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Stephanie Cornfield, lente puntata sulla fotografa delle star

21 minuti di lettura

Stephanie Cornfield è una singolarità del grande circus cinematografico. Ha fotografato i migliori, regalato ritratti, eppure sembra lei la star: un po’ rock, un po’ punk, per sua definizione nomadeNomadic Mirrors è un alterego, così si firma sui social e così si presenta, ma anche un manifesto. Fotografia come puro movimento, idea cinematica e infusa delle filosofie da viaggiatrice indomita. Figlia di Hubert Cornfield, regista di The Night of Following Day, film del ’68 con Marlon Brando protagonista, e Pressure Point con Sidney Poitier, Stephanie segue un percorso che le assomiglia. Il sogno da reporter, poi la scuola di cinema, le fotografie alle rockstar e la folgorazione per gli schermi. Un nomadismo puntuale, che tratteggia una vita tra Los Angeles, Parigi, Mumbai, ma che trova una crasi inevitabile nelle grandi piazze dei Festival Internazionali, dove provenienze e creatività condividono terreni comuni e momentanei.

Tsui Hark, photo by Stephanie Cornfield

Proprio al Festival di Venezia 2022 riusciamo a intercettarla. Un breve scambio di parole e ne siamo convinti: un’intervista con Stephanie Cornfield è un viaggio nel cinema. Come in Mad Max: Fury Road e la temibile nuvola di sabbia, ci gettiamo senza timore; piede sull’acceleratore. Stephanie parla di cinema come una critica cinematografica, ma al feticcio dell’immagine può aggiungere i numerosi aneddoti di incontri straordinari. Da David Lynch a Claudia Cardinale, i volti, le immagini, non sono mai sole: Stephanie trascrive sempre come è arrivata a cogliere uno sguardo. Nel suo catalogo, dal titolo Nomadic Mirrors, affianca i ritratti ai ricordi, testimonianze felici e un po’ avventurose di una vita da freelance in cui nulla è scontato ma tutto è possibile. Nel 2011 Stephanie Cornfield ha ricevuto il premio come Miglior Fotografa alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre solo pochi anni dopo, nel 2014, è selezionata per la medesima categoria alla kermesse francese a Cannes. Parlarle significa davvero abbandonarsi allo stesso tornado che dal Kansas portò Dorothy nel mondo di Oz, un viaggio senza cintura tra cinema, musica e ricordi. Un manifesto della fotografia delle star come galassia in cui l’arte si esprime libera, nomade.

Potete seguire Stephanie Cornfield su Instagram.

Ciao Stephanie, grazie per il tuo tempo. La mia prima domanda riguarda il tuo passato, tuo padre era un regista e tu hai vissuto fin da bambina circondata dal cinema: che effetti ha avuto tutto questo e qual è il primo film che ricordi?

REFN, photo by Stephanie Cornfield

Mio padre Hubert Cornfield era un regista americano nato a Istanbul con origini Greco Ucraine Rumene, i miei genitori divorziarono quando avevo circa 6 anni e mio padre tornò a vivere a Los Angeles quando avevo 10 anni, quindi immagino che il cinema sia solo una parte del mio DNA. Ero più un’autodidatta e ho speso tutta la mia paghetta da adolescente per andare a vedere film, ricordo vividamente di essere andata al cinema con mia nonna greca e che avevo un pass speciale per andare a vedere i film. Il cinema era un must nella mia famiglia, mio nonno era il capo della 20th century Fox per l’Europa e il Medio Oriente, potevo vedere le foto della mia famiglia con Gregory Peck, Ingrid Bergman e così via.

La leggenda di famiglia, Leon Cornfeld (il nostro cognome originale prima dei nazisti), il mio bisnonno, era un produttore, impresario e attore dalla Romania. Ho recuerato una serie di foto in cui indossa diversi costumi di scena, questa è la mia preferita: è incredibile con una delle sue armature. È stato uno dei pionieri del cinema nell’Europa dell’Est. La mia famiglia faceva parte delle minoranze che vivevano a Istanbul. Mi sono ricordata di alcuni film ma ce n’erano molti altri, Via Col vento di Victor Fleming, George Cukor e Sam Wood, Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, La Chienne di Jean Renoir.

La fotografia non è stata la tua prima opzione, dimmi di più sulla tua epifania…

Lina Wertmuller, photo by Stephanie Cornfield

All’inizio volevo fare la reporter di guerra, studiavo scienze politiche, avevo un fidanzato che lavorava per la CBS News, mi sono unita a lui alla fine della guerra del Golfo, quindi ho visto da vicino cosa fosse e ho pensato di non essere forte abbastanza psicologicamente per farlo, ero sempre più attratta dall’arte, quindi ho pensato di fare un master in una scuola di cinema a Los Angeles, poi è successo di tutto e di più e ho dovuto interrompere tutto. All’epoca stavo facendo un po’ di fotografia, quindi ho pensato perché no. Quindi è successo così, per caso.

Tu sei un vero spirito viaggiatore. Qual è per te il legame tra arte e viaggio?

Jack Nicholson, photo by Stephanie Cornfield

La mia filosofia: sperimentare sempre, restare meravigliati, sciocchi, aperti al nuovo mondo, sempre desiderosi di imparare. Mi piace uscire dalla mia zona di comfort ed esplorare, questo è il motivo per cui ho scelto di vivere in India perché è probabilmente il posto più vibrante del pianeta, ti da una sensazione di grande carica in ogni momento. Tutto può succedere. Devi essere all’erta per così dire, è avventuroso ..mi sento ipnotizzata dall’India, dalla sua bellezza. Il viaggio ha stimolato la creatività per l’arte.

Dimmi le tue 5 città preferite e nomina un film per ognuna di esse

Shia LaBeouf, photo by Stephanie Cornfield

Los Angeles: Blade Runner (Ridley Scott), Lost Highway (David Lynch)
New York City: Noah Baumbach
Paris: Les Enfants du Paradis (Marcel Carne)
Hong Kong: Days Being Wild (Wong Kar Wai)
Seoul: Secret Sunshine (Lee Chang Dong), Mother (Bong Joon ho), Iron3 (KIm Ki Duk)
Madrid: Matador (Almodovar)
Berlin: Run Lola Run (Tim Tikwer), Wings of Desire (Wim Wenders)
Rio: City of God (Fernando Meirelles e Kátia Lund)
Capri: Contempt (Jean Luc Godard)

Fernando Meireilles, photo by Stephanie Cornfield

I “nomadic movies” sono i miei preferiti, come Wanda, Two Lane Black Top, Soy Cuba, 2001: Odissea nello Spazio.

Veniamo a tempi più vicini a noi. Come ha affrontato un fotografo come te le restrizioni covid? Hai scoperto nuovi punti di vista o sei stata costretta a fermarti?

Dino Risi, photo by Stephanie Cornfield

Nel tempo in cui il nostro sé interiore si riduce, sentendosi congestionato in uno spazio limitato, questa sensazione del nostro sé interiore che si restringe è esacerbata. Mentre siamo liberi pensiamo di dominare lo spazio e il tempo, sentendo il potere supremo della vita, delle infinite possibilità. Il nostro sé interiore irradia quindi il suo potere supremo. Lavorare sul nostro sé interiore sembra la chiave, il dialogo interiore sembra il dialogo della verità, ma il più difficile da perseguire. Siamo fortunati come artisti perché durante questo confinamento l’arte è il mezzo per sfuggire alla vita ordinaria, per trascendere la vita. La fotografia cattura per l’eternità e congela il momento, così è come fermiamo il tempo, sentiamo il tempo.

Essere un’artista internazionale freelance e rimanere rinchiusa è stato difficile, nel senso che normalmente ci prendiamo cura delle nostre cose, proiettando noi stessi, ora siamo proiettiamo nella confusione. Vivere nella confusione e nell’incertezza sarà la nuova norma.

Ci siamo conosciuti in una di quelle giornate folli che tutti possono vivere durante un Festival. Raccontami come organizzi un Festival da freelance e qual è la tua giornata: quanto improvvisi? Ho letto il tuo catalogo e sembra che tu sia davvero in grado di adattarti a ogni situazione per scattere le foto che ti servono

Oliver Stone, photo by Stephanie Cornfield

La maggior parte delle persone non conosce la storia del backstage. È un vero lavoro. Ti svegli presto la mattina. Dato che sto anche realizzando scenografie private con le persone fotografate devo conoscere al meglio il film in cui figurano e avere un’interazione con la persona che sto fotografando. Faccio i compiti. Guardo i film se posso a volte. Faccio delle ricerche e faccio il sopralluogo. Ci vuole molto tempo. Non è solo lustrini. Il mio lavoro è molto organico, cerco di catturare l’essenza dell’artista che fotografo o dell’anonimo nel mio frame. Per un ritratto faccio le prove ma poi ci gioco e lavoro istintivamente, dipende anche da chi sto fotografando.

Zhang Yimou, photo by Stephanie Cornfield

È il mestiere dell’attore mettersi in posa ed è più facile. Dirigere lo shooting con un regista è più impegnativo. Quando la persona che stai fotografando si arrende alla fotocamera è il momento più interessante. Il regista per la maggior parte del tempo ha il controllo. Quindi è interessante cercare di provocarlo, per entrare in un altro processo.

Hai radici nei film ma le tue foto hanno anche una sorta di suono, una sonorità di fondo, come nei concerti rock: come trovi questo mix speciale?

Alejandro González Iñárritu, photo by Stephanie Cornfield

Senz’altro mi piace la sensazione grezza di un’immagine e non la sensazione di una messa in scena, la verità di un’immagine. Una buona estetica potrebbe riguardare un movimento, una sensazione o una buona composizione, l’ottimale sarebbe combinarli entrambi, come la mia foto in bianco e nero preferita di Raghu Rai chiamata Diving into Ugrasen Baoli, Delhi, 1971. Anche l’armonia dei colori è importante, penso di dipingere istintivamente fotografando. Ho avuto la possibilità di vedere Raghu lavorare all’alba, stavo anche fotografando il Maha Kumbh ad Allahabad e ci siamo incontrati. Ho visto la sua incredibile energia ..Inspiring! Rembrandt, Bacone, Caravaggio. L’estetica dell’oscuro, del mistico è un’attrazione inevitabile.

Le tue foto ci rivelano qualcosa sulle star del cinema, ma ci dicono anche qualcosa su di te. È come se fossi una fotografa, ma anche una regista, pensi di aver trovato un modo di non dover scegliere tra le arti?

Matt Damon, photo by Stephanie Cornfield

Quando faccio un ritratto lo vedo per la maggior parte del tempo come un paesaggio e penso ai colori come se fosse un dipinto. Adoro girare di notte perché è più misterioso, i personaggi sembrano svanire come fantasmi che si allontanano. Amo le immagini malinconiche, non mi piace l’ovvio come gusto personale nella vita, semplicemente non è attraente. Mi piace testimoniare ma mi piace anche provocare in modo interiore per così dire.

Se potessi scegliere un solo genere cinematografico, quale sarebbe? 

Andy Lau, photo by Stephanie cornfield

Il mio genere cinematografico sarebbe il Noir…è una tradizione di famiglia. È il mio gusto per l’ignoto, il mistero, l’oscurità.

Una delle tue citazioni più interessanti è: “le storie sono sempre costruite attorno alle leggende…questo è un dato di fatto”. Aiutaci a capire meglio: con il tuo lavoro, ti piace rimanere con le storie o rivelare cosa c’è dietro?

Malcolm Mcdowell, photo by Stephanie Cornfield

Abbiamo la tendenza a costruire storie attorno a leggende e celebrità, a creare una fantasia che le circonda che le dipinga più come creazioni divine piuttosto che come semplici mortali. Mi piace andare oltre e rivelare l’anima dietro la facciata. Puoi anche combinare il mostrare la leggenda e il rivelare qualche verità.

Essere una fotografa potrebbe essere una vera avventura e molti retroscena delle tue foto lo dimostrano. Hai mai pensato alla tua vita come a un film d’azione e avventura? Se Indiana Jones può essere un archeologo e un eroe…

Beh la cosa più bella di questa avventura fotografica è che puoi regalare felicità, improvvisare un servizio fotografico fotografando persone anonime e non, e farli sorridere. Lo scambio di energia è semplicemente magnifico e il miglior saluto nella vita da fotografa.

Parliamo di alcune delle tue avventure più incredibili con questo lavoro, per esempio quando sei dovuta andare da Ron Howard e la polizia ti ha fermato…

Noah Baumbach, photo by Stephanie Cornfield

La prima volta che ho fotografato Ron Howard è stato nel suo ufficio all’Imagine Entertainment di Los Angeles, dove ho intravisto Brian Grazer, sono rimasta colpita dalla sua energia e freddezza. Poi doveva succedere una seconda volta a Venezia, ed è stato subito dopo l’attentato dinamitardo a NewYork, hanno fatto dei controlli di sicurezza come in aeroporto. Quel giorno ho fatto un grosso servizio fotografico con Ron. Per le riprese avevo in programma di utilizzare un fumogeno per creare un effetto speciale per la mia fotografia. L’ufficiale di polizia donna mi ha fermato al controllo di sicurezza all’improvviso ho visto 10 poliziotti intorno a me mi hanno tenuto in stazione di polizia per 5 ore. Ho perso il mio servizio nonostante mostrassi loro alcune foto usando lo stesso trucco. Il giorno dopo prendo il vaporetto e la donna seduta di fronte a me inizia una piccola conversazione le dico che sono qui per coprire la mostra: “oh sei tu la fotografo che è stata arrestata, sei sui giornali!” e lei mi mostra questo articolo del quotidiano locale Il Gazzettino: “Bomboletta con miccia, fermata una fotografa“.

Alba Rohrwacher, photo by Stephanie Cornfield

Per fortuna ho realizzato il mio secondo servizio fotografico a Cannes per il LA Times, dove gli ho raccontato del mio servizio mancante a Venezia. Era soddisfatto dello shooting, è stata una vera fatica arrivarci perché hai bisogno di tutti i tipi di permessi dal PR per accettare di portare la star in un altro luogo, come anche la sicurezza dell’hotel e poi c’era anche una donna che stava usando il posto che avevo scelto per vendere alcune borse Hermes Vintage. Lei è stata la più tosta e le ho raccontato delle riprese 4 giorni prima…Oltre al mio solito assistente che mi aiuta, ho dovuto chiedere aiuto ad altri tre amici, uno stava sulle scale, uno che era giù per impedire alle persone di andare e venire, l’altro mio amico mi ha aiutato perché ero molto china e avevo bisogno che qualcuno venisse dietro di me per rimanere stabile. Grazie a dio ne è valsa la pena.

Parlami dell’incredibile scatto di David Lynch, sembra che tu abbia catturato qualcosa che solo i suoi film possono mostrarci… la sua anima enigmatica ma anche molto calma

David Lynch, photo by Stephanie Cornfield

Uno sguardo acuto, la sua occhiata mescolata a un certo distacco della posa delle sue mani crea l’atmosfera misteriosa del ritratto di Lynch. Il bagliore della luce del tramonto rafforza questa idea e immerge lo spettatore in una sensazionale immensità di luce creando questa impressione pacifica ma misteriosa con la linea grafica del muro.

Ora proviamo un gioco di immaginazione. Chiudi gli occhi e prova a ricordare la tua infanzia, magari con tuo padre nel circo dei grandi film: che foto scatteresti di tutto questo?

Anushka Sharma, photo by Stephanie Cornfield

Fotograferei mio padre mentre parla con Spyros Skouras, che è stato il presidente della 20th Century-Fox in tutto il mondo dal 1942 al 1962, ha preso mio padre sotto la sua ala protettiva e gli ha dato la sua prima possibilità come regista. In questo momento cruciale, mio ​​padre gli ha poi mostrato il suo cortometraggio intitolato “Il colore è rosso”.

Joshua Oppenheimer, photo by Stephanie Cornfield

Quindi immagino uno scatto che mostri loro e il film, con un’intensa concentrazione e passione sul volto di mio padre e un’espressione profonda ma compassionevole sul volto di Skouras, con il film di mio padre sullo schermo di una delle lussuose sale di proiezione di Hollywood. Skouras sarebbe di profilo e mio padre sarebbe di fronte alla telecamera. L’atmosfera sarebbe da film noir e i toni sarebbero un contrasto di rosso e nero, avrebbe una luce misteriosa sul volto.


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Studente di Media e Giornalismo presso La Sapienza. Innamorato del Cinema, di Bologna (ma sto provando a dare il cuore anche a Roma)e di qualunque cosa ben narrata. Infiammato da passioni passeggere e idee irrealizzabili. Mai passatista, ma sempre malinconico al pensiero di Venezia75. Perché il primo Festival non si scorda mai.

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