo il suo ultimo film. Nomi importanti che, per motivi economici, difficilmente avrebbero potuto partecipare tutti insieme a un film piccolo come questo.
Ma Coma prende coraggio dai limiti della pandemia, e dove non può far valere il corpo dà forza alla propria voce. Una voce artistica, originale, figlia della Nouvelle Vague godardiana e della fantasia sfocata e inquietantemente criptica di David Lynch. Un film divertente, intelligente, a tratti forse un po’ freddo e cervellotico, ma funzionale alle sensazioni stranianti del limbo pandemico che noi tutti abbiamo vissuto.
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