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Principessa Mononoke, analisi e spiegazione del film

17 minuti di lettura

Dopo i sette titoli pubblicati a febbraio 2020, anche a marzo Netflix ha arricchito il proprio catalogo con altrettanti film dello Studio Ghibli. Tra questi vi è Principessa Mononoke, scritto e diretto da Hayao Miyazaki. Uscito nel 1997, venne riconosciuto fin da subito come il film che avrebbe lasciato il segno nel mondo dell’animazione, giapponese e non.

È il film in cui Miyazaki riversa tutta la sua sfiducia per il genere umano, riconosciuto come portatore di distruzione nel mondo. Viene condannato il desiderio espansionistico dell’uomo a discapito dell’ambiente, la sua noncuranza e la sua ignoranza nel riconoscere quanto la natura sia importante. Il film si discosta leggermente dalla filmografia dell’autore per le atmosfere più tetre. L’elemento magico è rivisto in chiave più adulta e cupa e la violenza è usata per sottolineare il carattere pessimistico della storia. La vicenda è caratterizzata dall’odio, anche se alla fine si potrà scorgere un barlume di speranza.

Principessa Mononoke è forse il film più denso e complesso della filmografia del maestro giapponese. Ecco perché nella settimanale trattazione dei film dello Studio Ghibli, NPCMagazine ha deciso di avvicinare questo capolavoro a quattro mani, cercando in un’analisi puntuale e precisa la spiegazione di alcuni dei suoi aspetti più interessanti.

Dove e quando, il contesto di Principessa Mononoke

Principessa Mononoke NPC Magazine

La vicenda si svolge nel Giappone antico, per l’esattezza durante il periodo Muromachi, sorta di medioevo giapponese la cui rappresentazione è arricchita da elementi shintoisti e appartenenti al folklore nipponico. La scelta del periodo non è casuale: è l’epoca in cui il Giappone comincia a modernizzarsi, introducendo l’uso del ferro e la produzione di nuove armi. Cambia così la struttura stessa delle società e il loro rapporto con l’ambiente. Dopo millenni di armonia è il progresso industriale a turbare il fragile equilibrio tra uomo e ambiente.

La natura è rappresentata come incontaminata, pura e cristallina. Ci vengono mostrate le foreste, i fiumi e le montagne. L’uomo profana questi territori quasi idilliaci mosso da una furia implacabile che lo porta a uccidere la natura stessa, incarnata dal celebre spirito della foresta o dio bestia.

Di cosa parla Principessa Mononoke

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“Se ti recherai in quelle terre e discernerai ogni cosa con occhi non velati dall’odio, allora forse potresti trovare una strada per spezzare quella maledizione”

Protagonista del film è il principe Ashitaka, appartenente al popolo Emishi. A seguito di uno scontro con uno spirito cinghiale trasformatosi in un furioso demone, il ragazzo subisce una ferita e, con essa, una maledizione. Costretto a lasciare la propria gente, Ashitaka decide di partire, nella speranza di trovare una cura. Durante il suo viaggio, incontrerà Lady Eboshi, capo della Città del Ferro, e San, la principessa “spettro” (in giapponese mononoke), finendo inevitabilmente coinvolto nel furioso scontro tra le due guerriere: l’una decisa ad espandere i propri possedimenti, l’altra impegnata nella difesa del bosco e delle sue creature sacre.

Principessa Mononoke porta in scena lo scontro tra l’uomo e la natura. L’uomo, mosso da desiderio espansionistico, vuole distruggere la natura e gli dei che la abitano cercano di proteggerla attaccando di rimando l’uomo.

Il bisogno di equilibrio è il tema cardine del film: l’equilibrio tra l’ambiente e l’uomo che lo abita, un equilibrio che si è perso col tempo, facendo sprofondare il mondo in tempi bui.

Il Miyazaki più tipico: ambientalismo e folklore

La natura è rappresentata dall’ambiente della foresta, disegnata come sempre con cura mirabile da parte dell’autore, capace di infondere in noi un senso di pace e armonia. La foresta è il regno degli spiriti e delle divinità, rappresentate da animali dalle dimensioni giganti divisi in tre specie: lupi, cinghiali, oranghi. Cercano di vivere in pace e serenità, essendo accomunate dallo stesso scopo di proteggere la foresta, ma tra le diverse specie emergono a volte piccoli screzi.

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Oltre a loro troviamo i kodama, gli spiriti degli alberi. Appartengono al folklore giapponese e possono essere sia benevoli che vendicativi. Sono gli spiriti degli alberi e abbatterne uno (che ne è la casa) porta sfortuna. Il loro numero diminuisce con l’avanzare della vicenda, ossia con la distruzione della foresta.

Ma la figura principale della foresta è il dio cervo, o dio bestia, o spirito della foresta. Lui è il dio della natura, anzi è la rappresentazione stessa della natura. La sua prima apparizione lascia estasiati e sconcertati insieme. Lo vediamo avvolto da un’aurea dorata ma non capiamo bene cosa abbiamo di fronte. È come una chimera, la somma di tutti gli animali possibili con volto semi umano.

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È il simbolo della coesistenza della diversità. Assume, infatti, due forme, una diurna (lo shishigami) e una notturna (il daidarabochi). La foresta subisce sempre di più gli attacchi degli uomini, ma nel dio cervo permane la serenità. È come uno spettatore attento; lascia che le cose seguano il loro corso senza prendere parte agli eventi, anche se ne avrebbe il potere.

Il Miyazaki atipico: violenza e brutalità

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Trattandosi di un film di Hayao Miyazaki, non stupisce la presenza della tematica ambientale. Tuttavia, se in altri lavori del maestro la sacralità della natura e l’importanza del rispettarla vengono suggerite, rimanendo però sottintese, in Principessa Mononoke lo scontro uomo-natura ha invece una centralità e una preponderanza più marcate, costituendo di fatto il fulcro della narrazione. Protagonisti della storia sono infatti, in egual misura, esseri umani e spiriti della natura, che, non più capaci di condurre una convivenza pacifica, combattono tra loro una battaglia quanto mai aspra e crudele.

Un’ulteriore caratteristica che distingue l’avventura di Ashitaka e San dalle altre storie miyazakiane è, infatti, la crudezza delle immagini, costellate di ferite sanguinanti e morti violente.
Gli abitanti del bosco, ben lontani dalla dolcezza di Totoro o dalla tenerezza di Ponyo, sono creature imponenti e maestose, avvelenate dall’odio e decise a vendicare la tracotanza degli uomini, autori di continui soprusi.

I protagonisti, tra dualità e profondità psicologica

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Oltre all’equilibrio, altro tema cardine del film è la compresenza di bene e male all’interno di ogni cosa e ogni essere. Nessuno è totalmente buono o totalmente cattivo, ma si può scegliere come operare, il bene diventa così una scelta consapevole. Il male è in qualche modo sempre giustificato, anche se mai assolto. Miyazaki non condanna e non giudica, ci mostra semplicemente come dal male può nascere solo morte e distruzione.

Possiamo scorgere la dualità in tutto il film: la foresta stessa ci è mostrata come luogo incantato ma presenta angoli bui e inquietanti. Gli dei-animali sono buoni, la loro causa è giusta, ma sono mossi da odio. Il dio cervo è buono e cattivo allo stesso tempo, è vita e morte insieme. E come loro anche gli altri personaggi della storia, Lady Eboshi e San.

Lady Eboshi ci è presentata come un capo crudele e senza scrupoli, impersonificazione dell’espansionismo e dell’ambizione umana. Ma, contemporaneamente, è un capo buono per il suo popolo, offre casa e lavoro ai più bisognosi. Il sentimento di bontà e il desiderio di conquista in lei si fondono in una cosa sola, per aiutare il suo popolo è disposta a tutto, anche a uccidere un dio. Nonostante questo Miyazaki ha scelto proprio lei come esponente del femminismo. Lady Eboshi è tutti gli effetti a capo di un matriarcato, ha salvato donne da situazioni impietose e ha dato loro una nuova vita in una società paritaria dove tutti hanno la stessa importanza e tutti sono addestrati a combattere.

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Il contraltare di Lady Eboshi è San, la principessa Mononoke, la principessa spettro. San è una ragazzina abbandonata e allevata dai lupi. È mossa dall’odio per gli umani e diventa il simbolo della vendetta della natura. Quindi il sentimento che la spinge non è buono, anzi è il più cattivo, anche se la causa per cui lotta è giusta. San è sì una delle eroine miyazakiane, ma rispetto alle altre è caratterizzata da una ferocia bestiale. È selvaggia e selvatica, una guerriera che rinnega la sua vera natura per mettersi una maschera e combattere da animale.

In questa storia, dunque, la caratterizzazione bidimensionale tipica di molti film di animazione (e non) lascia spazio alla profondità psicologica, dando vita a personaggi complessi e accattivanti.

L’odio, il motore dell’azione

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Ad innescare ogni azione dei personaggi è l’odio, siano questi posseduti da esso, oppure decisi a sconfiggerlo (come Ashitaka). Sentimenti tanto violenti, uniti a comportamenti animaleschi ed istinti a tratti primitivi, rendono San un unicum nel panorama dei personaggi femminili dello Studio Ghibli.

A discostarsi da tale ambiguità è Ashitaka: eroe buono in tutto e per tutto, la cui fermezza e nobiltà d’animo lo elevano al di sopra degli altri. Unico a non avere “gli occhi offuscati dall’odio”, egli si fa tramite tra i due mondi contrapposti – quello umano, a cui appartiene, e quello di San, di cui è innamorato – tentando una pacificazione forse impossibile.

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L’odio attraversa tutto il film e tocca ogni personaggio, umano, animale, divino. La violenza porta ad altra violenza in un loop infinito. Uomini e dei-animali non si rendono conto che continuando a farsi la guerra arriveranno tutti all’estinzione. Nessuno potrà salvarsi da questo combattimento, né l’uomo né la natura. È il messaggio principale del film, trovare il giusto equilibrio che salvi l’intero pianeta. L’equilibrio si può trovare solo nella convivenza, che certo non è facile, comporta rinunce, ma è l’unica via per il futuro.

Figure maschili e Giustizia

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È questo che cercherà di far capire Ashitaka alle due fazioni, il suo ruolo è proprio quello del mediatore, dell’intermediario. Raramente Miyazaki ricorre a protagonisti maschili e in Ashitaka possiamo trovare rappresentata la giustizia stessa. Dopo essere stato marchiato dalla maledizione è come se fosse diventato altro da un semplice principe Emishi, è come se avesse acquisito poteri e forze magiche diventando così il punto di unione delle due fazioni, quella umana e quella sovrannaturale degli dei-animali della foresta. È l’unico che potrà aiutare entrambi gli schieramenti, appartenere a entrambi e portarli sulla giusta via.

Ma nessuna cattiva azione può restare impunita e seppur arriviamo ad avere un lieto fine a questa storia, assistiamo anche a conseguenze terribili.

Tragedia di fondo

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Il dio bestia verrà ucciso dalla bramosia di potere degli uomini, lui stesso scatenerà una distruzione senza pari che avrà fine solo con l’intervento di Ashitaka e San, che permettono la sua ricongiunzione con la testa rubata (la testa del dio cervo dona immortalità a chi la possiede, per questo viene decapitato). Ma dalla sua esplosione, sorprendentemente la foresta rinascerà, questa volta senza il dio cervo, e la vita nel mondo continuerà.

Questa guerra sarà un monito per le forze che ne hanno fatto parte e su tutti rimarrà il segno. Lady Eboshi perderà un braccio, continuerà a governare sulla Città del ferro ma questa volta con più responsabilità e consapevolezza. Gli dei-animali sono stati uccisi, è morta la lupa madre di San e il dio-cinghiale. Come detto la foresta ha perso il suo dio, ma nell’ultima immagine compare un kodama, simbolo di speranza.

San e Ashitaka porteranno avanti il loro amore continuando a vivere ognuno nel proprio mondo, incontrandosi a metà strada facendosi rappresentanti di questa nuova convivenza pacifica.

L’animazione di Principessa Mononoke: tra tecnica digitale e tradizione

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Come sempre da notare la maestria nella tecnica, disegni bellissimi e accuratissimi caratterizzano questa pellicola. Riscontriamo una cura dei dettagli incredibile, nella realizzazione degli abiti, nella caratterizzazione dei lavori, nelle espressioni facciali degli animali. Da notare come questo sia il primo film in cui lo studio Ghibli fa ricorso alla grafica digitale a supporto di quella tradizionale, usata soprattutto nella trasformazione degli animali.

Principessa Mononoke è un film dalla potenza visiva stupefacente. Alla cura dei dettagli e alla ricchezza cromatica tipiche dei lavori dello Studio Ghibli, si aggiungono fluidità di movimento e dinamismo, indispensabili in un lungometraggio in cui prevalgono le scene d’azione. La forza delle immagini è al contempo seducente e prorompente e distogliere lo sguardo semplicemente impossibile.

A contribuire al coinvolgimento e all’incanto dello spettatore c’è poi la trascinante colonna sonora composta da Joe Hisaishi, stretto e prezioso collaboratore di Miyazaki.

Principessa Mononoke: un film davvero per tutti

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Principessa Mononoke è un film che andrebbe visto indipendentemente da età e gusti personali. Gli amanti delle favole vi troveranno una narrazione appassionante e mai scontata, nonché un’edificante ed urgente chiave morale. Gli appassionati delle tecniche di animazione resteranno ammaliati da ogni singolo fotogramma. Gli affezionati dello Studio Ghibli ne ritroveranno i temi fondanti. Nessuno potrà rimanere deluso.


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Classe 1996. Laureata in Filologia Moderna, ama stare in compagnia degli altri e di se stessa. Adora il mare e le passeggiate senza meta. Si nutre principalmente di tisane, lunghe chiacchierate e pomeriggi al cinema.

Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.