È al cinema dall’1 giugno il film d’esordio alla regia di Jasmine Trinca, la pluripremiata attrice italiana che quest’anno, proprio alla 75ª edizione del Festival di Cannes, oltre ad aver presentato il suo film nella sezione delle Proiezioni Speciali, ha anche fatto parte della Giuria dei film in concorso.
La conflittualità tra artista e figlia d’arte
“All’arte si deve la vita”, frase chiave pronunciata dal personaggio interpretato da Alba Rohrwacher, artista di strada accompagnata sempre dal suo cane e collega di performance Marcel, mentre la figlia (interpreta da Maayane Conti) sta lì, in disparte, come un personaggio pronto per salire sul palcoscenico ma costantemente in attesa, nascosto dal sipario. La scomparsa del cane stravolgerà la vita della madre, inasprendo ancor di più i rapporti con la figlia, che entrerà in scena portandosi dietro un bagaglio di rancori inespressi (e che purtroppo per il film resteranno tali).
Il rapporto conflittuale tra le due è frutto di un legame più profondo tra la madre e Marcel, probabilmente non un vero e proprio legame affettivo, ma un legame artistico tra performer, un valore che la figlia non può ottenere restando se stessa.
Marcel!, un film intimo e introverso
Quello di Jasmine Trinca è un film intimo, a tal punto da diventare introverso, poiché incapace di smuovere gli animi dei suoi personaggi, che vorrebbero e dovrebbero venir fuori per le dinamiche della trama, ma che restano ancorati a scorci di dialoghi che si affacciano sullo schermo senza farsi notare, apparendo senza emozionare.
A intensificare l’incertezza caratteristica dei personaggi c’è la scelta di non dare loro dei nomi: eccetto per Marcel, c’è la madre, la figlia, il nonno (interpretato da Umberto Orsini) e la nonna (interpretata da Giovanna Ralli, fresca vincitrice di un David di Donatello alla carriera); di certo non è il primo film ad agire in questi termini, ma in questo caso è come se si creasse ancora più distacco tra i personaggi e lo spettatore, quasi come se quest’ultimo non conoscesse davvero i protagonisti della storia a cui sta assistendo.
Va detto però che questa potrebbe essere una cosa voluta, mirata a rendere “reale” solo il cane Marcel in quanto rappresentazione dell’arte, con un nome talmente importante da diventare il titolo dell’opera.
Jasmine Trinca, un occhio artistico che promette bene
Nonostante una sostanza acerba, Jasmine Trinca dimostra un’ottima mano sul lato tecnico: gira in 4:3 e predilige inquadrature fisse, sfoggiando quadri da colori tenui e immagini che riescono ad incantare nel loro spirito fantasioso, circense e a tratti teatrale, con timidi ma piacevoli rimandi al cinema muto. A valorizzare l’estetica c’è un’altra fresca vincitrice di un David di Donatello, ovvero la direttrice della fotografia Daria D’Antonio, la prima donna a vincere nella categoria Miglior fotografia (vittoria ottenuta per È Stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino).
La suddivisione in capitoli risulta l’unica pecca formale in quanto poco necessaria ai fini del racconto, dando l’idea di una scelta autoriale un po’ fine a se stessa.
Marcel! è un film in cui le emozioni vengono risvegliate proprio dall’aspetto estetico di una messa in scena ben calibrata dal promettente occhio artistico di Jasmine Trinca. La frase chiave “All’arte si deve la vita” diventa quindi la perfetta descrizione di un film ben fatto ma poco “vitale”, di una piccola personale opera che – come la madre – predilige l’artificio al sentimento.
Un Purgatorio con tanto di svenimenti danteschi, che non chiudono Canti, ma lasciano costantemente sospesi tra una performance e un’emozione inespressa di personaggi troppo chiusi in se stessi per creare empatia con lo spettatore.
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