Presentato in anteprima al 72° Festival del Cinema di Berlino, Passeggeri della notte è l’ultimo lavoro di Mikhaël Hers. Prodotto da Nord-Ouest Films e Arte France Cinéma, e distribuito in Italia da Wanted Cinema, Passeggeri della notte è un dramma dolce e intimista, ambientato nella Parigi degli anni ’80. In uscita nelle sale italiane dal 13 aprile.
Passeggeri della notte, la trama
Elisabeth (Charlotte Gainsbourg) è una donna che sta affrontando un difficile divorzio. Disoccupata e depressa, deve badare ai figli adolescenti Mathias (Quito Rayon Richter) e Judith (Megan Northam) mentre cerca di costruirsi una nuova vita. Dopo alcune esperienze non proprio gratificanti, riesce a trovare un lavoro da centralinista presso una decadente emittente radiofonica; qui conosce non solo Vanda (Emmanuelle Béart), la carismatica speaker dei programmi notturni, ma anche Talulah (Noée Abita), una giovanissima vagabonda dal passato complesso.
Il nuovo lavoro e i sorprendenti legami che instaura – in particolare con la ragazza – permettono a Elisabeth di stravolgere completamente la sua vita, facendola crescere, nonostante un passato dolorosissimo, come madre e donna.
Un film delicato sulla difficoltà della vita
La marca distintiva di Passeggeri della notte è la delicatezza. Sin dalle primissime scene, con Elisabeth avvolta dalle luci soffuse di una splendida Parigi dormiente, si percepisce una delicata leggerezza che contrasta la durezza della vita della donna: il divorzio, il tumore al seno da poco affrontato e vinto, la crescita di due figli giovani e a loro modo ribelli. Le sfide quotidiane che deve affrontare il personaggio interpretato da Charlotte Gainsbourg sono estremamente dure, quindi era abbastanza accentuato il pericolo che la delicatezza del tono potesse apparire quasi fuori luogo, una sorta di vezzo stilistico a cui poteva ricorrere Hers per accaparrarsi l’empatia dello spettatore.
Per fortuna, la scelta del regista, per quanto rischiosa, si rivela scena dopo scena sempre più opportuna. Innanzitutto, la regia sapiente di Hers scolpisce con grande perizia il personaggio di Elisabeth; sensibile e provata anche nel fisico – molto toccante la scena in cui lei si guarda allo specchio e fissa turbata la cicatrice lasciatale dal tumore – la donna ha tutte le intenzioni di non rivelarsi: lavora di notte all’emittente radiofonica, nasconde ai figli una potenziale relazione con un uomo, piange e si dispera nella solitudine del suo appartamento, che, per inciso, fatica sempre di più a permettersi. Ma tutte queste difficoltà, mostrate senza filtri e mai stucchevolmente, sono decisive per l’apertura graduale del personaggio.
Dove il film funziona di più è nella parte centrale, quando Talulah, comincia a scuotere determinate dinamiche sentimentali e familiari. Prendendo spunto dalla teatralità esibita dei film di Rohmer e Rivette, due modelli tra l’altro omaggiati nel film, la sceneggiatura scritta dallo stesso Hers con Maud Ameline e Mariette Desert è abile a intrecciare varie vicende senza però mai perdere di vista la vera stella polare del film: la tenerezza di una donna che per migliorare sé stessa ha bisogno di aprirsi al mondo e alla sua inevitabile conflittualità. In tal senso, la scrittura del personaggio interpretato dalla talentuosa Noée Abita è perfetta per tracciare una rotta essenziale, che non sfilacci la pregnanza di un intreccio complesso da gestire.
L’imperfetta nostalgia in Passeggeri della notte
Di certo non si può considerare Passeggeri della notte un film del tutto riuscito. La stessa sceneggiatura, abilissima a tratteggiare paure e ambizioni di Elisabeth, Talulah e Mathias, si rivela un po’ pigra con altri personaggi. Nello specifico: con la magnetica e indipendente Vanda, che avrebbe di certo meritato un approfondimento maggiore, e con la figlia maggiore Judith, che pur avendo un breve minutaggio colpisce per desiderio di ribellione e tenerezza. Pertanto, è la gestione dei tempi dei personaggi il vero tallone d’Achille del film. S’intenda, non l’unico. Anche la sottotraccia politica, dichiarata soprattutto nel primo quarto d’ora – con i festeggiamenti per l’elezione a sorpresa di Francois Mitterand – è appena abbozzata, e non trova ulteriori sviluppi.
Eppure, in Passeggeri della notte si respira a pieni polmoni una Francia piuttosto vintage, frutto dell’ottimo lavoro di tutto il comparto tecnico. Una menzione speciale va però a Charlotte de Cadeville, la responsabile delle scenografie, che, lavorando egregiamente con gli spazi chiusi – camere da letto, sgabuzzini, studi radiofonici – inserisce con grande rigore tutti i personaggi del film non solo in un determinato contesto storico – gli sgargianti anni ’80 -, ma anche in una sorta di palcoscenico intimo, protetto da sguardi indiscreti. È l’apoteosi di una dolcezza arricchita da riflessioni esistenziali e malinconie notturne. Un sogno ad occhi aperti e spalancati sulla ruvida superficie della storia.
Ma il film di Hers non sarebbe stato lo stesso senza l’eccellente prova di Charlotte Gainsbourg. Frangibile e carismatica, l’attrice comparsa recentemente in The Pale Blu Eye: i delitti di West Point, interpreta senza sbavature un ruolo dall’incredibile complessità. Soprattutto, come aveva già dimostrato nella trilogia della depressione di Lars Von Trier, mette letteralmente a nudo il suo talento mostrando allo spettatore le numerose sfaccettature di una donna ordinaria. Ultima nota di merito: la fotografia nostalgica di Sébastien Buchmann, il quale, avvalendosi di filmati d’archivio e riprese in 16 e 35 mm, dà alla pellicola un tocco ancora più autentico, nonché una gustosa gradevolezza visiva.
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