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Night Raiders

Night Raiders, il film di Danis Goulet apre il Trieste Science+Fiction Festival

Un film tra fantascienza e folklore indigeno

6 minuti di lettura

Il 27 ottobre 2021 è iniziata la ventunesima edizione del Trieste Science+Fiction Festival, la più importante rassegna cinematografica italiana dedicata alla fantascienza e tutte le sue declinazioni, che prevede più di quaranta anteprime internazionali e nazionali di lungometraggi, cortometraggi e documentari fino al 3 novembre, giorno della sua conclusione. Il Festival è stato aperto con The Last Journey di Romain Quirot con protagonista Jean RenoNight Raiders della canadese Danis Goulet, al suo esordio alla regia di un lungometraggio dopo aver diretto vari cortometraggi ed essere stata la direttrice creativa del imagineNATIVE Film and Media Arts Festival, la più grande manifestazione artistica dedicata agli aborigeni di tutto il mondo. 

Night Raiders è una co-produzione tra Canada e Nuova Zelanda, con Taika Waititi come produttore esecutivo e la sua struttura classica da film distopico-fantascientifico viene permeata da un ampio focus sul tema degli aborigeni del Nord America, il loro rapporto con la propria terra e con una società sempre più distante da loro.

La storia di Night Raiders

Night Raiders

È il 2044, il Nord America è stato distrutto da una guerra atroce e per ricostruire una società civile l’esercito toglie ai cittadini, costretti a vivere tra palazzi distrutti e sporche baraccopoli, ogni libertà e diritto fondamentale mentre i figli vengono separati dalle loro famiglie e obbligati a frequentare l’accademia militare, dove vengono prima addestrati e poi mandati nelle poche città civilizzate per costruire una nuova società.

Niska è un’indigena Cree e da anni si nasconde con la figlia undicenne Waseese nelle fitte foreste per evitare di perderla, ma quando la ragazza si ferisce gravemente ad una gamba e i droni iniziano ad essere sulle loro tracce sono costrette a raggiungere la città per trovare delle cure. Madre e figlia attraversano la città evitando di essere scoperte e raggiungono Roberta, una vecchia amica di Niska, che offre a loro rifugio e protezione, la ferità di Waseese però si infetta e l’unico modo per salvarla è consegnarla ai militari.

Con enorme tristezza e colpita da un dolore che non vorrebbe provare, la madre è costretta ad abbandonare la figlia, a lasciarla nelle mani di qualcun altro e destinata a non vederla mai più, anche se questa scelta permette alla figlia di continuare a vivere. 

Dieci mesi dopo il dolore di Niska è ancora vivo e lacerante, mentre Waseese viene indottrinata e spinta verso gli obiettivi di un esercito pronto a risorgere in una nuova società. Questo labile equilibrio viene sbilanciato quando Niska entra in contatto con il popolo aborigeno dei Cree, che in lei vedono la persona che sarà in grado di salvarli e decideranno di aiutarla a recuperare sua figlia per poi scappare a Bigstone, un luogo libero dove poter crescere in libertà. Niska e i Cree dovranno affrontare una lotta contro il tempo per salvare la figlia e contro un esercito intenzionato a farli sparire per proseguire nel loro piano di rifondazione che non prevede la loro sopravvivenza.

Un film interessante, ma sbilanciato

Il mondo costruito da Danis Goulet è molto intrigante. Una realtà futura e distopica che estremizza i conflitti odierni e li proietta in un futuro con conseguenze catastrofiche, dove ogni libertà viene persa e messa nelle mani di un gruppo ristretto e potente di persone, dove avere figli è pericoloso e il rapporto genitore-figlio viene sostituito da quello militare-allievo. 

Night Raiders però nel suo insieme non si rivela omogeneo ed equilibrato. La prima parte è molto avvincente e intrigante, con atmosfere simili al videogioco The last of us, il legame madre-figlia ben approfondito e il giusto focus sulla difficilissima scelta morale che Niska deve prendere: lasciare andare Waseese e non vederla mai più o lottare per lei quasi egoisticamente, per sentirsi importante, per sentirsi ancora una madre? 

La seconda metà di Night Raiders invece perde di mordente e si inserisce in binari scontati e prevedibili. Il lato che resta interessante è quello costruito sui Cree, specchio di una realtà ancora presente e sempre più isolata. Sentire la loro antica lingua, vedere i loro riti tramandati da secoli tiene e approfondire come si rapportano con l’esterno tiene in piedi una trama che invece tende a spegnersi risultando a tratti banale.

Danis Goulet con Night Raiders però è stata brava a mischiare pura fantascienza con il folklore indigeno e a confezionare un film ben girato, con una post-produzione convincente e che riesce ad immergere lo spettatore nel particolare mondo che vuole raccontare, riuscendo a riflettere sia su un rapporto così importante e delicato come quella tra una madre e una figlia, sia su una scala maggiore come quella di approfondire un mondo distopico e in rovina.


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Il cinema e la letteratura sono gli unici fili su cui riesco a stare in equilibrio. I film di Malick, Wong Kar Wai, Jia Zhangke e Tarkovskij mi hanno lasciato dentro qualcosa che difficilmente riesco ad esprimere, Lost è la serie che mi ha cambiato la vita, il cinema orientale mi ha aperto gli occhi e mostrato l’esistenza di altre prospettive con cui interpretare la realtà. David Foster Wallace, Eco, Zafón, Cortázar e Dostoevskij mi hanno fatto capire come la scrittura sia il perfetto strumento per raccontare e trasmettere ciò che si ha dentro.

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