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The stand, nella serieTV tratta da King un’apocalisse riuscita a metà

6 minuti di lettura

Nell’immenso panorama di continue uscite e nuovi canali, c’è una SerieTV che potreste esservi persi: The Stand, andata in onda nei primi mesi del 2021 su Starzplay (disponibile come canale ad abbonamento su Prime Video) e tratta dal romanzo di Stephen King.

Trasporre per il cinema o per la televisione un’opera di Stephen King è di sicuro un’impresa tanto gratificante quanto rischiosa. Negli anni, ormai nelle decadi, a dirla tutta, si sono susseguiti adattamenti più o meno riusciti, capaci di far avvicinare al “Re” nuovi adepti e di far storcere il naso ai puristi di quel genio della letteratura popolare che con la vecchiaia ha imparato a farsi apprezzare anche dai critici più bacchettoni che lo avevano bistrattato a lungo, nel corso della sua carriera infinita.

Così, di fianco a prodotti a basso budget realizzati per la tv, abbiamo assistito a grandi produzioni hollywoodiane dai mezzi imponenti e persino a lavori di grandi registi che hanno scritto la storia del cinema mondiale: perché è davvero difficile resistere al fascino della narrazione del prolifico scrittore del Maine.

E allo stesso modo prodotti mal confezionati si sono alternati a lavori capaci di rappresentare perfettamente l’animo dei loro corrispettivi cartacei: un po’ a raccontare la dualità della bibliografia di King, in cui a capolavori indimenticabili si accompagnano libri dal dubbio spessore (quasi mai in termini di pagine) e in cui ad oscuri ed indicibili incubi fanno da contraltare i pensieri innocenti di bambini e le speranze per un mondo nuovo, capace di sconfiggere i mostri nascosti nell’oscurità.

Captain Trips VS Covid-19

The Stand

The stand è, in ordine di tempo, l’ultimo tentativo di esplorare la mente, a tratti perversa, del nativo di Portland, e sembra arrivare nel momento perfetto per attirare su di sé l’attenzione anche degli spettatori meno attenti.

La pandemia che sta attanagliando il mondo e tutto il caos che ne sta conseguendo somigliano sinistramente al racconto della devastazione portata dal virus “Captain Trips” che L’ombra dello scorpione (questa la traduzione italiana, come spesso accade rivedibile, del titolo del libro) ci presenta in chiave apocalittica ed allo stesso tempo ricca di speranza.

Nel mondo di The stand un’arma batteriologica, sfuggita al controllo dei militari, stermina il novanta percento della popolazione mondiale, lasciando i superstiti prima in balia del caos e quindi alla scelta tra due entità contrapposte che si prefiggono di guidare la rinascita dalle ceneri dell’umanità.

Le comunità che si andranno a creare, mosse da filosofie ed ideali antitetici, si scontreranno l’una con l’altra e ancora prima con le difficoltà della ricostruzione.

The Stand è il secondo adattamento di una delle opere più amate dai fedeli lettori, dopo la miniserie del 1994 sceneggiata dallo stesso King e diretta da Mick Garris (che appare in un cameo nella nuova produzione) e che ancora detiene un posto nel cuore degli appassionati.

Le innovazioni della versione del 2020 stanno nell’idea di trasportare il racconto nella nostra contemporaneità e di trasformare il plot, presentando la narrazione in maniera meno lineare, soprattutto per quanto riguarda gli eventi presenti nelle prime puntate.

The Stand, una ballata poco coinvolgente?

The Stand

Il risultato è soddisfacente soltanto a metà.

Se la colonna sonora di The Stand (praticamente obbligata in quanto attinta direttamente dalle pagine del romanzo) è perfetta e le scenografie e i costumi tendenti al cyberpunk (soprattutto una volta svelata New Vegas) riescono ad accendere la fantasia dello spettatore, la mancanza di profondità nella caratterizzazione e nell’interpretazione di alcuni personaggi chiave deludono e pesano sulla riuscita dell’intero progetto.

È in particolare la figura di Randall Flagg (Alexander Skarsgård), l’Uomo in nero nemesi dell’intero universo Kinghiano, ad essere poco carismatica e a risultare decisamente poco coinvolgente e convincente.

Anche la trama di The Stand e la profondità del racconto sembrano perdere di importanza nella seconda metà della serie, apparendo banali e frettolose, soprattutto se messe a confronto con lo stile di un autore che ha nello sviluppo lento e in crescendo delle sue opere una delle sue doti migliori.

King è sempre King

The Stand

Divertenti in The Stand la classica apparizione di King, in una parte ancora più piccola rispetto alla prima trasposizione, e l’idea di un whitewashing al contrario che sembra, di nuovo, profetizzare questioni politiche e di attualità che sono comparse soltanto dopo la fine della produzione.

Così anche il finale, che differisce da quello del libro, sarà probabilmente digerito (anche se a fatica) dagli amanti del romanzo, soltanto in quanto scritto da King (finalmente una tartaruga) e risulta essere sia un buon sunto del significato dell’intera storia narrata, sia un ottimo ponte verso l’idea, anticipata da una delle protagoniste, di un finale che non esiste (e che quasi mai sia appagante quanto il viaggio), come da tradizione dello stesso maestro dell’horror.


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