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Master Gardener, the end of an era: Schrader chiude il trittico a Venezia79

Paul Schrader dirige Master Gardener, fuori concorso a Venezia79. In questa storia d'amore, Joel Edgerton interpreta un ex suprematista bianco in cerca di redenzione sullo sfondo delle tensioni razziali dell'America contemporanea.

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6 minuti di lettura

Trilogia incidentale, nell’esito ma non nelle premesse, Master Gardenerfuori concorso nella 79ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – è l’epilogo di un trittico, avviato con First Reformed – La creazione a rischio (2017). Analogamente a Il Collezionista di Carte, presentato in concorso nella scorsa edizione, il lungometraggio del Leone d’oro alla carriera Paul Schrader è una variazione sul tema dell’uomo solo in una stanza, una figura che lotta ostinatamente contro un passato vorticoso in attesa di un cambiamento.

La professione diventa, per Schrader, misura dell’ordine apparente, in un contrasto tra visibile e non-detto che gioca sull’abilità evocativa dei personaggi. La scelta di Joel Edgerton (The Great Gatsby, Exodus) risponde coerentemente alla necessità del regista di ricalcare una fisicità stereotipata dell’America anni ’50, volto attualizzante di una metafora incredibilmente potente: il giardinaggio come quiete dell’anima.

L’America razziale cornice dei segreti di Gracewood Gardens

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Narvel Roth (Joel Edgerton) è orticoltore meticoloso a Gracewood Gardens, tenuta della vedova Haverhill (Sigourney Weaver) con cui intrattiene occasionalmente rapporti di piacere. Ben oltre l’evidente rigore professionale, Narvel subisce la pressione di incubi ricorrenti relativi alla sua vita passata, spesa al soldo di suprematisti bianchi sotto la guida di un uomo detto “il Vecchio”. Una parentesi carica d’odio che l’uomo esibisce, mai fiero, sul corpo inchiostrato e da cui, redento, era stato accolto nella dimora Haverhill per un programma di protezione testimoni

Le precarie condizioni di salute di Norma la spingono alla ricerca di qualcuno che possa portare avanti i cari giardini di famiglia, e la scelta ricade sulla pronipote Maya (Quintessa Swindell), una ragazza dal passato tumultuoso e violento che tuttavia, volenterosa e con l’abile guida del master gardener Narvel, riesce ad inserirsi nel contesto e a proseguire la tradizione familiare. L’atteggiamento ostile della ragazza provoca nell’immediato la reazione della vedova, che gelosa del rapporto intimo che Maya intrattiene con l’amante Narvel li allontana da Gracewood Gardens, liberandoli dal fardello di essere qualcosa di diverso da ciò che sono diventati.

Amore puro, ecco il seme piantato in Master Gardener

epa10156912 (L-R) US filmmaker Paul Schrader, US actor Quintessa Swindell, US actor Sigourney Weaver, and Australian actor Joel Edgerton pose at a photocall for ‘Master Gardner’ during the 79th annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 03 September 2022. The movie is presented out of competition at the festival running from 31 August to 10 September 2022. EPA/CLAUDIO ONORATI

Se c’è una cosa che Schrader ribadisce in Master Gardener è l’impossibilità di schematizzare la natura, istintiva, terrena, materica: come in attesa della fioritura, il cambiamento arriverà a tempo debito, poiché “ogni seme è una pianta che aspetta di essere liberata”.

Amore e odio germogliano in modo similare, seminati e nutriti, così come fiorisce la redenzione di Narvel, strappato all’odio dalla più quieta, osservante redenzione. La regia di Schrader incede meditativa, fortificando la riconciliazione del protagonista con il suo passato violentemente disumano, un Joel Edgerton abile nel non trascendere né tradire le emozioni. Mezzo d’elezione per la placidità della sua anima è la scrittura, un diario che ripercorre, con rigore quasi manualistico, verità salienti nel percorso di redenzione di Narvel.

La logica di Master Gardener è inattaccabile nel rendere l’isolamento una condizione interiore e corporea, una condanna morale indossata a pelle, eletta nelle inquadrature quanto nella direzione narrativa del protagonista.

La geometria di Master Gardener differisce però dagli esempi precedenti nella volontà di creare un nuovo ambiente sociale favorevole al guizzo narrativo dei personaggi: per la prima volta da Taxi Driver (1976), il regista inserisce come fattore di complicazione una triade inedita – un uomo conteso da una donna molto più grande di lui, e da una ragazza che potrebbe esserne figlia – del tutto “naturale”, un’addizione al disagio originale costituito dal passato di lui.

Per Narvel, Schrader corrisponde un destino diverso da quello di Ernst Toller (Ethan Hawke) in First Reformed o di William Tell (Oscar Isaac) in The Card Counter, redento e prigioniero: un epilogo incoraggiante, abusato forse ma in modo adeguato, quello dell’amore che ripristina l’equilibrio dove appropriato.

Magniloquenti, le sonorità di Devonté Hynes, compositore che deve la scelta della soundtrack per l’epilogo ad una notte spesa su iTunes: “mi sono imbattuto in una canzone di S. G. Goodman intitolata ‘Space and Time’ e ho subito pensato fosse fantastica”.


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25, Roma | Scrittrice, giornalista, cinefila. Social media manager per Cinesociety.it dal 2019, da settembre 2020 collaboro con Cinematographe per la stesura di articoli, recensioni, editoriali, interviste e junket internazionali.
Dottoressa Magistrale in Giornalismo, caposervizio nella sezione Revisioni per NPC Magazine, il mio anno ruota attorno a due eventi: la notte degli Oscar e il Festival di Venezia.

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