Il 24 ottobre 2023 spegne venti candeline un’opera citazionista e sanguinaria, una storia epica in quattro ore che si dispiega in una contorsione temporale nutrita di analessi e prolessi e divisa in due volumi. Kill Bill Volume 1 è la prima parte di una complessa vendetta che trova la sua genesi in una frase contenuta nei titoli di coda del film: “Based on the character of the Bride created by Q&U”. Quella sposa, incarnata dal personaggio ambivalente ed iconico di Beatrix Kiddo e modellata sull’elegante figura di Uma Thurman nasce da un’idea dell’attrice stessa e di Quentin Tarantino durante le riprese di Pulp Fiction (1994). Vede però la luce sul grande schermo solo nove anni più tardi, con una sceneggiatura completata a capolino del nuovo millennio.
Nasce così il quarto film di Tarantino, che si consolida nella ritualità della vendetta, intesa nella sua matrice di vengeance, ovvero forte desiderio di un atto punitivo intriso di giustizia. Su questo principio, Tarantino, alchimista dietro la macchina da presa, costruisce una narrazione polimorfa, che abbraccia diverse forme estetiche e rivoluziona il modo in cui lo spettatore fruisce i suoi film. Kill Bill Volume 1, come un’onda nutrita di sangue e combattimenti al cardiopalma, tratteggia in maniera sofisticata una coralità di personaggi, mentre affila i loro destini già scritti con la lama sempiterna di Hattori Hanzo. Come riesce un’opera ventennale a mantenere il suo gradiente iconico? La parola al cinema.
Kill Bill Volume 1, il principio in medias res
Kill Bill Volume 1 è un film che sin dal principio disobbedisce alla cronologia temporale, rimescolando le carte della storia in una suddivisione tematica a capitoli. Non è quindi un caso che il primo di questi si intitoli “Due” e mostri l’uccisione da parte di Beatrix Kiddo “Black Mamba” di Vernita Green “Testa di Rame”, interpretata da Vivica A. Fox. Tra le due si consuma il primo, sanguinoso, combattimento del film, che spezza l’idilliaca routine di una tranquilla villetta familiare a Pasadena e avviene sotto lo sguardo della figlia di Vernita, una bambina a cui Beatrix consegna l’eredità di una vendetta futura.
Il presente e il futuro si incontrano così in un atto che risponde al passato, esattamente a quattro anni prima, quando avvenne l’evento a monte della vendetta di Black Mamba: il massacro della cappella nunziale di El Paso, in Texas. Di quest’ultimo appare un indispensabile frammento drammaturgico nel teaser, offrendosi al pubblico in un’inedita veste in bianco e nero. Una scelta stilistica così peculiare è propria anche del flashback riguardante le Origini di O-Ren Ishii “Mocassino Acquatico”, interpretata da Lucy Liu. La crudezza del suo passato, tratteggiato da abusi, violenza e morte, si esprime attraverso l’animazione, a esorcizzare il trauma in una forma stilistica lontana dalla fisicità di una realtà così drammatica.
C’è quindi un mondo, quello del passato, che vive in un limbo stilistico differente, in una favola nera che cerca la sua evasione dai ricordi in un feroce atto di vendetta. In Kill Bill Volume 1 il tempo è dunque un personaggio a sé, che viaggia tra più dimensioni, modellando il ritmo serrato e violento della storia con le languide canzoni di Nancy Sinatra e Santa Esmeralda.
Capitolo 2: serpenti, assassini e arti marziali
Nel 1978, lo Studio Shaw, casa di produzione giapponese specializzata in film ad alto dosaggio di arti marziali lancia Le furie umane del kung fu (Five Deadly Venoms). Nella pellicola, uno studente di kung fu promette al suo maestro, in fin di vita, di ritrovare cinque suoi ex allievi per scoprire se hanno fatto dell’antico combattimento uno strumento di morte e, in tal caso, ucciderli. I cinque si rivelano membri di una spietata squadra di assassini, in cui ciascuno porta il nome della sua abilità di combattimento: serpente, scorpione, ragno, millepiedi e lucertola. Questa similitudine animale si consolida in Kill Bill Volume 1 sotto l’egida del serpente, portavoce della Squadra Assassina delle Vipere Mortali.
Il serpente è simbolo di vita che si rigenera, è una creatura metamorfica che cambia sempre abito, clonandosi in una nuova vita infida, silenziosa, affascinante e letale. Così, nell’ombra, si muovono le vipere assassine, nei cui soprannomi si nasconde già gran parte della connotazione dei personaggi. In questo, Tarantino compie una mirabile opera di sintesi, che dà spazio all’azione, lasciando che siano i protagonisti, con il loro modo di vivere il pericolo, a raccontarsi. Ecco quindi che Black Mamba (Beatrix Kiddo), soprannominato “L’Ombra della Morte” è in assoluto il più veloce serpente al mondo, dal veleno fatale. Lo segue il Mocassino Acquatico o Cottonmouth (O- Ren Ishii) il cui morso imprime un dolore straziante, sebbene non letale.
A Testa di Rame (Vernita Green) spetta una distintiva capacità mimetica, caratteristica anche del Crotalo Celeste. Quest’ultimo, soprannome di Budd, fratello di Bill interpretato da Michael Madsen, rimane nell’ombra in Kill Bill Volume 1, ma preannuncia il suo arrivo con il suo riferimento ofidico, ovvero un serpente abile a percepire le sue prede da grande distanza, fiutandone il calore corporeo in attesa di attaccare, a sorpresa. Chi ricorda Kill Bill Volume 2, sa. Infine, è ironico che il Serpente Montano della California, specie endemica e innocua dell’omonimo stato, sia il soprannome della prima nemica di Beatrix, Elle Driver, interpretata da Daryl Hannah, e grande conoscitrice di serpenti e dei loro veleni.
Uomini, chi?
Mentre le vipere assassine, o almeno tre di loro, fagocitano lo schermo in Kill Bill Volume 1, c’è qualcuno che rimane nelle retrovie. Lui è Bill, lo interpreta David Carradine, subentrato all’ultimo nel film al posto di Warren Beatty come Incantatore di Serpenti. Bill è un burattinaio, che muove i fili della storia nell’oscurità, mentre Beatrix lo cerca, come ultimo nome, il più importante, della sua lista. Non viene mai mostrato in volto nel primo film, ma la sua presenza aleggia mortifera e si traduce con forza in quel teaser in bianco e nero in cui, dopo aver asciugato il sangue dal volto della sua ex amata in fin di vita che gli dice “Bill, è tua figlia”, le imprime un proiettile in testa. Bill è quindi il simbolo della controparte sopraffattrice maschile destinata a soccombere, sin dal titolo, che evoca una precisa volontà affermativa.
Il potere è in mano alle donne, animate da una rabbia sotterranea e decise a vendicare un torto subito. Così Beatrix è sola, come le eroine della blaxploitation anni ’70, capitanate da Coffy (1973), cult con protagonista la Pam Grier di Jackie Brown (1997), il film tarantiniano che anticipa Kill Bill Volume 1 di sei anni. E non è un caso che lo scontro principe del primo film sia quello tra Beatrix e O-Ren Ishii, una donna che, dopo violenze e soprusi, ha scavalcato gli uomini della Yakuza, diventando il boss indiscusso di Tokyo. E se la morte di O-Ren Ishii ha una sua dignità, personaggi come Sofie (Julie Dreyfus) ed Elle Driver, appaiono deboli sotto la corazza, perché tenute sotto il giogo di Bill.
Kill Bill Volume 1, to be continued…
Kill Bill Volume 1 è solo l’assaggio di un’opera che va esperita nella sua completezza, ma che già dal primo capitolo sancisce una precisa scelta stilistica nella filmografia tarantiniana. Come una matrioska, Kill Bill raccoglie al suo interno più mondi cinematografici, in un’esperienza sensoriale che ad ogni visione, anche a distanza di vent’anni, lascia riscoprire un suo lato nascosto.
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